Il TAV in Cina

Quello che voleva essere il fiore all’occhiello della tecnologia cinese, il treno ad alta velocità, sta accumulando una serie di critiche e dubbi che ne stanno offuscando l’immagine all’interno della Cina, dove le proteste si stanno facendo sentire in modo sempre più forte e la rendono poco appetibile per tutti quegli Stati (Inghilterra e Stati Uniti compresi) che guardano da quella parte per l’acquisto – chiavi in mano – della tecnologia ad alta velocità. La Cina possiede già 13000 chilometri di binari adatti ai treni superveloci, ma per queste linee l’unica cosa che sembra funzionare è la corruzione. Mediamente i prezzi sono lievitati del 20% per oliare i meccanismi burocratici e tacitare le critiche. Un esempio? Le spese per i bagni dei treni superveloci.
 Secondo i documenti ottenuti da una rivista cinese – Century Weekly -, i servizi igienici pubblici installati nella carrozze dei treni ad alta velocità delle Ferrovie del Sud sarebbero dovute costare “solo” 30 mila euro. Le bustarelle hanno fatto lievitare la cifra fino a 143 mila euro. I rubinetti dai sensori automatici sono stati pagati più di 8 mila euro invece dei “normali” 3,5 mila euro. Gli oppositori alla Tav denunciano quaranta morti in un incidente, ponti crollati, sistemi di sicurezza discutibili, oltre a prezzi sproporzionati rispetto alla qualità dei materiali. Le ditte costruttrici non pagano i lavoratori e il proverbiale cinismo dei burocrati di Pechino comincia ad essere denunciato piuttosto pesantemente perfino dai giornali filogovernativi, frenando l’espansione di questo business che vorrebbe porsi come concorrente credibile di quello francese, tedesco e giapponese.

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