IL mio mestiere è il banditismo

La prima volta che ho sentito parlare di Mesrine è stato nel 1979; in via Sacchi, vicino alla stazione torinese di Porta Nuova, un giornalaio esponeva un affiche del periodico francese Paris Match; la locandina segnalava un articolo su Jacques Mesrine, il “pericolo pubblico numero uno” che, recentemente evaso da un carcere speciale francese, conduceva una battaglia pubblica per la chiusura delle stesse carceri speciali e aveva appena sequestrato e “gambizzato” un giornalista di un quotidiano francese di estrema destra.
Poco dopo Mesrine cadde in un agguato e venne trucidato alla Porta di Clignancourt: l’autovettura sulla quale viaggiava, con la sua compagna, a un semaforo venne affiancata da un camion, il telone che lo ricopriva fu alzato e una decina di “teste di cuoio” aprì il fuoco ovviamente senza intimare alcuna resa … Mesrine venne crivellato da una ventina di pallottole e probabilmente un colpo alla nuca ne assicurò la morte certa e la sua ignara compagna (disarmata, al massimo una favoreggiatrice!) si buscò anche lei una mezza dozzina di pallottole … uscì dall’agguato rimettendoci solo un occhio e mezzo polmone.

“Sappiamo tutti senza eccezioni di essere condannati a morire dal momento della nostra nascita. La nostra prima condanna è essere condannati a morire (è fondamentale quello che sto dicendo). Non trovo sia più scemo morire per una pallottola che morire al volante di un’auto, o lavorando in fabbrica per un salario minimo. Il mio mestiere è il banditismo. Un certo tipo di banditismo che non consiste nell’attaccare i vecchietti ma le banche e alcune aziende. Non mi voglio giustificare, ma sono sicuro che quando porto via il denaro delle banche non è quello della gente che ce lo ha portato … non faccio altro che prendere l’interesse che le banche prelevano sull’operaio. Se porto via 20 milioni ad una banca non è una tragedia … lo ripeto, il mio mestiere è il furto. Perciò morire o correre il rischio di morire quando si vive nella violenza … Mi piace la vita. Le mie azioni lo dimostrano. E poi confesso una cosa. Sono gravemente malato di cuore. Può verificarlo chiedendo alla Santé. Ho sempre viaggiato con una pressione di 120/220, 130/200. Perciò avrei potuto tranquillamente morire in cella per un’emorragia cerebrale o un attacco di cuore … non sto per dire che morire con un’arma in pugno sia una morte da uomo. No. La morte da uomo non esiste. Esiste la morte e basta.” (Jacques Mesrine)

Se vuoi saperne di più:

Pubblicato in Carcere, General | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su IL mio mestiere è il banditismo

CIRCA: sii il pagliaccio che puoi essere!

image_previewPerché arruolarsi nelle forze armate degli Stati uniti se puoi arruolarti nell’Esercito dei pagliacci ribelli?

L’esercito degli Stati uniti non è una scampagnata, anzi è molto peggio. Montagne di soldi vengono pompate in campagne di arruolamento che offrono false promesse.
I nostri soldati vengono manipolati, presi in giro e gettati in situazioni orripilanti, a tutto beneficio delle multinazionali e dei profittatori di guerra, lontani dal campo di battaglia.
L’esercito dei pagliacci, invece, è una scelta molto meno pericolosa. Usando l’immaginazione pilotiamo aerei e carri armati ogni qualvolta lo vogliamo, viaggiamo verso paesi stranieri in un batter d’occhio. Offriamo addestramento immediato alla clownerie; il nostro piano mutualistico non ha rivali sul pianeta: “una risata al giorno”.

Ma giudicate voi stessi:

Esercito USA                                                              Esercito dei pagliacci

Soffoca l’espressione individuale e                            Stimola la creatività scema e
la libertà di parola                                                       la scemenza creativa

Pretende il conformismo e la servitù                        Libera l’immaginazione e immagina la
————————————————————libertà

Mente sui finanziamenti per l’università                  Non mente
post-ferma

Mente sulla formazione professionale e sugli          Addestrati gratis per diventare
impieghi                                                                          pagliaccio, oggi!

Mente sull’eguaglianza razziale e                                Siamo tutti dei pagliacci,
di genere                                                                          e un  pagliaccio èun pagliaccio

Numero di paesi invasi                                                  Numero di abbracci preventivi
preventivamentesenza un buon                                    quotidiani dati ad estranei senza alcun
motivo: troooooppi                                                        motivo: di più

Combatte in guerra                                                         Fa il tiro alla fune

I suoi ufficiali ti urlano ordini                                      Tutti gridano insieme a te e
in faccia                                                                             non contro di te

lancia bombe sui bambini                                              I bambini ci amano

“Esercito di Uno”                                                             “Esercito del divertimento”

Tante jeep succhiabenzina                                               Prolissa difesa della bicicletta

Impegno di otto anni                                                       Maddeché?

