La prima volta che ho sentito parlare di Mesrine è stato nel 1979; in via Sacchi, vicino alla stazione torinese di Porta Nuova, un giornalaio esponeva un affiche del periodico francese Paris Match; la locandina segnalava un articolo su Jacques Mesrine, il “pericolo pubblico numero uno” che, recentemente evaso da un carcere speciale francese, conduceva una battaglia pubblica per la chiusura delle stesse carceri speciali e aveva appena sequestrato e “gambizzato” un giornalista di un quotidiano francese di estrema destra.
Poco dopo Mesrine cadde in un agguato e venne trucidato alla Porta di Clignancourt: l’autovettura sulla quale viaggiava, con la sua compagna, a un semaforo venne affiancata da un camion, il telone che lo ricopriva fu alzato e una decina di “teste di cuoio” aprì il fuoco ovviamente senza intimare alcuna resa … Mesrine venne crivellato da una ventina di pallottole e probabilmente un colpo alla nuca ne assicurò la morte certa e la sua ignara compagna (disarmata, al massimo una favoreggiatrice!) si buscò anche lei una mezza dozzina di pallottole … uscì dall’agguato rimettendoci solo un occhio e mezzo polmone.
“Sappiamo tutti senza eccezioni di essere condannati a morire dal momento della nostra nascita. La nostra prima condanna è essere condannati a morire (è fondamentale quello che sto dicendo). Non trovo sia più scemo morire per una pallottola che morire al volante di un’auto, o lavorando in fabbrica per un salario minimo. Il mio mestiere è il banditismo. Un certo tipo di banditismo che non consiste nell’attaccare i vecchietti ma le banche e alcune aziende. Non mi voglio giustificare, ma sono sicuro che quando porto via il denaro delle banche non è quello della gente che ce lo ha portato … non faccio altro che prendere l’interesse che le banche prelevano sull’operaio. Se porto via 20 milioni ad una banca non è una tragedia … lo ripeto, il mio mestiere è il furto. Perciò morire o correre il rischio di morire quando si vive nella violenza … Mi piace la vita. Le mie azioni lo dimostrano. E poi confesso una cosa. Sono gravemente malato di cuore. Può verificarlo chiedendo alla Santé. Ho sempre viaggiato con una pressione di 120/220, 130/200. Perciò avrei potuto tranquillamente morire in cella per un’emorragia cerebrale o un attacco di cuore … non sto per dire che morire con un’arma in pugno sia una morte da uomo. No. La morte da uomo non esiste. Esiste la morte e basta.” (Jacques Mesrine)
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