Il ritorno al selvaggio

cambiamentoPer la maggioranza degli anarchici ecologisti, anticivilizzazione e primitivisti, il ritorno e il ricongiungimento alla terra è un progetto di vita. Non si limita all’elaborazione intellettuale o alla pratica di tecniche primitive, ma si propone di raggiungere una profonda comprensione dei modi pervasivi in cui veniamo addomesticati, divisi e separati da noi stessi, dagli altri e dal mondo, e di compiere l’enorme impresa quotidiana di tornare integri. Il ritorno al selvaggio ha una componente fisica che comprende la riappropriazione di tecniche e lo sviluppo di metodi di coesistenza sostenibili, tra cui il modo in cui alimentarsi, trovare riparo e guarire con le piante, gli animali e le sostanze naturalmente presenti nelle nostre bioregioni. Comporta inoltre lo smantellamento delle manifestazioni fisiche, dell’apparato e delle infrastrutture della civiltà. Il ritorno al selvaggio ha anche una componente emotiva, che significa guarire noi stessi e gli altri dalle profonde ferite che ci affliggono da 10.000 anni, imparare a vivere insieme in comunità non gerarchiche e non repressive e debellare la mentalità addomesticante nei nostri modelli sociali. Il ritorno al selvaggio significa dare priorità all’esperienza diretta e alla passione rispetto alla mediazione e all’alienazione, ripensare ogni dinamica e ogni aspetto della nostra realtà, entrare in contatto con la nostra furia selvaggia per difendere le nostre vite e lottare per un’esistenza liberata, riponendo maggior fiducia nel nostro intuito e restando in contatto diretto con i nostri istinti, ristabilendo l’equilibrio di fatto distrutto dopo migliaia di anni di controllo e addomesticamento patriarcale. Il ritorno al selvaggio è il processo attraverso il quale si diventa incivili.

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greenan

 

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