La divisione del lavoro

tuttofareL’ingegneria genetica e l’imminente clonazione umana sono solo le manifestazioni più attuali di una dinamica di controllo e di dominio della natura che gli esseri umani hanno messo in moto diecimila anni fa, quando i nostri antenati cominciarono ad addomesticare gli animali e le piante. Nelle quattrocento generazioni umane che si sono succedute da allora, la totalità della vita naturale è stata penetrata e colonizzata fin nei suoi livelli più profondi, alla stregua del controllo che via via è stato sempre più accuratamente escogitato in ambito sociale. Ora riusciamo a vedere questa traiettoria per quel che realmente è: una trasformazione che ha inevitabilmente portato con sé una distruzione onnicomprensiva, che non era affatto necessaria. È significativo il fatto che testimonianze archeologiche rinvenute in tutte le parti del mondo dimostrino che molti gruppi umani provarono a praticare l’agricoltura e/o pastorizia, e più tardi abbandonarono queste attività per tornare a strategie più affidabili, quelle di caccia e di raccolta. Per molte generazioni, altri rifiutarono di adottare le pratiche di addomesticamento dei loro vicini più prossimi.
È a questo punto che ha cominciato ad emergere, nella teoria e nella pratica, un’alternativa primitivista. Alla messa in discussione della tecnologia bisogna aggiungere quella della civilizzazione stessa. Una documentazione sempre più cospicua, che descrive la preistoria umana come un periodo molto lungo in cui gli essere umani hanno vissuto in modo non allineato, si pone in netto contrasto coi fallimenti sempre più evidenti di una modernità indifendibile.
All’interno del dibattito sui limiti di Habermas, Joel Whitebook ha scritto: “è possibile che la portata e la profondità della crisi sociale ed ecologica siano così grandi che soltanto una trasformazione epocale delle visioni del mondo vi sia commisurata”. Da allora, Castoriadis trasse la conclusione che una trasformazione radicale dovrà affrontare la divisione del lavoro nelle forme conosciute sin qui. La divisione del lavoro, che ha cominciato ad emergere lentamente durante la preistoria, fu alla base dell’addomesticamento e continua a portare avanti l’imperativo tecnologico. (John Zerzan)

Se vuoi saperne di più:

zerzancrepuscolo

Pubblicato in Critica Radicale, General | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su La divisione del lavoro

