CONTRO IL 41BIS CONTRO LA REPRESSIONE ANTIANARCHICA PER UNA SOCIETÀ SENZA GALERE

Il carcere è un’istituzione totale prodotto di una società basata sul dominio e sullo sfruttamento. Lungi dall’essere una soluzione ai problemi sociali, rappresenta una delle tante facce della violenza degli stati.
In Italia le condizioni di detenzione nelle carceri sono in costante peggioramento da anni: sovraffollamento e abusi fisici e psicologici sono la “normalità” di una situazione sempre più intollerabile, e di questo ne fanno fede i sempre più numerosi suicidi.
Le condizioni di esistenza di chi si trova in regime di 41bis o di Alta Sorveglianza risultano ancora più inaccettabili. In questi casi si può parlare di vera e propria tortura psicofisica per le pesantissime condizioni di isolamento e deprivazione.
L’ergastolo così come l’articolo 41 bis sono orrore istituzionalizzato, indegno di qualsiasi società. Al di là dei proclami pelosi sulla necessità di ‘recupero’ del detenuto e della detenuta alla normale vita sociale, queste pene inflitte palesano in che considerazione le classi dominanti tengano coloro che incappano nelle reti della loro ‘giustizia’: rifiuti da isolare in quella discarica sociale che sono le carceri. Perfino la Corte Costituzionale se ne è accorta, dichiarando queste misure incostituzionali già da 2021. Il nuovo Governo, continuando la prassi dei precedenti, ha invece ribadito l’applicazione dell’ergastolo ostativo. Da anni assistiamo all’accanimento particolare delle istituzioni repressive contro il movimento anarchico con teoremi giudiziari sempre più fantasiosi e condanne sempre più pesanti anche per episodi di normale conflitto sociale. Di fatto nei confronti del movimento anarchico viene applicato quel “diritto penale del nemico” sulla base del quale si viene giudicati non tanto per le azioni commesse ma quanto per le proprie idee. Questo accanimento si riverbera anche contro i detenuti e le detenute che rivendicano il loro ideale anarchico e che, sempre più spesso, vengono sottoposti/e ai regimi carcerari più duri, da ultimo il 41bis.
Da settimane Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per essere tolto dal regime del 41Bis, mentre altri detenuti hanno a loro volta iniziato uno sciopero della fame in solidarietà. Sosteniamo la loro lotta così come tutte le lotte portate avanti dai
detenuti e dalle detenute in tutte le carceri per rivendicare condizioni di esistenza meno opprimenti, per la chiusura definitiva del 41bis e degli altri regimi di carcerazione speciale.
Nella nostra storia abbiamo conosciuto la barbarie delle leggi scellerate, il confino, l’esilio, l’eliminazione fisica; non sono mai riusciti nel loro intento: la fame di libertà e di giustizia sociale è più forte di ogni cosa.
Federazione Anarchica Italiana (Commissione di Corrispondenza)

Pubblicato in Carcere, General, Nautilus | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su CONTRO IL 41BIS CONTRO LA REPRESSIONE ANTIANARCHICA PER UNA SOCIETÀ SENZA GALERE

Che ci fa un ragazzino con una pistola?

