Chi soggiorna a lungo,in un paese di civiltà non cristiana si rende conto di quanto il cristianesimo abbia influito sulpensiero dell’uomo occidentale, sui suoi punti di vista, sulla sua mistica, sui suoi umori (anche se è ateo, e se si proclama anticristiano). Il nostro sangue è imbevuto di cristianesimo.
Non si tratta, come generalmente si crede, di una questione di fede, o di accettazione dei dogmi, ma di una scala di valori, di un atteggiamento mentale, di un condizionamento del pensiero di cui non siamo coscienti, ma la cui esistenza è indubbia. Profondamente, inseparabilmente legata al cristianesimo, la nostra cultura è anche legata a un regime sociale che nasce dal dominio di una casta. E questa casta è il frutto secolare del cristianesimo. Le nazioni che volessero sbarazzarsi di questo dominio dovrebbero eliminare non soltanto il cristianesimo, ma anche la nostra cultura e tutti gli elementi che la compongono. Se conservano uno qualsiasi degli elementi che fanno parte della nostra cultura, esso diventerà il verme nel frutto, e prima o poi farà ritornare quel regime che si è tentato di abolire. È molto più pericoloso lasciare intatto un museo che una chiesa. Un tempo erano i gesuiti che aprivano la strada alle navi da guerra, ai negrieri e alle banche, ora sono gli organizzatori delle esposizioni d’arte che hanno questo compito. D’altronde, essendo la nostra cultura intimamente legata al nostro regime sociale, il pensiero dei nostri intellettuali è influenzato da tutti i miti sui quali il regime sociale si fonda. Questo vale anche per gli intellettuali che pretendono di non esserne complici. Il condizionamento funziona nei riguardi degli intellettuali chesicredono rivoluzionari come il cristianesimo influenza gli atei, senza che né l’uno né l’altro ne siano coscienti. (Jean Dubuffet, L’asfissiante cultura 1968)