Uniforme pallosa                                                                Equipaggiamento eccellente: mai
———————————————    —————-messo un naso rosso? Nasi ciliegia,
———————————————————–    —rosa shocking, uniformi caldissime,
———————————————————– —talmente calde che ci sudiamo dentro.

Valori centrali:                                                              Valori centrali:
Uccidere, Violentare, Saccheggiare                     Divertimento, Amicizia, Libertà

Arruolati nel CIRCA (Clandestine Insurgent Rebel Clown Army) e liberati.
NON ACCONTENTARTI DI LAVORARE PER DEI PAGLIACCI, SII IL PAGLIACCIO CHE PUOI ESSERE!

Pubblicato in General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su CIRCA: sii il pagliaccio che puoi essere!

1968: La musica della rivolta parigina

DownloadedFile

Jacques Le Glou

Fedele al folklore situazionista, la storia comincia con un‘espulsione, quella di Le Glou dalla Federazione Anarchica Francese dopo il Congresso di Bordeaux nel 1966. Gli si rimprovera di avere titolato su Le monde Libertarie: “Due grandi disgrazie per il pensiero onesto in Francia – André Breton è morto e Louis Aragon è ancora vivo”, un articolo sulla morte di André Breton. Comunque aveva già,  lui e il suo gruppo di amici, ricusato Le monde Libertaire colpevole di aver rifiutato degli articoli situazionisti. Le Glou fonda un’Internazionale anarchica e prende i primi contatti con i situazionisti. Nel maggio 1968 partecipa al Comitato per il mantenimento delle occupazioni (CMDO), creato il primo giorno d’occupazione alla Sorbonne, dove l’influenza di Debord e dei suoi compagni è significativa. Appassionato di canzoni, viene influenzato dagli avvenimenti, “Per fare come Jules Youy durante la Comune, scrivevo una canzone al giorno. Parlandone con Debord mi ero accorto che anche lui ne aveva scritte molte. Gli ho presentato Francis Lemaunier, un musicista che veniva dal milieu libertario; hanno lavorato assieme”. Nel 1972, senza alcuna esperienza, decide di fare un disco :Pour finir avec le travail  che uscirà nel 1974.  “Registrammo quattro canzoni; Pierre Barouh ci imprestò il suo studio. Feci un giro tra le case discografiche: nessuna era interessata; trovai 100.000 franchi per produrre l’album. La legislazione dell’epoca sul déturnement era molto dura: ci voleva il permesso dell’editore e dell’autore: Brassens, Ferré, Moustaki si sono rifiutati di darlo. Sono stati Lanzmann e Dutronc che per primi ci hanno consentito di mettere Paris s’éveille nella compilation. Per Una bicyclette Barouh aveva scritto le parole, per cui il problema non si poneva. Prevert si fece una gran risata per la nostra Feuilles mortes. Roda-Gil mi lasciò la sua canzone sui partigiani di Machno dopo essersi fatto un giro al CMDO”. Le Glou si dedica a Paris s’eville  cambiandone le parole e trasformandola in una canzone incendiaria e sovversiva.

SONO LE CINQUE Musica di Jacques Dutronc. Testo di Jacques Lanzman deturnato da Jacques le Glou

le 403 sono ribaltate
lo sciopero selvaggio è generale
le Ford finiscono di bruciare
gli Arrabbiati aprono le danze

Sono le cinque, Parigi si sveglia (bis)

I blousons noirs fanno gli agguati
lanciano pietre contro i lacrimogeni
i poliziotti cadono ammazzati agli angoli delle strade
le nostre ragazze si trasformano in regine.

La Torre Eiffel ha caldo ai piedi
l’Arco di Trionfo viene rovesciato
la piazza Vendôme è un unico fumo
il Panthéon si è dissolto.

I partigiani sono alle stazioni
a Notre-Dame si affetta il lardo
Parigi ritrova i suoi festaioli
i suoi giocatori d’azzardo e i suoi comunardi.

Tutte le Centrali vengono attaccate
i burocrati sterminati
i poliziotti impiccati senza pietà con le budella dei preti.

Il vecchio mondo scompare
dopo Parigi,il mondo intero.
Gli operai, senza dio, senza padrone
autogestiscono la città.

Sono le cinque,
si sveglia il nuovo mondo.
Sono le cinque,
e noi non avremo mai sonno.

SONO LE CINQUE
Testo di Jacques Lanzman e Anne Ségalen,, musica di Jacques Dutronc.

Sono il delfino della piazza Dauphine
E la piazza Blanche ha una brutta cera
I camion sono pieni di latte
Gli spazzini di scope.

