IL FUTURO TRIONFA MA NON ABBIAMO UN AVVENIRE

La scienza è ancora oggi un modello forte che corrisponde a un’immagine di universalità e potenza in un contesto globale di disordine climatico e di degrado sociale. Mentre la vita diventa sempre più assurda e le società sempre più brutali, la ricerca è l’unicosettore a offrire l’immagine rassicurante di continuità con le epoche passate, un settore che parrebbe al riparo dalla meschinità dei rapporti mercantili e che continuerebbe a progredire anche mentre tutto crolla. Ma è un’illusione funesta. Un corpus di conoscenze rigorosamente stabilito sarà sempre indispensabile, così come l’invenzione di tecniche al servizio delle comunità umane, ma tutto questo ha un ruolo marginale in ciò che oggi chiamiamo ricerca, e serve per lo più a giustificare tutto il resto. Un’ingenua buona fede produce gli stessi effetti del peggiore cinismo, lasciando campo libero a tutte le aberrazioni immaginabili. Non ci si salva facendo da sostegno ideologico alle peggiori atrocità. In questi tempi confusi in cui, nella bocca dei ricercatori e
nell’immaginario collettivo, la tecnoscienza appare l’unico avvenire
comune, noi, studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici, disoccupati e disoccupate che credevamo nella capacità dell’Università di preservarci da compiti idioti o irresponsabili, abbiamo deciso di organizzarci in vista di uno stravolgimento radicale che abbiamo scelto di non attendere. Denunciamo la collaborazione attiva dei ricercatori con i poteri militari e industriali che li finanziano, ne definiscono gli obiettivi e utilizzano le conoscenze e le tecniche messe a punto nei laboratori. Questa collaborazione risale alle origini della scienza moderna, i cui progressi sono sempre stati in stretto rapporto con quelli delle tecniche di guerra. Ma con la Seconda Guerra mondiale si è compiuto un salto quantitativo e qualitativo. Oggi la maggior parte delle ricerche non serve a far progredire le conoscenze, ma ad accrescere la potenza militare ed economica. La volontà di sapere è un alibi che serve a far accettare la corsa agli armamenti e la competizione economica internazionale.

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