Gli stati di coscienza modificati della reclusione

180442785-8416db37-6b07-4da0-9e0d-8925e6fcff52La  soglia del reclusorio è più tagliente del più affilato rasoio. Chi l’attraversa non può evitare uno sfregio la cui rimarginazione non è affatto scontata.
La prima rasoiata isola il neo-recluso dai suoi mondi consueti, lo decontestualizza totalmente e in un lampo lo getta in uno stato di spaesamento radicale. Il noto, il famigliare, l’abituale, scompaiono dal suo orizzonte sensoriale ed egli brancola, smarrito, nel vortice d’un risucchio che lo aspira entro un orrido di cui non percepisce altro che i pericoli. Lo stato di spaesamento trova nella vertigine la sua forma più consueta. Secondo Daniel Gonin, medico penitenziario e coordinatore di una ricerca condotta nelle carceri francesi per conto del Consiglio di Ricerca del Ministero della Giustizia, almeno “un quarto degli entranti in prigione soffre di vertigini (…). Quando questi malesseri si manifestano in forme spettacolari, per poco non arrivano a far cadere per terra coloro il cui equilibrio è più precario. Tuttavia, anche se in forme meno gravi, condizionano ogni detenuto, costituendo una sorta di mordenzatura, sulla quale si fissano progressivamente tutte le modificazioni sensoriali del recluso”!
La seconda rasoiata investe il flusso polimorfo degli stimoli ambientali che, improvvisamente, viene disseccato. La riduzione drastica degli stimoli ambientali induce, in chi la subisce, un grappolo di fenomenologie riconducibili alle transe di ipostimolazione.
Arnold Ludwig nella sua celebre catalogazione degli stati di coscienza osserva che la riduzione delle stimolazioni esterne può essere considerata il dispositivo induttore portante degli stati conseguenti alla reclusione.
Le ricerche sulla Riduzione degli Stimoli Ambientali hanno mostrato che le persone soggette a questa variazione accusano disfunzioni sensoriali, motorie, percettive, cognitive ed emozionali. Ed inoltre, in un estremo tentativo di difesa, esse recuperano memorie cruciali sepolte, chepossono favorire un processo di adattamento come pure suscitare ansie aggiuntive le cui radici restano sfuggenti.
Stati di allucinazione visiva, auditiva, tattile; del gusto e deIl’oIfatto; difficoltà a camminare, scrivere, leggere; distorsioni della percezione del tempo e dello spazio; sconvolgimenti dell’alimentazione, del sonno, della sessualità accompagnano chi vive quest’esperienza spesso anche per lunghi periodi dopo la sua fine.
Queste prime manipolazioni collocano a tutti gli effetti le torsioni relazionali esercitate dall’stituzione nell’ordine della tortura; traducono le pene reclusive inflitte dai giudici nei tribunali in manipolazioni dei sensi e della coscienza le cui implicazioni sono del tutto trascurate da chi le innesca. Come trascurate sono pure le reazioni. Prima fra tutte, la morte. Che è l’esito, talvolta immediato, di una dissociazione fallita; dell’incapacità o del rifiuto di elaborare, nel vortice della vertigine, un Senso qualsivoglia per la propria esistenza nella nuova condizione.
D’altra parte, l’elaborazione, sia pur embrionale, di un Senso, se per un verso mette al riparo dalla morte, per un altro spinge una parte di sé a vestire la divisa del carceriere e con ciò ad avviare una dinamica penosissima di dissociazione. (Renato Curcio Altrove 1998)

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Una risposta a Gli stati di coscienza modificati della reclusione

  1. max scrive:

    siete grandiosi complimenti. max

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