Quello che si intende per sperimentazione concreta di libertà

Quello che si intende per  sperimentazione concreta di libertà e di comunità è tutto dentro la dinamica dell’opposizione ostinata all’esistente societario. La libertà, infatti, può essere sperimentata solo attraverso le forme di negazione materiale dell’illibertà sociale o comunque introiettata individualmente; la comunità reale può essere pre-vissuta come comunità di intenti, di tensioni, di agire. Ciò non è permesso. Per questo la trasgressione assume valenza positiva, seppur degna di smitizzazione e soprattutto di non fissazione. La trasgressione in sé non porta valori comunque umani, ma ne nega altri codificati; se essa, però, si trasforma in riaffermazione differente di ciò che prima ha rifiutato non è altro che forma recuperata, produttiva di comportamento sociale controllabile. La trasgressione cui noi ci riferiamo è quella che contiene tanto la negazione del presente quanto l’allusione al futuro. Non ci interessano certo i ladri che si fanno banchieri né i banchieri che diventano ladri! La trasgressività è quanto, pur prodotto dalla società, tende ad affermare caratteri diversi, antagonici, di comunità. Quando si contrappone il concetto di comunità reale a quello di società – come che si sia storicamente manifestata – non è certo per riprodurre una sorta di guerra di tutti contro tutti, l’homo homini lupus di lontana memoria, né tanto meno per ricordare nostalgicamente le società-comunità primitive (poiché allora effettivamente i due termini si confondevano tra di loro). L’appartenenza reciproca, il riconoscimento delle differenze e la loro corretta valutazione, il superamento di appiattimenti egualitarizzanti, la riscoperta dell’originalità singola e collettiva contro il processo di identificazione: ecco i caratteri dell’essere-vivere comunità, ecco quanto è stato sottomesso e soggiogato dalla forma-società. Riccardo D’Este. 1983

Questa voce è stata pubblicata in Critica Radicale e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.