Fourier: il furto come diritto I

falansterioSecondo la morale corrente [il furto] è un grande crimine, il quale, nondimeno, ci riporta direttamente alle leggi della natura. Ma il cosiddetto “furtarello quotidiano” è veramente un crimine stando a questi princìpi naturali? In maniera frettolosa si sarebbe tentati di rispondere che simili questioni non sono ammissibili, in quanto potrebero condurre a un sovvertimento sociale generale. Ma ci si  tranquillizzi! Se diamo per scontato che il furto é un vizio, non vi  è di  tanto criminale quanto questa cosiddetta “società civile”  che spinge tutti i suoi cittadini a essere dei ladri camuffati. Noi invece proponiamo e opponiamo ad essa un ordine in cui i cittadini, pur avendo il permesso assoluto di rubare, non si sognerebbero mai, neppure lontanamente, di darsi al furto: un ordine, cioè, in cui lo stesso interesse comune spingerebbe tutti a guardare con orrore a quel vizio che la morale civile, pur con tutti i suoi metodi coercitivi, è riuscita a rendere pratica segreta generalizzata. […] La tendenza al furto [è] ben radicata nelle due classi estreme: presso i selvaggi di Natura e i potenti di Civiltà; quanto alle classi intermedie, se esse non rubano è semplicemente perché non ne hanno la possibilità: giacché tutti quelli che hanno i mezzi per farlo, tra gli altri, in primis, i commercianti, non se ne fanno alcuno scrupolo convinti come sono che qualsiasi cosa è buona da sottrarre. Bisognerebbe, quindi, se il furto è veramente un delitto, far impiccare tutti i Civilizzati, una metà in quanto ladri di fatto e un’altra metà in quanto ladri intenzionali. Vedremo ora come in Armonia questa passione viene integrata passivamente, additandola al disprezzo generale e vanificandola come inutile. In regime di Armonia tale vizio sarà affrontato col metodo dell’integrazione passiva, che consiste nel tollerarlo al punto da far insorgere nei confronti di questa passione viziosa un sincero disprezzo. […] In generale, il furto cessa là dove cessa il bisogno e dove l’uomo interviene a rendere nulla la passione del furto. Sono questi i due criteri integratori che saranno impiegati sistematicamente in Armonia. La quale, inoltre, utilizzando la misura del minimo garantito e il concetto della onesta reputazione, arriva a neutralizzare a tal punto la passione innata del furto che, senza bisogno di scoraggiarne la pratica, può anche permettersi di non decretarne il divieto. […] Porre come nostra premessa che ogni abitante d’Armonia conserva il diritto di rubare senza mai abusarne, vuol dire mettersi doppiamente in urto con i pregiudizi dei civilizzati. Poiché questi signori considerano e mettono nel rango dei crimini il furto che, pur tuttavia, essi praticano con la massima audacia. Non dovrebbero prendersela tanto per un diritto a cui, in fondo, danno in segreto la loro preferenza rispetto a tutti gli altri consentiti dalla Carta dei diritti. Ma la cosa che soprattutto li scioccherà è l’affermazione che un Armoniano non si dedica affatto a praticare il furto sebbene gli sia pienamente riconosciuto il diritto. Ed esaminiamo ora quali sono le contropartite che lo distrarranno del tutto dalla voglia di rubare. (continua)

Pubblicato in Critica Radicale, General | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Fourier: il furto come diritto I

Sulla mercificazione e predazione dell’acqua

acqua2L’acqua è un diritto e non una merce, la sua gestione può diventare occasione per allargare la dimensione della partecipazione e dei diritti. L’unica via praticabile non può che essere quella che porta all’autogestione, nelle forme più convenienti per ciascuna realtà specifica, perché un conto è la gestione dell’acqua in una metropoli altro è il piccolo paese rurale; diversa la situazione in zone povere di riserve piuttosto che nelle vallate alpine ricche di acqua.
La rivoluzione tecnologica ha permesso di pompare, depurare e distribuire l’acqua attraverso meccanismi sempre più sofisticati e a distanze sempre maggiori dalla fonte di approvvigionamento, il sistema industriale ha devastato i fiumi e le falde con le sue nocività, la civiltà dei consumi ha contribuito a devalorizzare l’acqua, alimentando la percezione che essa sia un bene illimitato, sempre disponibile e a buon mercato.
Occorre mettere in discussione questo sistema che mercifica tutto, non solo l’acqua, esalta l’individualismo e massacra le relazioni sociali. Bisogna recuperare innanzitutto la dimensione comunitaria dell’acqua, le attività collettive ad esse legate e quindi anche la percezione che essa sia un bene comune prezioso che tutti sono tenuti a difendere.
Riscattare l’acqua dalla funzione commerciale cui è stata relegata è possibile soltanto se la si considera in termini di prossimità, vicinanza. Allora sarà normale condividerla, non sprecarla, tenerla pulita. Sarà normale vigilare affinché gli avvoltoi del profitto, grandi e piccoli, non si avventino su di essa per sottrarla alla disponibilità di tutti e depredarla fino all’ultima goccia. (Tratto: da Fino all’ultima goccia – La Rueido Autoproduzioni)

Pubblicato in General | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Sulla mercificazione e predazione dell’acqua

