Crimethic VI. Destabilizzare la società: lascia o raddoppia

banneraNegli anni ‘90 il capitalismo appariva per lo più stabile e inattaccabile. Gli anarchici fantasticavano di rivolte, catastrofi e del collasso industriale proprio perché sembrava impossibile che non avvenissero e perché, in loro assenza, sembrava non potessero che essere una buona cosa.
Tutto ciò cambiò a partire dal settembre 2001. Un decennio più tardi, le crisi e le catastrofi ci sono fin troppo familiari. L’idea che il mondo stia volgendo al termine è diventata sostanzialmente una banalità: chi non ha letto una relazione sul riscaldamento globale e poi fatto spallucce? L’impero capitalista è ovviamente troppo vasto e in pochi credono ancora che sia destinato a durare per sempre. Per ora, tuttavia, pare essere in grado di utilizzare queste catastrofi per consolidare il controllo, distribuendone i costi agli oppressi.
Via via che la globalizzazione intensifica la distanza tra le classi, alcune disparità tra le nazioni sembrano livellarsi. In Europa e negli Stati Uniti le strutture di sostegno sociale vengono smantellate proprio quando la crescita economica si sposta in Cina e in India, e uomini della Guardia Nazionale, che avevano combattuto in Iraq, sono stati impiegati negli Stati Uniti per mantenere l’ordine durante le proteste ai summit e nelle catastrofi naturali. Tutto questo è in linea con la tendenza generale ad allontanarsi da modelli gerarchici statici e territorializzati, tendenza che si dirige verso modelli dinamici e mezzi decentrati per mantenere le disuguaglianze. In questo nuovo contesto, i concetti del Ventesimo secolo sul privilegio e l’identità diventano sempre più semplicistici.
In tempi di globalizzazione e di decentramento, i nostri nemici della destra hanno già mobilitato la loro reazione. Lo vediamo col Tea Party negli Stati Uniti, nei movimenti nazionalisti in tutta Europa e, globalmente, nel fondamentalismo religioso. Mentre l’Europa occidentale si è agglomerata nell’Unione europea, la parte orientale è stata balcanizzata in decine di stati-nazione brulicanti di fascisti desiderosi di capitalizzare il malcontento popolare. Il fondamentalismo religioso è un fenomeno relativamente recente in Medio Oriente, che ha preso piede in seguito alle fallite “liberazioni nazionali” laiche e viene visto dall’imperialismo culturale occidentale come una reazione esagerata. Se permetteremo ai sostenitori della gerarchia di monopolizzare l’opposizione all’ordine dominante, gli anarchici scompariranno semplicemente dalla scena della storia.
In questa fase altri stanno già scomparendo. Mentre in Europa la classe media si assottiglia, muoiono con lei i partiti tradizionali della sinistra, e i partiti di estrema destra stanno prendendo il terreno lasciato libero.
Se la sinistra continua a recedere verso l’estinzione, a sinistra, per i radicali delle città, l’anarchismo sarà l’unica carta giocabile. Si aprirà uno spazio in cui potremmo essere in grado di proporre le nostre idee a tutti coloro che hanno perso la fiducia nei partiti politici. Ma siamo disposti a combattere contro il capitalismo globale da soli, senza alleati? L’escalation del conflitto è una scommessa: non appena ci attireremo l’attenzione dello Stato, dovremo raddoppiare la posta, cercando di mobilitare un sufficiente sostegno popolare per aggirare l’inevitabile contrattacco, oppure non farne nulla. Ogni rivolta deve essere seguita da una campagna di sensibilizzazione ancor più ampia, non essere un rifugio nell’ombra; un compito arduo di fronte alla reazione e alla repressione.
Forse sarebbe meglio se la storia si muovesse tanto lentamente da permetterci di avere il tempo di costruire un movimento popolare di massa. Purtroppo non ci può essere, in materia, una scelta. Pronti o no, l’instabilità che abbiamo desiderata è qui; provvederemo a cambiare il mondo o periremo con lui.
Quindi è giunto il momento di rinunciare a strategie fondate sulla stasi dello status quo. Allo stesso tempo, la crisi ci mantiene bloccati in un perpetuo presente, facendoci reagire a stimoli contingenti anziché agire strategicamente. Con le nostre capacità attuali, si può fare ben poco per attenuare gli effetti delle catastrofi capitalistiche. Il nostro compito è piuttosto quello di provocare reazioni di rivolta a catena; dobbiamo valutare tutto ciò che intraprendiamo in questa luce.
In questo contesto, è più importante che mai vedere noi stessi come protagonisti dell’insurrezione. Il corpo sociale anarchico attualmente esistente negli Stati Uniti è abbastanza numeroso per catalizzare sconvolgimenti sociali, ma non così corposo da realizzarli. Come uno dei compagni di Void Network non si stanca di ripetere: “Noi non facciamo l’insurrezione. Facciamo solo un po ‘di organizzazione: ognuno fa l’insurrezione”.
Ciò richiederà molto da ciascuno di noi. Diecimila anarchici disposti a mettersi sulla stessa lunghezza d’onda di Enric Duran, santo patrono dei debitori morosi, potrebbero costituire una forza reale, raccogliendo le risorse con cui costruire infrastrutture alternative e dando un esempio di disobbedienza pubblica che potrebbe diffondersi in lungo e in largo. Quella è una cosa che potrebbe aggiornare il “dropping out” per questa nuova epoca. E’ terrificante immaginare di arrivare a punti del genere, ma in un mondo al collasso il terrore ci aspetta comunque, che ci vada bene o meno.
Tutti quelli che hanno partecipato ad un black block sanno che è più sicuro stare davanti.
Lascia o raddoppia. segue

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