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

I travestiti si rasano
Gli spogliarellisti si rivestono
Si pestano le traversine
Gli amanti sono stanchi

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

Il caffè è nelle tazze
I caffè puliscono i loro vetri
E sul boulevard Montparnasse
La stazione non è che una carcassa

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

Gli abitanti delle periferie sono alle stazioni
Alla Villette si affetta il lardo
Parigi by night, riconquista le automobili
I panettieri fanno i bastardi

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

Vengono stampati i giornali
Gli operai sono depressi
La gente si alza, è frustrata
E’ l’ora in cui io vado a letto

Sono le cinque
Parigi si alza
Sono le cinque

Io non ho sonno

Il est cinq heures, Paris s’éveille – Jacques Le Glou.mp4 

Ti potrebbe anche interessare:
quatmagg
Pubblicato in '68 e dintorni, Internazionale Sitazionista, Musica | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su 1968: La musica della rivolta parigina

Burroughs, Ginsberg e lo yagé

burroughs-ginsberg

A.Ginsberg e W.S. Burroughs

Dopo un paio di minuti un’ondata di vertigini mi travolse e la capanna si mise a girare vorticosamente… Lampi azzurri mi passarono davanti agli occhi. La capanna prese l’aspetto arcaico tipo Pacifico con teste delI’lsola di Pasqua… Venni colto da una nausea violenta, improvvisa e mi lanciai verso la porta andando a sbattere con la spalla contro lo stipite. Sentii l’urto ma nessun dolore. Camminavo a stento. Nessuna coordinazione. I piedi erano come blocchi di legno. Vomitai violentemente… … Esseri larvali mi passarono davanti agli occhi in una nebbiolina azzurra, ognuno di loro faceva uno squittio osceno e sfottente. Devo aver vomitato sei volte. Stavo a quattro gambe squassato da spasmi di nausea. Sentivo vomitare e gemere come se fosse stata un’altra persona… Le gambe e le braccia cominciarono a contrarmisi in modo incontrollabile… … Lentamente mi sentii un po’ meglio e rientrai nella capanna. I lampi azzurri ancora davanti agli occhi. Mi sdraiai e mi coprii con una coperta. Avevo freddo come con la malaria… …La mattina seguente stavo benissimo a parte una certa stanchezza e un leggero residuo di nausea… W.S. Burroughs

Mi sentii la nausea e corsi fuori e mi misi a vomitare, tutto ricoperto di serpenti, come un Serafino Serpente, serpenti colorati come un’aureola intorno al corpo, e mi sentivo un serpente che vomita il mondo… …L’intera capanna sembrava irradiata di presenze spettrali che soffrivano tutte le trasfigurazioni in contatto con un’unica Cosa misteriosa che era il nostro fato… ero spaventato e giacevo semplicemente lì con un’ondata dietro l’altra di paura e di morte… …Ritornando dall’aver vomitato vidi un uomo con le ginocchia contro il petto e mi sembrò di vedergli il cranio come in una radiografia rendendomi conto che era raggomitolato come in un sudario (con un asciugamano avvolto intorno al viso per proteggersi dalle zanzare) soffrendo lo stesso dramma e la stessa separazione… A. Ginsberg

Ti potrebbe anche interessare:

guaralmacamilla

Pubblicato in Stati di coscienza modificati | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su Burroughs, Ginsberg e lo yagé