Dada e comunismo secondo Huelsenbek

Richard Huelsenbek

Richard Huelsenbek

Il dadaista è ateo, per istinto. Non è più metafisico, nel senso che trova, in frasi che dipendono da teorie della conoscenza, una regola per la condotta della sua vita; per lui non esiste più il “devi”; il bocchino per sigaretta e l’ombrello hanno per lui lo stesso valore non temporale che la cosa in sé. Anche un orinatoio pubblico è una cosa in sé. Di conseguenza per il dadaista il bene non è “migliore” del male: non esiste che la simultaneità, anche per i valori. Questa simultaneità, applicata all’economia dei fatti, è propria del comunismo, un comunismo a dir la verità che avrebbe rinunciato al principio del “voler fare meglio” e che avrebbe soprattutto l’obiettivo di distruggere tutto ciò che si è imborghesito. Il dadaista è quindi contro ogni idea di paradiso, qualunque sia, e una delle idee che gli è più estranea è quella per cui lo spirito sarebbe “l’unione di tutti i mezzi per migliorare l’esistenza umana”. La parola miglioramento gli è d’altra parte totalmente incomprensibile, sotto qualsiasi forma, perché egli vi scopre un’occupazione artigianale con la vita che, inutile, senza scopo e abietta com’è, non rappresenta certamente un fenomeno dello spirito e non ha quindi alcun bisogno di miglioramento nel senso metafisico del termine. Per il dadaista l’associazione delle due parole, spirito e miglioramento, è una bestemmia. Il male ha un significato profondo, la polarita degli avvenimenti vi trova un limite e il vero politico (come Lenin pare sia) mette, certo, il mondo in movimento, ossia dissolve delle individualità con l’aiuto di un teorema, ma non lo modifica. E, per quanto paradossale possa sembrare, è anche ll senso del comunismo. (Richard Huelsenbek, 1920)

Ti potrebbe anche interessare:

dadacop

Pubblicato in General, Poesia | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Dada e comunismo secondo Huelsenbek

Primitivismo e Civiltà

primit1Gli ecoanarchici tendono a considerare la civiltà come la logica, le istituzioni e l’apparato materiale dell’addomesticamento, del controllo e del dominio. Anche se i diversi individui e gruppi danno priorità ad aspetti distinti della civiltà (per esempio i primitivisti si concentrano tipicamente sulla questione delle origini, le femministe essenzialmente sulle radici e sulle manifestazioni del patriarcato e gli insurrezionalisti principalmente sulla distruzione delle attuali istituzioni di controllo), la maggioranza degli ecoanarchici concorda sul fatto che essa è il problema di fondo o l’origine dell’oppressione e deve essere smantellata. L’avanzamento della civiltà può essere descritto a grandi linee come il passaggio, nel corso degli ultimi 10.000 anni, da un’esistenza integrata e profondamente collegata alla trama della vita a un’esistenza separata che controlla il resto della vita. Prima della civilizzazione, si disponeva di abbondante tempo da dedicare ai propri interessi e piaceri e vi era notevole autonomia e uguaglianza fra i sessi, un atteggiamento non distruttivo nei confronti del mondo naturale, l’assenza di violenza organizzata, nessuna mediazione o istituzione formale, buona salute e robustezza fisica. La civiltà ha inaugurato la guerra, la sottomissione delle donne, la crescita della popolazione, il lavoro di fatica, il concetto di proprietà, le gerarchie costituite e praticamente ogni malattia nota, per nominare solo alcuni dei suoi derivati devastanti. La civilizzazione comincia con e si basa su una rinuncia forzata alla libertà istintiva. La civiltà non può essere riformata ed è quindi nostra nemica.

Se vuoi saperne di più:

greenan

 

 

Pubblicato in Critica Radicale, General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Primitivismo e Civiltà