SPUTI, BOTTE, QUATTORDICI PUGNALATE ED UN COLPO DI PISTOLA: COSÌ MORIVA ANTEO ZAMBONI, IL RAGAZZINO QUINDICENNE CHE PROVÒ AD UCCIDERE MUSSOLINI
Che ci fa un ragazzino con una pistola? La guarda, la osserva, se la passa tra le mani. È pesante una pistola, più di quello che si possa immaginare, specie per un ragazzino magrolino come Anteo. La apre, carica i proiettili, la osserva di nuovo. Col piombo dentro è ancora più pesante. Fa quasi fatica a maneggiarla. Con il colpo in canna quell’oggetto ora può uccidere o far male. Ma a chi, o a cosa?
Cosa ci fa un ragazzino con una pistola?
“Con quest’arma ammazzo il duce”.
Anteo Zamboni era nato a Bologna in una famiglia di anarchici, di professione tipografi. Pare che il padre, per ragioni economiche, si fosse “convertito” al fascismo dopo la salita al potere di Mussolini. Del resto si sa molto poco della sua vita, eccetto per quanto accadde quel 31 ottobre del 1926.
Mussolini si era recato a Bologna per inaugurare lo stadio Littoriale. Nel pomeriggio stava rientrando verso la stazione a bordo di un’automobile quando dall’angolo spuntò un ragazzino, pistola in mano, il quale esplose un colpo in direzione del duce. Un maresciallo dei carabinieri lì presente colpì all’ultimo istante il braccio del ragazzo. Il proiettile sfiorò Mussolini e si infilò nella portiera dell’auto.
“Pochi centimetri. Per una manciata di centimetri non ho ammazzato il duce”.
Anteo tentò la fuga, ma venne bloccato da un militare, tale Carlo Alberto Pasolini, il padre di Pier Paolo. Non lo tenne in custodia a lungo. Due squadristi si impadronirono ben presto del giovane, al quale riservarono un destino crudele. Sputi e insulti durarono poco. Passarono presto alle botte. Poi le coltellate, quattordici.
“Muoio”.
Seguì un colpo di pistola, secco. Anteo Zamboni morì così.
Al suo attentato seguì una repressione ancora più violenta da parte del regime. Vennero ufficialmente dichiarati decaduti i deputati non fascisti. Venne ripristinata la pena di morte e il confino per i dissidenti. La pistola di Anteo era risultata ancora più pesante del previsto.
“Un attimo prima. Se solo avessi sparato un attimo prima”. (Cronache Ribelli)
Pubblicato in Nautilus | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Che ci fa un ragazzino con una pistola?

Artaud e l’antipsichiatria

Signori,
le leggi e il costume vi concedono il diritto di valutare lo spirito umano. Questa giurisdizione sovrana e indiscutibile voi l’esercitate a vostra discrezione. Lasciate che ne ridiamo. La credulità dei popoli civili, dei sapienti, dei governanti dota la psichiatria di non si sa quali lumi sovrannaturali. Il processo alla vostra professione ottiene il verdetto anzitempo. Noi non intendiamo qui discutere il valore della vostra scienza, né la dubbia esistenza delle malattie mentali. Ma per ogni cento classificazioni, le più vaghe delle quali sono ancora le sole ad essere utilizzabili, quanti nobili tentativi sono stati compiuti per accostare il mondo cerebrale in cui vivono tanti dei vostri prigionieri? Per quanti di voi, ad esempio, il sogno del demente precoce, le immagini delle quali è preda, sono altra cosa che un’insalata di parole?
Noi non ci meravigliamo di trovarvi inferiori rispetto ad un compito per il quale non ci sono che pochi predestinati. Ma ci leviamo, invece, contro il diritto attribuito a uomini di vedute più o meno ristrette di sanzionare mediante l’incarcerazione a vita le loro ricerche nel campo dello spirito umano.
E che incarcerazione! Si sa – e ancora non lo si sa abbastanza – che gli ospedali, lungi dall’essere degli ospedali, sono delle spaventevoli prigioni, nelle quali i detenuti forniscono la loro manodopera gratuita e utile, nelle quali le sevizie sono la regola, e questo voi lo tollerate. L’istituto per alienati, sotto la copertura della scienza e della giustizia, è paragonabile alla caserma, alla prigione, al bagno penale.
Non staremo qui a sollevare la questione degli internamenti arbitrari, per evitarvi il penoso compito di facili negazioni. Noi affermiamo che un gran numero dei vostri ricoverati, perfettamente folli secondo la definizione ufficiale, sono, anch’essi, internati arbitrariamente. Non ammettiamo che si interferisca con il libero sviluppo di un delirio, altrettanto legittimo, altrettanto logico che qualsiasi altra successione di idee o di azioni umane. La repressione delle reazioni antisociali è per principio tanto chimerica quanto inaccettabile. Tutti gli atti individuali sono antisociali. I pazzi sono le vittime individuali per eccellenza della dittatura sociale; in nome di questa individualità, che è propria dell’uomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri forzati della sensibilità, perchè è pur vero che non è nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono. Senza stare ad insistere sul carattere di perfetta genialità delle manifestazioni di certi pazzi, nella misura in cui siamo in grado di apprezzarle, affermiamo la assoluta legittimità della loro concezione della realtà, e di tutte le azioni che da essa derivano.
Possiate ricordarvene domattina, all’ora in cui visitate, quando tenterete, senza conoscerne il lessico, di discorrere con questi uomini sui quali, dovete riconoscerlo, non avete altro vantaggio che quello della forza. (Antonin Artaud)

