Luigi Assandri – Autodidatta

Luigi Assandri è stato uno dei miei primi contatti anarchici a Torino (nella sede di Via della Rocca) quando vi sono arrivato nel ’62. All’inizio, devo dire, non mi aveva fatto una grande impressione. La sua “semplicità” espositiva non si accordava con le mie idee da neofita un po’ fanatico. Poi, negli anni successivi, ho cambiato atteggiamento.
La presenza anarchica era piuttosto modesta, allora, rappresentata da personaggi con un passato militante degno e anche storicamente importante, ma ormai comprensibilmente poco attivi nella diffusione dell’idea. C’era Ilario Margarita, testimone vivente della rivoluzione spagnola del ’36. C’era Gaspare Mancuso, che aveva continuato in Italia la lotta antifranchista in Spagna. E c’era un gruppo di compagni anziani (residuo del nucleo “storico” dell’anarchismo torinese del dopoguerra) che nel ’66 avevano aperto una nuova sede in Via Arsenale, più che decorosa ma poco utilizzata.
Con questi compagni Luigi aveva un rapporto (reciproco) di scarsa sintonia, in parte perché si trovava a disagio nei conflitti ideologici che avevano agitato l’anarchismo del dopoguerra e sopravvivevano tra i vecchi anarchici torinesi, ma soprattutto perché (a quanto potevo vedere) sentiva il bisogno di un impegno propagandistico che, invece di perdere tempo nelle diatribe interne, si desse da fare per testimoniare al mondo esterno le caratteristiche dell’anarchismo.
Questa era la sua concezione della militanza, forse un po’ ingenua ma perseguita con convinzione imperterrita allora, quando l’ho conosciuto, e in seguito, per tutta la sua vita, con il supporto costante della compagna Adele Gaviglio, essa stessa una figura esemplare di quell’ambiente, anche lei, come Luigi, di estrazione proletaria e autodidatta: poca “ideologia” e molta passione. (Adele meriterebbe una citazione biografica a parte, per la sua storia personale di ex-mondina vercellese poi emigrata a Torino, oltre che per il carattere a dir poco burbero di “donna del popolo” e l’altrettanto burbero affetto on cui difendeva il “suo Luigino” dalle critiche ingenerose).
In seguito, già prima del mitico ’68, la presenza anarchica a Torino si è andata arricchendo per l’ingresso di nuova linfa, che all’inizio era rappresentata soltanto da Gerardo Lattarulo, al momento unico “giovane” disponibile sulla scena (col quale il sottoscritto ha stipulato un sodalizio non solo ideologico ma di grande e imperitura amicizia). Poi, pian piano, sono arrivati altri compagni, tutti desiderosi di darsi da fare, e ciò ha portato alla formazione di gruppi d’intervento innegabilmente più attivi di quello dei “vecchi” (come con anagrafica sufficienza li definivamo). E Luigi Assandri è uscito progressivamente dal suo isolamento e ha preso a frequentare le riunioni e le iniziative dei nuovi compagni, partecipando ai cortei e alle manifestazioni con i suoi slogan personali (“guelfo o ghibellino, il potere è sempre assassino” e altri simili). Pur senza aderire formalmente a questo o quel gruppo, è stato direi quotidianamente presente (sempre con la compagnia di Adele) non solo nelle discussioni e nei momenti organizzativi locali, ma anche nei contatti che si tenevano con i militanti di altre città e fuori dell’Italia, soprattutto in Francia.
Con Luigi tutti noi “giovani” abbiamo così sviluppato un rapporto ben al di là della semplice consuetudine, anche perché il suo contributo non era solo di presenza, ma pratico. Si era dotato di un’attrezzatura completa per ciclostilare, messa a disposizione dei compagni per la produzione di volantini e manifesti (il che ci portava frequentare continuamente la sua casa) e che con gran lena utilizzava per riprodurre testi o parti di testi anarchici, classici o meno, da offrire in giro per l’educazione libertaria di curiosi e simpatizzanti. Queste “edizioni Assandri” (una bella massa di materiale, va detto) sono state l’altra faccia dell’attività di Luigi, svolta in parallelo a quella di collaborazione con i gruppi, proseguimento evoluto della sua tendenza a fare propaganda per conto proprio (anch’esso meritevole, se possibile, della considerazione di una trattazione ad hoc).
Quanto è andato avanti, tutto ciò? Ben oltre gli anni Novanta, direi, a lungo, comunque, fino alla morte di Luigi. (Roberto Ambrosoli)

Se vuoi approfondire:

 

Questa voce è stata pubblicata in Nautilus e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.