ZAFFERANO

zafferanoPianta erbacea perenne alta 5-15 cm; bulbo ricoperto di membrana ruvida, fibrosa, terrosa, più o meno sfilacciata; foglie a mazzetto, inserite in lunghe e pallide guaine membranose; fiori con tubo violetto nella parte superiore, poi impallidente fino al bianco verso il basso, che si apre alla sommità a coppa di imbuto, lilla-violetto, formata da sei parti ellittiche con numerose venature di colore più intenso; frutti assenti.
Fiorisce da settembre a novembre. Cresce in colture, coltivi ornamentali (parchi, giardini e viali), prati e pascoli aridi (0 – 700 m). Qua e là inselvatichita, coltivata per ornamento.
E’ una pianta che è stata coltivata in Oriente fin dall’antichità, citata nella Bibbia e nell’Iliade, usata come panacea, per aumentare la potenza sessuale, contro l’ubriachezza e per stimolare il sonno, fino a diventare un bene prezioso; spesso falsificato, esportato in tutta Europa per tingere gli abiti regali e come profumo.
In Grecia si credeva che avesse potere curativi e divini (gli indovini e i profeti lo chiamavano sangue di Ercole), oltre che protettivi contro le malattie, sottoforma di amuleto, e come antidoto in miscela con il vino. A Creta e Thera lo zafferano avrebbe avuto un uso rituale, in relazione all’adorazione degli dei e della natura, oltre che alla fecondità. Plinio il Vecchio riporta che è narcotico, afrodisiaco e che snebbierebbe la testa, oltre a essere ingrediente di vini.
Era anche un componente di miscele per fumigazioni a uso magico.
Tra XVIII e XIX secolo, è stato impiegato come inebriante in modo simile al papavero sonnifero.
Nel Medioevo in Europa, era un mezzo magico per combattere il “Fuoco di Sant’Antonio”, o ergotismo, causato dall’ergot. Era anche componente del laudano, preparato antidolorifico e sedativo a base di oppio creato da Paracelso. Nell’Inghilterra Vittoriana, si usava contro le costipazioni e in Occidente generalmente come calmante, contro crampi e ubriachezza. Nella medicina ayurvedica e islamica, si usa per calmare i nervi, nella medicina mistica dell’Islam si dice che la pianta rafforzi l’animo, sviluppi la potenza sessuale nei giovani e allevi i dolori articolari, mentre in Beluchistan si usa nello Yogurt contro la dissenteria e nello Yemen come stimolante. Nella medicina popolare, gli usi sono come sedativo e contro i crampi. Nella fitoterapia moderna, si usa per mestruazioni dolorose e dolori lombari concomitanti, dispepsie atoniche, tossi insistenti, spasmi bronchiali, asma e disturbi della dentizione.
A basse dosi, eccita e dà euforia, ad alte dosi ha un effetto più propriamente narcotico simile a quello dell’oppio. Causa mal di testa ed è abortivo. Può essere piuttosto pericoloso, anche letale, per i bambini.

Se vuoi saperne di più:

flora-psicoattiva

Pubblicato in General, Stati di coscienza modificati | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su ZAFFERANO

Fluxus: Sabotaggi e danneggiamenti

fluxusIl primo periodo di attività di Fluxus coincise con una spaccatura nel movimento, causata dalla proposta di sabotare le iniziative culturali alte o importunare i pendolari del ceto medio mentre andavano o tornavano dal lavoro. Sul numero 6 della Fluxus News.Policy Letter, datato 06 marzo 1963, Maciunas descrisse le sue “proposte di azione e propaganda” per Fluxus a New York. Tale propaganda doveva svolgersi principalmente attraverso:
Picchetti e dimostrazioni.
Sabotaggi e danneggiamenti.
Composizioni.
Vendita di pubblicazioni Fluxus.
L’estetica Fluxus, semplice e non pretenziosa, era implicitamente un attacco alla cultura seria, ed è quindi normale che Maciunas credesse che gli aderenti al movimento avrebbero accolto altrettanto bene aggressioni alla società di classe.
Il pacchetto di proposte, quello sui sabotaggi e i danneggiamenti, era diviso in nove sezioni, raggruppate sotto tre titoli. Il sistema dei trasporti doveva essere danneggiato con interruzioni organizzate all’ora di punta negli snodi strategici del sistema stradale della città. Il sistema delle comunicazioni andava messo in avaria con lo spargimento di false informazioni e, cosa più ingegnosa di tutte, riempiendo le cassette delle lettere con migliaia di pacchi (contenenti mattoni etc.) indirizzati a giornali, gallerie d’arte, artisti etc., non affrancati & indicanti come mittenti altre gallerie d’arte, sale da concerto, musei. Benché Maciunas fosse troppo ottimistico nel concludere che il mittente o il destinatario avrebbero dovuto pagare l’addebito, non c’è dubbio che il progetto avrebbe provocato seri danni. Poiché un singolo postino non può portare pesi oltre un certo limite, se abbastanza pacchi fossero stati spediti contemporaneamente in una sola zona della città, ciò avrebbe causato gravi ritardi nella consegna della posta. Se la zona prescelta fosse stata un quartiere d’affari, la tattica sarebbe stata particolarmente efficace, senza conseguenze negative sui lavoratori delle poste. Infine, vi erano piani per sabotare la vita culturale mediante l’uso di bombolette puzzolenti e starnutatorie, il recapito di falsi annunci e il ricorso a servizi telefonici d’emergenza o di pronta consegna per rovinare le inaugurazioni nei musei.