Ti potrebbero interessare:

 

Pubblicato in General, Nautilus | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Artaud e l’antipsichiatria

La rimozione della morte

Nella nostra lingua umano viene da humus, che sono quei pochi centimetri di terra, i più fertili, in cui da sempre la morte si rinnova in vita e la vita in morte. Humus è anche il termine latino con cui è stata tradotta la parola greca Chton, che indica la parte infera della terra, regno dei morti, e humare significa infatti seppellire.” In moltissime culture, gli umani, sono un impasto di acqua e terra, nascono dalla terra e alla terra ritornano da morti, come un ritorno alla casa, alla madre. È l’impasto stesso di cui è fatto l’umano che viene oggi messo in questione: all’acqua e alla terra si vogliono sostituire le nanotecnologie. Ed è il legame indissolubile, il passaggio continuo di vita e morte attraverso la terra che viene oggi messo in questione. Riteniamo dunque sia proprio attorno al grande nodo della morte e del morire che si giochi quella partita cui stiamo assistendo tra il potere e la natura umana. Ed è con l’intento di provare a ricucire la frattura tra noi e il nostro morire, origine di tante sciagure, che abbiamo intrapreso questa ricerca, convinti profondamente che la “meditazione della morte” sia “meditazione della libertà”.

Se vuoi approfondire:

Pubblicato in Critica Radicale, Nautilus | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su La rimozione della morte

La Madre Macchina

Cosa resta da salvare dall’incendio? Le specie ele popolazioni decimate? Gli ambienti devastati? Le condizioni di vita sulla terra? L’acqua, l’aria, il suolo, l’atmosfera? Le foreste, i ghiacci, i fiumi? I bisonti, gli orsi, le api, i patagoni e i tasmaniani? … Ma cosa, allora? Le rovine delle città e le ceneri delle biblioteche rase al suolo, carbonizzate dai conquistatori, dagli autodafé dei fanatici e dai vigili del fuoco di Fahrenheit 451? Ma per quali lettori? E per quali “generazioni future”, per favore? – che giustamente non saranno “generate”, “partorite”, ma prodotte in laboratorio con mezzi artificiali (coltura cellulare, ectogenesi, clonazione, ecc.), senza unione carnale, senza padre né madre. Per quali inumani, desiderosi di emanciparsi dalla condizione umana e di elevarsi alla superiorità dei cyborg geneticamente modificati? Questi potrebbero benissimo essere i nostri successori, ma non saranno mai i nostri discendenti. Infatti, non siamo della stessa specie e lasceremo loro senza rimpianti i resti di questo mondo devastato dai loro precursori e da secoli di “distruzione creatrice”. Che sopravvivano nei resti, questi futuriani, rannicchiati nella loro Madre Macchina, la loro tecnosfera protettiva, poiché aspirano al funzionamento eteronomo piuttosto che a una vita autonoma.

Se vuoi approfondire:

Pubblicato in Critica Radicale, General, Nautilus | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su La Madre Macchina