Crimethinc V.Panopticon

banneraNel panopticon il potere ha già sede in periferia, piuttosto che al centro, in quando il controllo è esercitato principalmente dai detenuti stessi. I lavoratori competono per diventare capitalisti, anziché fare causa comune come classe; i fascisti impongono autonomamente relazioni repressive, senza vigilanza da parte dello Stato. Il potere non è imposto dall’alto, ma in funzione della partecipazione stessa.
Semplicemente prendendo parte alla società, dobbiamo accettare la mediazione di strutture determinate da forze al di fuori del nostro controllo. Per esempio, le nostre amicizie passano sempre più attraverso Facebook, i telefoni cellulari e altre tecnologie che tengono traccia delle nostre attività e delle nostre relazioni a vantaggio delle multinazionali, oltre che dei servizi di informazione del governo; questi format determinano anche il contenuto delle amicizie stesse. Lo stesso vale per le nostre attività economiche: al posto della semplice povertà, abbiamo posizioni debitorie e creditizie – non siamo una classe priva di povertà, ma una classe guidata dal debito. E, ancora una volta, tutto questo appare come spontaneo, o addirittura come «progresso».
Come si prospetta l’idea di resistere in questo contesto? Le cose parevano molto più semplici nel 1917, quando i proletari di tutto il mondo sognavano di espugnare il Palazzo d’Inverno. Due generazioni dopo, l’equivalente sembrava essere prendere d’assalto le sedi delle emittenti televisive, una fantasia ripresa in un film di Holliwood non più tardi del 2005. Oggi è sempre più evidente che il capitalismo globale è privo di centro, di un cuore attraverso il quale drive a stake.
In realtà, questa evoluzione è una manna per gli anarchici, in quanto sbarra la strada a forme di lotta attuate dall’alto verso il basso. Non ci sono scorciatoie, oggi, né giustificazioni per prenderle – non ci saranno più dittature «provvisorie». Le rivoluzioni autoritarie del Ventesimo secolo sono per sempre alle nostre spalle; se dovrà scoppiare la rivolta, si dovranno diffondere le pratiche anarchiche.
Alcuni hanno sostenuto che, in assenza di un centro, quando il virus di cui sopra è molto più pericoloso dell’assalto frontale, il compito non è tanto scegliere il bersaglio giusto quanto pubblicizzare una nuova modalità di lotta. Se ciò non è ancora accaduto, forse è soltanto perché gli anarchici devono ancora mettere a punto un metodo che altri considerino pratico. Quando dimostriamo soluzioni concrete ai problemi sollevati dalla catastrofe capitalista, forse prenderanno piede.
Ma è un percorso insidioso. Tali soluzioni devono risuonare ben oltre qualsiasi sottocultura particolare in un’epoca in cui ogni innovazione istantaneamente genera sottocultura e vi rientra. Devono in qualche modo rifiutare e interrompere le forme di partecipazione essenziali al mantenimento dell’ordine, sia quelle basate sull’integrazione sia quelle basate sulla marginalità. Devono rispondere ai bisogni immediati delle persone, e al contempo ispirare desideri insurrezionali che conducano altrove. E se proponiamo soluzioni che rivelano di non affrontare le cause alla radice dei nostri problemi – come facemmo dieci anni fa – non faremo altro che vaccinare l’ordine dominante contro la resistenza di questa generazione.
Quando si tratta di soluzioni contagiose, magari come i disordini in Grecia del 2008, durante i quali tutte le banche cui fu dato fuoco erano meno significative della pratica quotidiana in Grecia di occupare edifici,impossessarsi delle provviste alimentari e ridistribuirle e radunarsi in pubblico al di fuori della logica del commercio. O forse i tumulti furono altrettanto significativi: non solo un attacco materiale contro il nemico, ma una festa in cui si afferma un modo radicalmente diverso di esistere. segue

 

Pubblicato in Critica Radicale | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Crimethinc V.Panopticon

Stregoneria e farmacologia

Rappresentazione alchemica della donna

La medicina popolare era essenzialmente rappresentata dall’attività di persone dall’educazione pragmatica, che sapevano come curare le malattie e le sofferenze che affliggevano il popolo proprio perché esse stesse ne facevano parte; sapevano affrontare ciò che la medicina o la filosofia ufficiale considerava come inconoscibile o inspiegabile. In quanto alternativa a quella ufficiale, la medicina popolare era indirizzata alla collettività, al punto che chi esercitava la professione di medico al di fuori delle istituzioni era accusato di superstizione e sanzionato di conseguenza.

Si trattava nella pratica di donne rispettate e con una certa reputazione e prestigio, definite guaritrici, praticone, sagge, streghe. Il loro ruolo era eroico ed era esercitato attraverso un arte particolare, una forma misteriosa di potere basata su conoscenze ed usi empirici sicuri, consolidati attraverso l’esperienza e la tradizione, forse nati dall’attività di donne che nel passato si recavano in cerca di cibo, raccogliendo piante in campi e boschi. Erano lo strumento di Dio per la cura del corpo ma le loro attività curative erano anche legate all’aspetto rituale, magico e soprannaturale. Queste attività si rifacevano alla secolare credenza secondo cui le piante esprimevano nella forma o nel colore le loro proprietà farmacologiche o magiche (spesso al di fuori di qualsiasi forma di terapia scientificamente intesa), proprietà riflesse a loro volta nella denominazione popolare. Da qui nasce la cosiddetta teoria della segnatura, secondo cui criteri formali come l’analogia cromatica o morfologica di una pianta con un organo del corpo umano indirizzano alla scelta di una certa pianta per curare una malattia che affliggeva una ben definita parte del corpo.
Tutto ciò dimostrava la capacità di essere padrone dell’ordine delle cose e aumentava la fiducia nei loro poteri. Nel tempo, queste donne acquisirono un certo ruolo sociale, a volte riconosciuto dalla stessa medicina ufficiale che vi vedeva una continuazione della tradizione medica dell’antichità greco-romana.

Se vuoi saperne di più:

Pubblicato in General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Stregoneria e farmacologia