Pubblicato in '68 e dintorni, General | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Fluxus: Sabotaggi e danneggiamenti

Raoul Vaneigem. Una verità unica è una verità morta

7586018090_43ea534830_zAbbiamo bisogno di nuovi punti di riferimento. Il nichilismo affarista ha avuto l’ottima idea di spazzar via i valori patriarcali e il cattivo gusto di sostituirli soltanto con un feticismo del denaro pronto a svendere tutto al miglior offerente.
Certo la tavola è rasa ma come apparecchiarvi il meglio senza esporlo al peggio? Dalla cupidigia, dalla corsa al profitto, dal calcolo interessato non può nascere niente. Le loro incrostazioni nutrono, come un brodo di coltura, i germi d‘incurabili infezioni. La stessa contestazione vi si corrompe, quando vitupera il vecchio mondo con la modernità di una mentalità arcaica e si nega il piacere di scoprire i primi segni di rinnovamento.
Eppure — quante volte si dovrà ripeterlo? — solo la coscienza e l’esigenza del vivente possono gettare le basi di una nuova società.
A causa della sua gratuità, la vita è una realtà che nessuna forma di pensiero economizzato è capace di conoscere e riconoscere. Iniziamo appena a renderci conto fino a che punto essa, sfuggendo a ogni tentativo di contabilità, sia stata inafferrabile, incomprensibile, inaccettabile.
Non sostengo che i situazionisti siano stati i primi a esplorare l’universo dei desideri e delle passioni, liberando dalle loro pastoie quei valori umani chiamati a fondare una civiltà i cui progressi servano l’uomo anziché la merce. Ma perlomeno hanno acuito la coscienza di un’epoca in cui il ventaglio del possibile si andava aprendo a sorprendenti trasformazioni. Lungi dal limitarsi alla semplice constatazione, hanno illuminato il loro presente con la determinazione a distruggere ciò che impediva loro di vivere e a inventarsi un destino esaltante.
L’analisi intransigente dei situazionisti ha contribuito non poco alla banalizzazione di comportamenti che, a dispetto delle regressioni contingenti, si adoperano a forgiare il futuro: il rifiuto del lavoro in nome della creazione; il rigetto della rinuncia e del sacrificio a vantaggio del godimento; l’abolizione dello scambio a favore del dono; l’estirpazione dei meccanismi che economizzano l’uomo in nome della sovranità della vita e della sua gratuità.
Operando per la sparizione della società mercantile, l’Internazionale Situazionista ha accettato la sfida di inserire le divergenze personali su un canovaccio la cui invariabilità non soffriva né discussione né controversia.
Persisto nel ripudiare in anticipo chiunque non sia visceralmente risoluto a farla finita con un sistema economico fondato sullo sfruttamento della natura terrestre e della natura umana. Per contro, il dibattito sulla società vivente che soppianterà la società mercantile propone all’esplorazione e alla coscienza soggettive un territorio di una ricchezza e di un’incertezza insospettate. È questione di ricerca, di creatività, di sensibilità individuale.
So bene che esiste un rischio di goffaggini e di aberrazioni suscettibili di confortare la società dominante con la scusa di volerla abolire. Non nutro dubbi, tuttavia, che un progetto comune possa fondarsi a poco a poco nellesuberanza e nella confusione delle volontà d’emancipazione. Una verità unica è una verità morta, le verità che si cercano sono molteplici come la vita, basta che restino vive.
La maggior parte dei commenti azzardati sul progetto situazionista ha creduto di dover sostenere con la rigidità dello stile il rigore del discorso — non parlo dei regolamenti di conti che si autorizzano le larve cadute da quel cadavere che è sempre stato il situazionismo e che tanti proseliti continuano a friggere e rifriggere nel piatto delle mondanità. (Raoul Vaneigem, 2005)