L’era della creazione abolisce il lavoro

Il lavoro è la forma che inaugura lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. È l’atto fondatore di una civiltà, dove il soggetto che trasforma la manna terrestre in merce diventa esso stesso un oggetto mercantile. Durante le guerre, apparse verso la fine del Neolitico, i vinti sfuggivano al massacro solo quando servivano come schiavi dei vincitori. A partire da quel tempo, la sopravvivenza è sempre stata il prezzo di una morte differita.
C’è stato un tempo in cui il dinamismo commerciale salvaguardava una parte di creatività utile al suo processo d’innovazione. Le libertà furtive del libero scambio trasmettevano lo spirito separato e disturbavano il conservatorismo dei regimi agrari. Per quanto scarsa ed emarginata fosse, la passione di creare rendeva attraenti dei lavori la cui utilità sociale sembrava indiscutibile. Sappiamo come le innovazioni originate dal capitalismo in fase d’industrializzazione abbiano alimentato il mito di un progressismo prometeico.
La graduale diserzione del settore produttivo a favore di quello dei consumi ha ridotto il lavoro alla necessità di un salario da dilapidare nelle oasi dei supermercati. Il lavoro socialmente utile ha ceduto poco a poco il posto a un lavoro parassitario che, come negli ospedali, avvantaggia una gestione della redditività e rovina l’efficacia sanitaria con il pretesto di migliorarne i servizi.
Il capitalismo è entrato in una fase di tagli finanziari, dove si arroga il diritto di rendere redditizia la sua morte programmando la nostra. Non abbiamo altra scelta che proteggere, difendere, ricreare la nostra vita e con essa, le risorse naturali che sono allo stesso tempo offerte e distrutte sotto i nostri occhi.
Le questioni ambientali vengono affrontate solo a livello globale e statisticamente – con i risultati che conosciamo – solo perché ci disinteressiamo di affrontarli alla base, a livello locale e regionale. Eppure è nel villaggio e nei quartieri che l’inquinamento, l’avvelenamento, la distruzione dell’insegnamento, degli ospedali, dei trasporti perpetuano i loro misfatti e dove un intervento diretto è possibile.
Gemere, gridare, pregare sono ugualmente ridicoli e rimarranno tali fino a quando l’audacia d’innovare non sarà riapparsa insieme con quella di vivere, finalmente.

Per approfondire:vs

Pubblicato in Critica Radicale, General, Internazionale Sitazionista, Nautilus, Raoul Vaneigem | Contrassegnato , , , , , , | Commenti disabilitati su L’era della creazione abolisce il lavoro

Quando la critica radicale incontra un pugno

COMUNICATO DELL’ASSEMBLEA POPOLARE DI BUSTO ARSIZIO
Succede sempre più di frequente che iniziative pubbliche nelle quali si affronti la questione delle nuove tecnoscienze legate al controllo, alla manipolazione, alla programmazione e al dominio di tutte le forme di vita vengano sabotate da gruppi di persone che vogliono impedire anche solo la possibilità di discussione e di approfondimento. È ciò che è avvenuto a Busto Arsizio il 4 giugno scorso durante l’incontro pubblico organizzato dall’Assemblea popolare con alcuni membri della Nave dei Folli–bollettino radiofonico di critica radicale alla società cibernetica, quando tre persone si sono presentate muovendo accuse infondate e calunniose di fascismo e transfobia sia all’assemblea che agli invitati e dichiarando espressamente di voler sabotare l’incontro. A nulla sono serviti la disponibilità al confronto e il chiarimento che non si volesse mettere in discussione le scelte individuali di chi si rivolge alla scienza ufficiale ma il fatto che le élite economico-finanziarie strumentalizzino i problemi di salute, il malessere e l’infelicità, le nocività ambientali e le ingiustizie sociali, da loro stesse causati, per portare avanti i loro progetti deliranti di trasformazione dell’essere umano (e di tutti gli esseri viventi) in una chimera tecnobiologica (imposizione e integrazione di trattamenti/apparecchi neotecnologici nel corpo organico, piegando il bios alle logiche e alle esigenze della macchina cioè ai fini del controllo e dell’efficienza performativa). L’azione di sabotaggio si è conclusa con l’aggressione fisica a uno dei nostri invitati; l’incontro è poi continuato quando le tre persone si sono finalmente allontanate. Siamo solidali con i nostri ospiti della Nave dei Folli e li ringraziamo per il loro contributo alla conoscenza e alla critica radicale della società cibernetica che si è andata affermando negli ultimi decenni e che intende portare l’assalto definitivo ai nostri corpi. Per quel che ci riguarda non tollereremo più tentativi di censura nei confronti di alcuno e da chiunque essi arrivino. Non vogliamo essere complici o neutrali rispetto a questa nuova caccia alle streghe, pena la nostra – e di tutti coloro che si oppongono ai diktat della tecnocrazia globale – agibilità di iniziativa pubblica. La questione che si pone è semplice e imprescindibile: la possibilità, adesso e in futuro, di esprimere pubblicamente l’indisponibilità e il rifiuto a farsi manipolare, innestare e colonizzare i corpi da bio/nanotecnologie, tecnologie digitali e da chissà quali altre diavolerie tecnologiche, senza essere tacciati di fascismo e transfobia e quindi essere mostrificati. Rivendichiamo il diritto naturale e inviolabile di ognuno di decidere sul proprio corpo, che non può subire deroghe o eccezioni, senza dover motivare o giustificare il rifiuto ad un qualunque trattamento sanitario (che faccia bene o male non importa) o impianto di protesi tecnologiche. L’habeas corpus, principio che tutela l’inviolabilità personale (“abbi il [tuo] corpo [libero]”), non deve essere sacrificabile in nome di una qualsiasi presunta e pretesa ragione di “salute pubblica”. La libertà individuale viene sempre prima di una qualsiasi supposta “emergenza” (sanitaria, climatica, energetica, alimentare, bellica che sia). PER L’AUTODETERMINAZIONE DEI CORPI