Jamestown Weed ovvero Datura Stramonium

DATURA_illustrOltre «mela spinosa» un nome popolare con cui viene chiamata la Datura, negli Stati Uniti è nota come « Jamestown Weed» più comunemente detta «Jimsonweed» e si riferisce soltanto alle specie orientali Datura stramonium. Il nome proviene da un incidente avvenuto nel diciassettesimo secolo, quando alcuni soldati Inglesi vennero coinvolti in una battaglia a Jamestonw, Virginia, contro una ribellione guidata dal luogotenente Bacon. Robert Beverly (circa 1673-1722), nella sua History and Present State of Virginia (1705) descrive ciò che era accaduto: “La James Town Weed (che assomiglia alla Mela Spinosa del Perù con la quale l’avevo scambiata) è considerata nel nostro mondo uno dei maggiori rinfrescanti. Poiché è una delle prime piante della stagione, viene raccolta quando è ancora giovane per farne un’Insalata bollita, la qual cosa venne fatta da alcuni soldati inviati colà per sedare la rivolta di Bacon; e parecchi di loro ne mangiarono in abbondanza, e il risultato del suo effetto fu una simpatica commedia; per parecchi giorni essi erano in preda a una specie di naturale follia. Uno di essi soffiava su una piuma facendola volteggiare per aria mentre un altro gli lanciava delle freccette con una notevole furia, e un altro ancora se ne stava completamente nudo seduto in un angolo, come una scimmia, sogghignando e facendo gran smorfie davanti a tutti; un quarto lo baciava appassionatamente dando gran manate ai compagni sorridendo beffardamente davanti a tutti, con un contegno ancora più beffardo di quello di un buffone olandese. Per via di questo loro stato vennero rinchiusi per evitare che nella loro follia si uccidessero, nonostante ciò tutte le loro azioni sembravano frutto dell’Innocenza e di bontà. Non erano molto puliti, e se non vi avessimo prestato la nostra attenzione si sarebbero rotolati nei loro escrementi. Dopo aver fatto un migliaio di giochetti infantili, e dopo undici giorni, ritornarono in sé. Non ricordavano nulla di quanto fosse loro accaduto.” I soldati affermavano di aver raccolto la Datura stramonium credendo che fosse un’erba atta a insaporire i cibi, ma è molto probabile che essi in effetti fossero stati messi al corrente del suo effetto inebriante dagli abitanti della Virginia, che usavano la Datura nei riti di iniziazione dei ragazzi. Furst P.T., 1976

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Jamestown Weed ovvero Datura Stramonium

Il détournement nella canzone e la rivoluzione

Le Clou

Jacques Le Clou

Questo sotto, il testo che accompagnava Pour en finir avec le travail,  un vinile uscito nel 1974 in Francia e concepito sulla base della pratica situazionista del détournement a cui collaborarono Debord e Vaneigem.
A produrlo fu Jacques Le Glou, un personaggio vicino all’Internazionale Situazionista  e amico di Debord, assolutamente entusiasta di quella tattica sovversiva capace di cambiare il significato delle cose.

IL DETOURNEMENT NELLA CANZONE E LA RIVOLUZIONE
Il passato della canzone politica, e della canzone deturnata,  è anch’esso antico come la storia della canzone stessa.  Oltre a tutte le canzoni direttamente politiche, di cui abbiamo tanti esempi, votate alla propaganda o alla critica, e questo a partire dalle Crociate, si può  facilmente rilevare il carattere politico originale di un gran numero di canzoni che si è voluto ricondurre ad un folclore insignificante destinato a rimbecillire i bambini. Così, Auprès de ma blonde, una marcia delle truppe di Turenne, esprime di fatto il disfattismo profondo dei militari di tutti i tempi: “Il est dans la Hollande, – Les Hollandais l’ont pris – Que donneriez-vous, belle – Pour revoir votre ami? – Je donnerais Versailles, – Paris et Saint-Denis.” E Compère Guilleri, che  di tutte le guerre di partigiani abbandonati a causa della loro “direzione esterna” (“Me laisseras-tu, me laisseraz-tu mourir?”).
Il détournement, da parte sua, è più  inseparabile ancora dalla canzone.
Nei secoli in cui l’essenza della musica appartiene ai cerimoniali religiosi, è sulle arie di chiesa, conosciute allora da tutti, che si esprime con parole nuove la vita profana del popolo: l’amore e le lotte politiche. Poi, presto le stesse arie vengono riprese, passando dall’uno all’altro di questi centri d’interesse, per esprimere altre politiche in conflitto. Questo è particolarmente ricco durante la Fronda (1648-1652) e più tardi, sicuramente, durante la Rivoluzione del 1789.
41WSCGEJSDLQuesta pratica multisecolare – trasformare e cantare se stessi – era indietreggiata con la passività spettacolare moderna, insieme all’impiego alienante dei mass media che centralizzano, con tutto il resto della comunicazione sociale, la diffiusione delle canzoni; e anche contemporaneamente alla generalizzazione dei “diritti d’autore”, che trasformano ogni melodia e ogni parola della vostra bocca in proprietà privata.
Questo processo è stato evidente soprattutto tra gli anni ’40 e gli anni ’60, e in Francia più che da altre parti, poiché la pratica del détournement popolare era rimasta assai viva nei paesi anglosassoni e anche in Italia: si sa che la canzone dei partigiani del 1943-45, Bella Ciao, è il détournement di una vecchia canzone dei contadini.
L’attuale ritorno della rivoluzione, che è anche ritorno del dialogo, porta naturalmente ad una ripresa della canzone critica e politica. Chi ricomincia ad agire ricomincia a cantare. Questo disco dimostra, in particolare, come, da un secolo, la rivoluzione proletaria ha sempre saputo esprimere, anche nei canti, le sue pene e la sua rabbia. Qualche esempio eclatante fa vedere come le espressioni più radicali sono spesso state falsificate e recuperate, seguendo in questo il destino comune della rivoluzione durante un lungo periodo. Ma il vento è girato. Quelli che oggi bruciano le automobili e levano il selciato dalle strade non possono più cantare le stesse canzoni che ascoltano gli elettori. Un rock di “loulous” creato di recente sui terraines vagues di La Courneuve, non dice forse significativamente: “ Y a deux façons, y a deux façons – d’être cocu aux élections. – En grand, come Krivine et Chaban. – Ou alors, plus petitement – Comme le total des électeurs. – Prends, ton pavé, mon cœur…”? Abbiamo perciò scelto, per questo primo disco, alcune delle canzoni più istruttive del passato rivoluzionario francese e internazionale; e le prime di quelle che hanno trovato un’audience nei tempi mutati che stiamo vivendo. Qualche anno dopo il ’68, diventa anche possibile che questi dischi facciano ormai la loro comparsa. Lo spettacolo dominante sarà sempre più incrinato da brecce veridiche di questo genere fino al suo completo affondamento. Molte canzoni proletarie di una volta, specialmente straniere, sono ancora troppo poco conosciute e l’attuale sovversione non cessa di offrirne di nuove.
I costumi si migliorano. Le canzoni vi partecipano. E la rivoluzione del nostro secolo potrà presto lanciare gioiosamente ai suoi molteplici fautori questa formula: “Cantate, ne sono molto compiaciuto. Ebbene! Ora ballate.” Jacques Le Glou (settembre 1974)

