Che cos’è un’occasione spirituale? Jackson Pollock che con spirali di pittura oscillanti crea lo schizzo di un’immagine in cui compaiono il viso e gli occhi di una donna perfetta? No, non solo Pollock ma l’intera galassia a spirale degli espressionisti astratti è un’occasione spirituale. Rothko, con i suoi vibranti e mistici campi di rosso, arancione e blu; Clyfford Still che crea guerre erotiche di forze, simili a Blake, inerenti alla materia stessa; Franz Kline che intaglia calligrammi per vecchi sentimenti rinati nel grattacielo e sui muri del palazzo. Quel grande momento nella storia dell’arte è stato un’occasione spirituale che ha dato profondità alla coscienza. Ha mostrato nuove combinazioni di sensazioni ai sensi che erano stanchi delle vecchie rappresentazioni come del più recente modernismo. Quei pittori erano eroi di una battaglia di liberazione. Hanno dimostrato di poter ritrarre il loro spirito e i movimenti da mammiferi dei loro corpi nel dolore e nella gioia e nella vernice della coscienza che da loro sgorgava.
Le nostre vite sembrano un filo su cui stringiamo nascite e morti e matrimoni e atti sessuali e feste e tutte le occasioni spirituali. Le nostre vite sono collane di perle che guardiamo e sentiamo con le dita dell’esperienza e del ricordo. Siamo affamati di esperienza.
Stimolati dal rock and roll, dalla poesia dei Beat e da una mutata esperienza della Natura (sentita direttamente con gli occhi e le piante dei piedi) e attraverso nuove droghe, è stata creata una grande fame fra i giovani americani. Per appagarla hanno creato la loro occasione spirituale.
Non era necessario per loro avere un pennello in mano e lasciare un artefatto in forma di dipinto o di scultura. L’evento stesso divenne sia un organismo sia un artefatto ed ebbe vita breve – ma con le droghe non c’era tempo, e vivere una qualunque vita, breve o lunga, significava esistere per sempre in un lasso di tempo intatto. Le sale da ballo Fillmore e Avalon erano organismi in continua rinascita. Ogni notte una nuova creatura veniva alla luce. Ne facevamo tutti parte – i nostri vestiti da Billy the Kid, Jean Harlow e San Francesco e Pied Piper e Tom O’ Bedlam e Buddha e Daniel Boone e Robin Hood e il Motocliclista Fuorilegge erano tutte increspature nell’organismo dell’evento, così come le espressioni che avremmo desiderato ma temuto di fare. I costumi non erano maschere ma espressioni – come lo erano il pestone o il leggero tocco del piede nella danza – oppure l’urlo o il gemito di gioia. Stava nascendo una nuova tribù. Chiunque poteva deriderla – poteva dire che non sarebbe durata a lungo, ma chi credeva nella Tribù sapeva in qualche luogo segreto della propria coscienza che non importava se fosse durata o meno; un’occasione spirituale ha una serie di leggi diverse da quelle che prolungano la vita della società unidimensionale di automobili in offerta, fabbriche, proprietà immobiliari, assicurazioni sulla vita e basi di stoccaggio per bombe e napalm adoperati per uccidere asiatici nei villaggi di pescatori.
L’esuberanza e l’eccitazione intellettuale e spirituale hanno fatto venire alla luce le strutture dell’amore. Associazioni sempre più complicate di eventi e persone e organizzazioni della materia si fondevano assieme. C’erano balli sempre più grandi, sempre maggiori stringersi di mani che arrivavano sempre più lontano, finché infine fu necessario uno Human Be-In per esprimere la complicazione dei sentimenti. Le complesse disposizioni di sensazioni che crearono nuove esperienze e una nuova fiducia nel corpo stesso ne furono la base. Quelle parti ed espressioni del corpo che in precedenza erano state mantenute segrete erano lì, in pubblico – la voce naturale, i genitali e le reali aspirazioni create dalla consapevolezza della carne, come la Speranza. Anche la speranza era lì, come il desiderio di definire l’Amore. L’Amore era un’astrazione per i Ricercatori. Il Be-In è stata un’occasione spirituale, culmine di precedenti innumerevoli eventi, balli, pensieri, respiri, atti d’amore, illuminazioni. Il Be-In era un bocciolo. Era un fiore. Era fuori alle intemperie. Non aveva tutti i suoi petali. C’erano vermi nella rosa. Era perfetto nelle sue imperfezioni. Era quello che era – e non c’era mai stato niente di simile prima.
Prefazione al libro di Gene Anthony, The Summer Of Love. Haight-Ashbury At Its Highest, Last Gasp Of San Francisco, 1980.
Michael McClure, poeta di San Francisco, attivo fin dagli anni ’50 nella scena beat, fondamentale negli anni degli hippies, amico di Janis Joplin (per cui scrisse Mercedes Benz) e dei Doors, soprattutto del tastierista Ray Manzarek con cui collabora tutt’oggi. Ha pubblicato svariate raccolte di poesie ed è autore della controversa opera teatrale The Beard (La barba, tradotta in italiano dalla rivista Sipario, n° 296, 1970) sequestrata e processata nel 1966 per oscenità, dato che si conclude con la simulazione di un cunnilingus tra i due personaggi in scena, Billy the Kid e Jean Harlow.
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