Theodore John Kaczynski

Theodore John Kaczynski nasce a Chicago il 22 maggio del 1942. Figlio di due immigrati polacchi dimostra fin da piccolo doti di intelligenza non comuni soprattutto in matematica. Termina infatti il liceo con due anni di anticipo e si iscrive ad Harvard. In questo periodo si concentra sullo studio della matematica ma frequenta anche altri corsi fra cui uno dedicato ai disturbi della personalità. La sua tesi di laurea attira l’attenzione di alcuni accademici: si tratta di un’analisi della teoria della funzione complessa che gli permette di accedere alla carriera universitaria. La sua tesi di dottorato viene giudicata dal professor Maxwell Reade con le seguenti parole: «Credo che forse 10 o 12 persone nel paese la capissero e la potessero apprezzare». Il professor George Piranian dirà, riferendosi alle capacità di Kaczynski: «Non è abbastanza dire che fosse intelligente» Dopo il dottorato insegna alla National Science Foundation e successivamente alla University of California a Berkeley, fino al 1969 quando, senza motivo apparente, si licenzia. Decide quindi di tornare nella casa dei genitori ma poco dopo disilluso dal mondo che lo circondava, cercò di acquistare terreni nel deserto canadese, ma nel 1971 si stabilì per un appezzamento di 1,4 acri vicino alla casa di suo fratello nel Montana, dove decide di arrangiarsi con poco, non lavorando e vivendo di caccia. Per i successivi 25 anni, Kaczynski visse da eremita, occasionalmente facendo lavori strani e viaggiando. Ha sviluppato una filosofia di ambientalismo radicale e opposizione militante alla tecnologia moderna e ha cercato di ottenere saggi accademici sugli argomenti pubblicati.
Theodore Kaczynski ha sviluppato sin da giovane un atteggiamento negativo nei confronti del sistema tecno-industriale. Fu nel 1962, nel corso del suo ultimo anno ad Harvard, che cominciò a provare un senso di disillusione verso il sistema. E afferma che si senti completamente solo. «Prima degli anni ’60 c’erano stati alcuni critici della tecnologia, ma per quanto ne sapevo non c’era gente che fosse completamente e totalmente contro il sistema tecnologico. Fu nel 1971 o nel 1972, poco dopo che mi ero trasferito in Montana, che lessi il libro di Jaques Ellul,  The Technological Society. E un capolavoro. Fui molto entusiasta quando lo lessi. Pensai: guarda un po’, questo tipo scrive cose che io desideravo dire da sempre». Perché — gli ho chiesto — sei giunto ad essere un oppositore totale della tecnologia? La sua risposta immediata è stata la seguente: «Secondo te perché? La tecnologia riduce le persone a essere nient’altro che un ingranaggio di una macchina, essa ci sottrae la nostra autonomia e la nostra libertà». Ma c’era ovviamente molto di più. Assieme alla rabbia che egli provava nei confronti della macchina, le sue parole rivelavano un chiaro amore per un luogo molto speciale nelle terre selvagge del Montana. Diventava sempre più animato, parlava sempre più appassionatamente, man mano che mi raccontava la vita che si era creato in montagna e che aveva cercato di difendere dall’invasione del sistema. «La verità è che non sono realmente orientato politicamente. Io volevo solamente vivere nei boschi. Se nessuno avesse iniziato a costruire strade laggiù, se nessuno avesse cominciato ad abbattere gli alberi e non avessero iniziato a ronzare attorno con elicotteri e gatti delle nevi, io starei ancora vivendo là e il resto del mondo, per me, poteva benissimo continuare a farsi gli affari suoi”.
(Prima intervista dal carcere a cura di Theresa Kintz, Nautilus 2006)

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