 

Pubblicato in '68 e dintorni, Guy Debord, Internazionale Sitazionista, Musica, Raoul Vaneigem | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su Il détournement nella canzone e la rivoluzione

Crimethinc IV. Decentramento della gerarchia: partecipazione come sottomissione

bannera Alla fine degli anni Novanta gli anarchici sostenevano la partecipazione, il decentramento e l’azione individuale. Affidandoci alla nostra esperienza nel settore dell’autoproduzione alternativa, abbiamo contribuito a diffondere il modello virale, per cui un format sviluppato in un contesto può essere riprodotto in tutto il mondo. Esemplificato da programmi come Food Not Bombs e tattiche quali quella del Black Bloc, questo modello ha contribuito a diffondere una cultura antiautoritaria precisa da New York alla Nuova Zelanda. All’epoca rispondevamo sia ai limiti dei modelli politici e tecnologici del secolo precedente sia alle opportunità emergenti per il loro superamento. Questo ci collocò all’avanguardia delle innovazioni che hanno rimodellato la società capitalista. Per esempio, TXTmob, il programma di elaborazione di SMS messo a punto dall’Institute for Applied Autonomy per le proteste in occasione delle Convention nazionali dei democratici e dei repubblicani, è servito da modello per Twitter. Allo stesso modo, le reti internazionali dell’autoproduzione alternativa, nella forma teorizzata in manuali quali Book Your Own Fucking Life, si possono considerare precursori di Myspace e Facebook. Nel frattempo, il modello virale si è oggi affermato soprattutto per il marketing virale. La cultura dei consumi ci ha dunque catturati, integrando il nostro tentativo di fuga nel mantenimento dello spettacolo che avevamo rifiutato e offrendo a chiunque altro la possibilità di «evadere». Annoiato dalla programmazione a senso unico delle reti televisive, il consumatore moderno può provvedere alla propria programmazione personale, pur rimanendo a una distanza fisica ed emotiva dagli altri spettatori. Il nostro desiderio di maggiore capacità di intervento e partecipazione è stato esaudito, ma all’interno di un quadro ancora fondamentalmente determinato dal capitalismo. La pretesa che tutti diventino soggetti invece che oggetti è stata realizzata: siamo ora soggetti che gestiscono la propria alienazione, dando realtà alla massima situazionista secondo cui lo spettacolo non è solo il mondo delle apparenze, bensì il sistema sociale in cui gli esseri umani interagiscono soltanto in base ai ruoli prescritti. Anche i fascisti stanno tentando la strada del decentramento e dell’autonomia. In Europa i «nazionalisti autonomi» si sono appropriati dell’estetica e dei format radicali, utilizzando la retorica anticapitalista e la tattica del black bloc. Di sicuro intorbida le acque, ma qui non si tratta soltanto dei nostri nemici che cercano di camuffarsi e assumere le nostre sembianze: è anche indice di una spaccatura ideologica nei circoli fascisti, allorché la generazione più giovane tenta di aggiornare i propri modelli organizzativi per adeguarli al Ventunesimo secolo. I fascisti negli Stati Uniti e altrove sono impegnati nello stesso progetto, sotto la bandiera paradossale dell’«anarchismo nazionale»; se riescono a convincere l’opinione pubblica che l’anarchia è una forma di fascismo, le nostre prospettive saranno davvero desolanti.