Ti potrebbe anche interessare:

vanviven

Pubblicato in General, Internazionale Sitazionista, Raoul Vaneigem | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Raoul Vaneigem. Una verità unica è una verità morta

THE ACID QUEEN – The Who

tommy acid queenArrivato al quarto LP, Pete Townshend immaginò un’opera rock che fosse gioco e filosofia, fiaba e messaggio vero; così nacque Tommy, una storia con tanti possibili livelli di lettura, una fantasia per i più giovani e uno stimolo per gli adulti, intellettuale e spirituale.
Tommy, nato durante la prima guerra mondiale diventa cieco, sordo e muto dopo aver visto l’omicidio del padre in uno specchio. Diventato un campione di flipper, raggiunge uno stato di grazia, riottiene i sensi perduti e dà vita a una propria religione, ma alla fine viene rifiutato dai suoi stessi discepoli, quindi torna a essere isolato come all’inizio della storia.
Per cercare di guarirlo, la madre ed il patrigno, avido ed alcolista, provano a ricorrere a discutibili personaggi: tra cui Acid Queen, una prostituta che usa LSD come stimolo sensoriale.

La Regina dell’acido
Se il vostro bambino non
è come dovrebbe per la sua età
questa ragazza lo rimetterà a posto
sono la zingara, la regina dell’acido
pagate prima che io inizi,
sono garantita per sconvolgere l’anima.
Dateci una stanza, chiudete la porta
lasciateci per un po’.
Il vostro ragazzo rimarrà sempre bambino
ma potrà diventare un giovane.
La tua mente potrà imparare a vagare.
Anche tu stai per raggiungere
la strada, come la regina dell’acido
il mio lavoro è fatto; guardatelo
non è mai stato così vivo,
la sua testa si agita
le sue dita si intrecciano
guardate come freme il suo corpo.
Sono la zingara, la regina dell’acido

Pubblicato in General, Stati di coscienza modificati | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su THE ACID QUEEN – The Who

La prima volta con lo jopo

 

