Nel 1971 dalla California partono su una Chevrolet Raoul Duke, giornalista, e il suo avvocato obeso, dr.Gonzo. La direzione è Las Vegas, dove Duke deve realizzare un servizio sulla leggendaria corsa di moto Mint 400. In macchina si portano una scorta illimitata di mescalina, erba, allucinogeni e droghe di varia qualità, di cui fanno abbondante uso. Attraversano il deserto del Nevada e visioni terribili li accompagnano: l’attacco di uno stormo di pipistrelli, gruppi di lucertoloni che organizzano festini in albergo, il pavimento che si squaglia sotto i piedi. Fanno poi strani (tragici e divertenti) incontri: un poliziotto tanto severo quanto solo, che insidia Duke; una giornalista televisiva che si serve della follia amorosa di Gonzo; una ragazzina maniaca mistica che si è sistemata nella loro stanza e potrebbe portare a qualche guaio con la giustizia. Tra un incontro e l’altro, Duke e Gonzo continuano ad ingerire droghe, e vomitano e vedono liquami in ogni angolo. Talvolta Duke si mette alla macchina da scrivere e butta giù riflessioni sulla situazione, di loro in particolare e dell’America in generale. Quindi Duke decide di cambiare macchina, e percepisce che un cambiamento è ormai impossibile. I due allora separano i propri destini.
Il film è tratto dal romanzo Paura e disgusto da Las Vegas di Hunter S. Thompson, sceneggiato da Gilliam con Tony Grisoni, Tod Davies, Alex Co e diretto da Terry Gilliam.
Le deliranti ma, al tempo stesso, lucidissime pagine scritte da Thompson trovano una perfetta rappresentazione cinematografica nella sfrenata visionarietà del grande cineasta britannico, il quale mette in scena gli incubi e le allucinazioni dei protagonisti scatenando il proprio talento creativo, ma senza sottrarre né aggiungere nulla agli eventi narrati nel romanzo, di cui sono riportati, parola per parola, anche molti dialoghi. Terry Gilliam realizza un gigantesco, e a tratti disturbante, trip psichedelico, in cui la città del gioco, con i suoi colori scintillanti e le sue attrazioni dal gusto terribilmente kitsch, fa da teatro a momenti di grottesca spensieratezza che si alternano ad altri decisamente più crudi e realistici.
Il film parla del Sogno americano e la distruzione dello stesso, un trionfo di luci, suoni, colori che si sprecano per riempire quel gigantesco Nulla su cui si regge Las Vegas.
Il film parla di droga e ci spiega come la droga, negli anni 70, si affiancò ad una generazione con un’apertura mentale di quelle che non si vedevano da secoli. Ci fu un’apertura mentale, che consentì di cambiare il mondo. E la droga se non ne era parte integrante, comunque ne era stimolo e aiuto. Poi quella nuova idea di società si perse per strada, ed ora che è rimasta la vecchia società, coi suoi deliri e le sue paure, la droga non ha potuto far a meno di adeguarsi. Ora la droga non aiuta più l’apertura mentale, ora la droga è parte del sistema. Lo sballo è istituzionalizzato, fa parte del meccanismo.
E da qui il senso del film: i meccanismi della droga sono gli stessi della società. Il delirio e la paura sono meccanismi tipici del trip acido. Il Delirio, la felicità smodata, insensata, ogni percezione è al massimo. C’è nella droga come nella società, ad esempio la felicità di una nuova macchina, o un passaggio di grado nel lavoro. E la Paura, anche c’è sia nella società, che nella droga. Lo stato acido va controllato, se si esagera la paura non la si può più controllare. Questa paura diventa incontrollabile, come è incontrollabile il sentore di non farcela, di impotenza davanti alle difficoltà della vita comune.