«Nazionalisti autonomi» (Qualcuno, per favore, ci liberi dall’afflizione di questi idioti!)

Che cosa significa se i fascisti, i principali fautori della gerarchia, possono utilizzare le strutture decentrate che siamo stati i primi a introdurre? Il Ventesimo secolo ci ha insegnato le conseguenze derivanti dall’uso di mezzi gerarchici per perseguire fini presumibilmente non autoritari. Il Ventunesimo secolo potrebbe indicarci come mezzi presumibilmente non gerarchici possano produrre esiti gerarchici. Attingendo a questi e ad altri sviluppi, si potrebbe ipotizzare che ci stiamo muovendo verso una situazione in cui il fondamento della società gerarchica non sarà l’accentramento permanente del potere, ma la normalizzazione di alcune forme delegittimanti di socializzazione e di adozione delle decisioni e dei valori. Queste forme sembrano diffondersi spontaneamente, anche se in realtà paiono desiderabili in ragione di ciò che manca nel contesto sociale che ci viene imposto. Ma che significa gerarchie decentrate? Sembra una specie di koan zen. La gerarchia è la concentrazione del potere nelle mani di pochi. Come può essere decentrata? Per capirne il senso, occorre tornare alla concezione di Foucault del panopticon. Jeremy Bentham progettò il panopticon come modello per rendere più efficienti le carceri e i luoghi di lavoro; si tratta di un edificio circolare, nel quale tutte le stanze si affacciano su un cortile interno, in modo da poter essere viste da una torre di osservazione centrale. I detenuti non possono vedere ciò che accade nella torre, ma sanno di poter essere osservati dal suo interno in qualsiasi momento, sicché alla fine interiorizzano questa forma di sorveglianza e di controllo. In parole povere, il potere vede senza guardare, mentre l’osservato guarda senza vedere. Panopticon Nel panopticon il potere ha già sede in periferia, piuttosto che al centro, in quando il controllo è esercitato principalmente dai detenuti stessi. I lavoratori competono per diventare capitalisti, anziché fare causa comune come classe; i fascisti impongono autonomamente relazioni repressive, senza vigilanza da parte dello Stato. Il potere non è imposto dall’alto, ma in funzione della partecipazione stessa. Semplicemente prendendo parte alla società, dobbiamo accettare la mediazione di strutture determinate da forze al di fuori del nostro controllo. Per esempio, le nostre amicizie passano sempre più attraverso Facebook, i telefoni cellulari e altre tecnologie che tengono traccia delle nostre attività e delle nostre relazioni a vantaggio delle multinazionali, oltre che dei servizi di informazione del governo; questi format determinano anche il contenuto delle amicizie stesse. Lo stesso vale per le nostre attività economiche: al posto della semplice povertà, abbiamo posizioni debitorie e creditizie – non siamo una classe priva di povertà, ma una classe guidata dal debito. E, ancora una volta, tutto questo appare come spontaneo, o addirittura come «progresso». Come si prospetta l’idea di resistere in questo contesto? Le cose parevano molto più semplici nel 1917, quando i proletari di tutto il mondo sognavano di espugnare il Palazzo d’Inverno. Due generazioni dopo, l’equivalente sembrava essere prendere d’assalto le sedi delle emittenti televisive, una fantasia ripresa in un film di Hollywood non più tardi del 2005. Oggi è sempre più evidente che il capitalismo globale è privo di centro, di un cuore attraverso il quale drive a stake. In realtà, questa evoluzione è una manna per gli anarchici, in quanto sbarra la strada a forme di lotta attuate dall’alto verso il basso. Non ci sono scorciatoie, oggi, né giustificazioni per prenderle – non ci saranno più dittature «provvisorie». Le rivoluzioni autoritarie del Ventesimo secolo sono per sempre alle nostre spalle; se dovrà scoppiare la rivolta, si dovranno diffondere le pratiche anarchiche. Alcuni hanno sostenuto che, in assenza di un centro, quando il virus di cui sopra è molto più pericoloso dell’assalto frontale, il compito non è tanto scegliere il bersaglio giusto quanto pubblicizzare una nuova modalità di lotta. Se ciò non è ancora accaduto, forse è soltanto perché gli anarchici devono ancora mettere a punto un metodo che altri considerino pratico. Quando dimostriamo soluzioni concrete ai problemi sollevati dalla catastrofe capitalista, forse prenderanno piede. Ma è un percorso insidioso. Tali soluzioni devono risuonare ben oltre qualsiasi sottocultura particolare in un’epoca in cui ogni innovazione istantaneamente genera sottocultura e vi rientra. Devono in qualche modo rifiutare e interrompere le forme di partecipazione essenziali al mantenimento dell’ordine, sia quelle basate sull’integrazione sia quelle basate sulla marginalità. Devono rispondere ai bisogni immediati delle persone, e al contempo ispirare desideri insurrezionali che conducano altrove. E se proponiamo soluzioni che rivelano di non affrontare le cause alla radice dei nostri problemi – come facemmo dieci anni fa – non faremo altro che vaccinare l’ordine dominante contro la resistenza di questa generazione. Quando si tratta di soluzioni contagiose, magari come i disordini in Grecia nel 2008, durante i quali tutte le banche cui fu dato fuoco erano meno significative della pratica quotidiana in Grecia di occupare edifici, impossessarsi delle provviste alimentari e ridistribuirle e radunarsi in pubblico al di fuori della logica del commercio. O forse i tumulti furono altrettanto significativi: non solo un attacco materiale contro il nemico, ma una festa in cui si afferma un modo radicalmente diverso di esistere. (segue)