Plotkin_Mark

Mark J. Plotykin

“Quando mi girai di nuovo verso lo sciamano, lui mi stava porgendo il tubetto. Provando nello stesso momento e in eguali proporzioni ansia, eccitazione, paura e pregustazione, mi misi la parte cava nella narice destra. Lo sciamano tenne l’altra estremità fra le labbra e soffiò, cominciando adagio e finendo con un colpo forte.
La forza del colpo mi fece cadere all’indìetro dalla mia posizione accovacciata. Fui immediatamente inondato da una sensazione di calore – le narici, il seno nasale, la testa,  gli arti erano in fiamme. Mi tirai su, e cominciai a sentire il dolore.
La testa prese a pulsarmi come se fossi stato colpito con una mazza da guerra. Mi si confuse la vista ed ebbi un capogiro; tentavo di respirare, mentre sentivo la gola e il naso bloccati da una sostanza simile a muco.
In mezzo a tanto disagio e confusione, mi guardai attorno e vidi che lo sciamano stava tornando a riempire il tubetto. Lo puntò di nuovo verso di me e m’infilò piano nella narice sinistra il seme di palma che si trovava all’estremità del tubo. La mia prima tentazione fu di rifiutare, ma prima che potessi rimettermi in sesto e parlare lo sciamano mi sofiìò forte nel naso.
Questa forza parve spingere la droga dal tubetto dello sciamano direttamente nel mio circolo ematico e poi nel profondo della mia anima. Benché il cuore mi battesse dolorosamente in petto, un sottile senso di euforia si unì al dolore che mi tormentava il corpo. Al limite del mio campo visivo cominciarono ad apparire due figure.
Prese a gocciolarmi il naso, ma mi si schiarì un po’ la vista. Vedevo indios in altri punti dello shabono che mi indicavano e facevano larghi sogghigni. Alcuni interruppero quel che stavano facendo – chiacchierando fra loro nelle amache, intagliando punte di frecce per la caccia, preparandosi il proprio snuff – e si sedettero in cerchio, con me al centro.
Sentivo che un caldo vincolo di fratellanza mi legava a loro. Mentre l’allucinogeno circolava nel mio corpo, gli indios parlavano nel loro idioma nativo, che ora mi sembrava di comprendere. Uno di loro mi batté affettuosamente sulla spalla e un altro sul braccio. Travolto da questo senso di familiarità, indicai l’epena sulla foglia di banano davanti a me. «Ancora», dissi allo sciamano, anche se la mia voce sembrava quella di un altro.
Lo sciamano caricò la pipa e sofiìò l’epena nella narice destra: poi riempì ancora e soffiò nella sinistra. Ebbi l’impressione che mi stesse dando una dose inferiore alla norma e che soffiasse più delicatamente di quanto non facessero gli indios fra loro. Anche così, però, cominciavo ad avere allucinazioni.
«Ancora», ripetei. Volevo l’esperienza piena.

8
Ora i miei sensi erano alterati in modo notevole. L’udito mi si era fatto particolarmente acuto: mi pareva di essere in grado di sentire tutto nello shabono. Il mio campo visivo s’era molto ampliato: era come se stessi guardando il mondo con un grandangolo. Al limite del mio campo visivo, le figurine presero a ballare.
Lo sciamano sollevò ancora il cannello della pipa, e io ancora ne presi, ogni volta di più e con più intensità della precedente. Il colpo finale mi fece di nuovo cadere all’indietro, e io gìacqui disteso sulla schiena. La gola mi bruciava, sembrava che il cranio stesse per esplodermi; mi presi la testa fra le mani.
Un altro vecchio sciamano che mi sedeva accanto vide la mia disperazione e cominciò a massaggiarmi un braccio. Una sensazione di calore e di calma prese a scorrere in me, ed io staccai le mani dalla testa, mentre il dolore diminuiva. Lui posò una mano sul mio cuoio capelluto e cominciò a stringere, molto lentamente. Quasi subito il dolore scomparve, e gli effetti dell’allucinogeno percorsero il mio corpo come un’onda – dalla testa ai piedi e ancora in su. Sembrò che una grande pace scendesse su di me, sui miei amici, sullo shabono, sulla giungla che ci circondava.

shabono

shabono

Il pavimento di terra dello shabono, pieno di formiche, di pidocchi e d’altri parassiti, ora mi pareva comodo come una pelle d’orso. Ero estremamente rilassato, eppure molto attento. Sentivo che la testa e il cuore erano tirati in due direzioni diverse nello stesso tempo – mi colpiva l’inutilità dell’odio, dell’ngiustizia, della gelosia e della guerra che imperversavano nel mondo, eppure allo stesso tempo ero pieno del senso del mio potere e della mia invulnerabilità, del desiderio di essere waiteri: feroce e coraggioso nella migliore tradizione Yanomamo”. ( Mark J. Plotykin, 1993)

Ti potrebbe anche interessare:

altrovc

Pubblicato in General, Stati di coscienza modificati | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su La prima volta con lo jopo