Per approfondire:

Pubblicato in Critica Radicale, General, Nautilus | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Quando la critica radicale incontra un pugno

Mara e le origini del Punx a Torino

Le prime iniziative del nostro sparuto gruppo di punk anarchici torinesi partono dall’esigenza di farci sentire, di far sapere che esiste la voglia di essere “contro”, la voglia di comunicare/urlare, vestirsi fuori da tutti gli schemi conosciuti, pur rendendoci conto dei limiti che il punk stesso ha in se.
Il primo volantino “ufficiale” risale al Marzo 82, distribuito ad un concerto dei Tuxedomoon, contro i prezzi elevati dei concerti, ma soprattutto per “pubblicizzare” che i punk vogliono un posto, uno spazio autogestito. La nostra non era una proposta speranzosa o una speranza ingenua; sappiamo benissimo di non essere in grado di occupare qualche locale, ma l’importante è che la gente smettesse di pensare ai punk come fascistelli, dementi o altro. In quel periodo la scena punk era molto eterogenea e non era facile unire le esigenze di tutti.
Si gestiva la discoteca per una sera la settimana, ci si trovava in giro, ma si aveva l’esigenza ormai di avere un locale, un posto dove trovarci.
La sede anarchica di via Ravenna era l’unica situazione disponibile che non ci facesse sentire “quelli che bisogna capire perché forse anche il punk ha qualche cosa di buono”.
Cominciamo a trovarci tutte le settimane e alla fine del maggio 82 riusciamo ad organizzare il primo concerto autogestito “CONTRO LA DISPERAZIONE URBANA”, in un centro d’incontro a Torino.
Fu questo il primo momento di comunicazione, la prima grossa uscita del punk politico nella nostra città, con una discreta affluenza di pubblico. Fu anche un momento molto importante all’interno del nascente collettivo per prendere le distanze da chi il punk lo viveva esclusivamente in un modo musicale o come nuova moda. Le discussioni tra noi non mancavano e non è stato affatto facile raggiungere la compattezza che c’è ora.
Veniamo da esperienze molto diverse e quasi nessuno da esperienze politiche precedenti.
Da allora le cose sono andate sempre meglio; sono stati organizzati cinque concerti autogestiti in meno di un anno che oltre a quello già citato, sono: “Punk oltre la musica” (19/9), “Punk contro Comiso” (12/11), “Concerto per l’Autogestione” (febbraio 83),”Contro il monopolio delle case discografiche”(23/4/83) e inoltre qualche Fanzine (anche se nessuna ha avuto purtroppo seguito), alcuni demo-tape, e una serie di volantini distribuiti per evitare di ghettizzarci, che vanno da una critica pubblica a Radio Flash ad una protesta contro l’aumento del biglietto ATM.
Attualmente il collettivo sta crescendo notevolmente, riuscendo a riunirci settimanalmente, non solo noi di Torino, ma anche dei punk che vivono nell’hinterland.
L’ultima iniziativa è stata la creazione di una etichetta indipendente, la “CONTROPRODUZIONI” per la quale è già uscito il primo disco di un gruppo di Torino, chiaramente facente parte del collettivo PUNX.
I soldi per la realizzazione del disco sono stati presi in gran parte dai concerti organizzati in precedenza, mentre il resto del gruppo stesso che ha inciso. Con il ricavato della vendita verrà finanziato il prossimo disco che verrà prodotto… e così via.
Abbiamo gusti, modi di essere, di suonare, di vivere giustamente diversi, ma questo non disturba molto. Non ci interessa far rinascere un “movimento”, ma di reagire, ognuno in modo strettamente personale, alla repressione fisica e psichica che ci perseguita anche al cesso. (Mara e Sergio per Bodosproject, 1983)