Pubblicato in Critica Radicale, General | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Crimethinc IV. Decentramento della gerarchia: partecipazione come sottomissione

THE TRIP

Paul Groves, regista televisivo, attraversa un periodo di crisi professionale, e non lo aiuta a uscirne la separazione dalla moglie Sally, sorpresa in compagnia di un altro uomo. Per vedere chiaro in se stesso e nelle cose, Paul decide di far ricorso al LSD, e chiede a un santone suo amico, John di assisterlo nel viaggio. I due vanno a cercare lo spacciatore Max in un night-club psichedelico e, procuratasi la droga necessaria, tornano a casa di John , dove Paul prende l’acido. All’inizio, tutto sembra più bello: colori vivaci, paesaggi meravigliosi, un senso di pace. Poi cominciano ad apparire personaggi noti, come Sally e Glenn, una bionda conosciuta da Max. quindi i sogni diventano incubi: continuamente inseguito da misteriose figure incappucciate, Paul passa attraverso singolari rapporti sessuali, cupe rievocazioni di riti medievali e una serie di visioni paranoiche in cui egli sembra prendere su di sé tutte le colpe del mondo. Spaventato, chiede a John di fermarlo, ma questi lo convince a continuare: l’incubo progredisce fino alla visione della propria morte e sepoltura. Al suo risveglio Paul trova John ucciso, è preso dal panico lascia precipitosamente la casa, vagando senza méta attraverso la città che, con luci e suoni, prolunga la sensazione del viaggio. Ritrovato Max, viene a sapere che John è vivo e vegeto; sollevato va a casa di Glenn, dove trascorre gli ultimi spiccioli di influsso psichedelico facendo l’amore.
Il film ha una conclusione aperta, e il regista rifiuta di prendere posizione pro o contro la droga, ma l’A.I.P., casa produttrice del film, senza avvertire il regista aggiunse un prologo in cui una voce fuori campo avverte gli spettatori dei pericoli dell’LSD.
A proposito del film The Trip, Roger Corman disse:”Decisi di fare in film onesto sulla droga, in particolare sull’LSD, cui venivano attribuiti poteri incredibili. Chiamai di nuovo Peter Fonda, Dennis Hopper, Jack Nicholson, che scrisse anche il copione, e Bruce Dern, che era l’unico attore insieme a me, che non aveva effettivamente provato l’LSD. Decisi di provare LSD prima di girare, e lessi il libro di Timothy Leary sull’argomento. Parlava di ambiente, che doveva essere un bel posto, e di trovarsi con degli amici: queste erano le condizioni per fare un buon trip. Decisi di andare a Big Sur, che secondo me è uno dei più bei posti del mondo, e dissi ad alcuni amici di riunirci li. Improvvisamente tutto il progetto si trasformò in una processione di macchine che andavano a Big Sur. La mia fu una esperienza meravigliosa, spettacolare. Galleggiavo in una specie di spazio alla volta di una grande nave, essa si avvicinava ed io sapevo di amarla e che la nave amava me. Mentre la nave si avvicinava mi accorgevo che le vele, che fluttuavano lentamente al vento galattico, erano in realtà il corpo di una donna, che si muoveva nello spazio, e mentre si avvicinava mi accorgevo che la nave era coperta di gioielli. Così questo corpo di donna, flessuoso e adorno di gioielli, in forma di veliero, navigava verso di me pieno di amore. Mentre stavo steso con la faccia a terra, ricordo di aver pensato che il modo per creare era stendersi a terra e aderirvi il più possibile. In questo modo potevi creare l’opera d’arte con la tua mente, e chi voleva essere partecipe di quell’arte poteva stendersi in terra in qualsiasi altro posto e l’immagine si sarebbe formata anche nella sua mente; sarebbe stata una forma d’arte pura, dalla mente del creatore a quella dello spettatore-partecipante, e ci sarebbero stati uno o due milioni di spettatori-partecipanti che prendevano parte alla creazione e alla fruizione dell’arte. Pensavo fosse una buona idea. Non sapevo esattamente come realizzarla.”

Ti potrebbero anche interessare:

hwgestas

Pubblicato in General, Stati di coscienza modificati | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su THE TRIP