Ti potrebbe interessare:

 

Pubblicato in General, Musica, Nautilus | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Mara e le origini del Punx a Torino

L’ INFINITO AZZURRO – Claudio Veriol

IO sono un poeta,
io voglio l’ infinito azzurro!
TUTTI i poeti vogliono l’ infinito azzurro!…ma, ahimè!
Ora, guardando il cielo, non si prova più la sensazione infinita.
Tutto cominciò quando Magellano,
il navigatore, fece la circumnavigazione del globo.
La terra fu allora rotonda e finita, non piatta e infinita!
Maledetto Magellano! potevi stare a casa,
invece di andare in giro a rovinare i sogni dei poeti?
Si, perché era così bello, una volta,
tanti secoli fa, andare sul mare con un grande vascello.
Era così bello sapere che terra e mare erano infiniti.
Dove si poteva arrivare?
Sperduto sul vascello in mezzo al mare infinito
il poeta poteva alzare gli occhi e guardare il cielo azzurro. Guardava di qua, di là ,
e tutto era così azzurramente infinito.
Infinito azzurro.
Ora sappiamo che la Terra è rotonda e finita…
così abbiamo perso l’ antico contatto cosmico azzurro degli uomini antichi.
Che me ne facevo di un Universo senza infinito azzurro?
IO sono un poeta, non posso vivere senza infinito azzurro!
La civiltà, le scoperte, le invenzioni,
non sempre sono un bene per l’ uomo.
Evolvendosi,
l’ uomo ha perso l’ infinito azzurro.
Infinita sensazione di grandezza: nessun uomo mai piu’ ti proverà!…
ma io sono un poeta: ho bisogno dell’ azzurro!
Con la civiltà l’ uomo ha scoperto il mondo, ma a quale prezzo?
Ha perso la sensazione più bella.
Ha perso l’ infinito azzurro.

Pubblicato in General, Nautilus | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su L’ INFINITO AZZURRO – Claudio Veriol

POESIA ILLUMINAZIONE – Lenore Kandel

siamo stati tutti fratelli, ermafroditi come ostriche
donando le nostre perle spontaneamente
nessuno aveva ancora inventato la proprietà
né la colpa né il tempo
guardavamo le stagioni passare, eravamo cristallini
[come neve
e ci fondevamo dolcemente in forme nuove
mentre le stelle ruotavano attorno a noi
non avevamo conosciuto il tradimento
noi stessi eravamo perle
sostanze irritanti tramutate in splendore
e ci offrivamo spontaneamente
le nostre perle sono diventate più preziose e i nostri
[sessi statici
con la mutazione è nato un guscio, abbiamo concepito
[lingue diverse
nuove parole per nuovi concetti, abbiamo inventato
[le sveglie
i recinti la lealtà
eppure … anche adesso … simulando una comunione
infinite percezioni
io ricordo
siamo stati tutti fratelli
e ci offriamo spontaneamente

Lenore Kandel: The Love Book

Recita Daria di Bernardo
Suona Antonio Monti

Domenica 29 maggio Dalle ore 20.30
Inizio spettacolo ore 21.00
Gelateria popolare Via Goffredo Mameli 6 – Torino

Pubblicato in '68 e dintorni, General, Nautilus, Poesia | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su POESIA ILLUMINAZIONE – Lenore Kandel