Le Teiere Volanti

Gong Flying Teapot1963 Parigi – Mentre scomparivano le ultime ombre dei blouson noir e facevano capolino i primi spettri di beat, Daevid Allen conosceva Terry Riley nutrendosi per la prima volta delle dolci erbe della sperimentazione.
1964 Canterbury – Con Hopper crea il Daevid Allen Quartet; quindi con l’aggiunta di Wyatt, il mosaico musicale chiamato Mister Head.
1966 Londra – Daevid Allen brucia dischi e fotocolors a Piccadilly Circus sancendo il trionfo della Vera Arte Depravata sugli orpelli del consumo.
1966 Agosto, St. Tropez – Un be-in sull’Arte Intossicata con i Pink Floyd strafatti di acido.
1967 Canterbury – Robert Wyatt, Kevin Ayres, Mike Ratledge con Daevid Allen danno vita ai Soft Machine, strana marmellata di cose buone. Allen è un personaggio scomodo. La Regina Elisabetta non gli rinnova il permesso di soggiorno in Inghilterra: si rifugia a Parigi.
1967-69 Parigi – rivoluzione, barricate, anarchia, amore: Gilli Smith pazza e geniale che gli sarà vicina nei lucidi deliri a venire. Gong nasce da questo esilio, dalla meditazione dolce e cattiva. La scelta è la libertà assoluta, la corsa a piedi nudi sul campo minato dell’invenzione. La Gong band ci insegna a giocare la nostra vita quotidiana, comporre i pensieri – dirlo – farlo – soffiarlo – cavalcarlo – scivolarci – glissarlo col vento improvviso e volare/alzarsi/flippare via e ballare.
1969 novembre – Il nome Gong spunterà di li a poco nell’album “Magic brother/Mystic sister” seguito a ruota dal mitico “Banana moon”. Alla corte di Allen musicisti stregoni come Wyatt, Pip Pyle, Maggie Smith, Gary Wright.
1971 –“ Camambert Electrique”: la voglia dissonante di strisciare sotto le vesti della realtà, la fantasia beffarda in grado di scuotere alle fondamenta le risoluzioni stilistiche accettabili, nasce l’idea di Radio Gnomo, l’emittente fantasma che parla alle nostre menti dallo spazio inaccessibile.
1973-75 – “The Flying teapot, Angel’s egg e You” compongono la trilogia di Radio Gnome invisible. Con un suono nuovo, singolare mistura di jazz, rock ed elettronica, si racconta la storia di Zero the Ero e del pianeta Gong. Zero è un qualsiasi fricchettone che dopo un tè ben carico fatto con le foglie giuste, si abbandona ai suoi sogni, fino ad arrivare con la mente sul pianeta Gong, imprecisato corpo astrale popolato da simpaticissimi Pot Heads Pixies che girano per lo spazio a bordo di teiere volanti e che mantengono i contatti per mezzo dell’unica radio “veramente libera”, quella dello Gnomo invisibile, senza modulazioni di frequenza ma percepibile a chiunque voglia sintonizzarsi con tutto quello che sia “altro” rispetto ad una vita insulsa e priva di sorprese.
La musica dei Gong è un inno alla libertà, all’anarchia flottante, il contributo di un gruppo a vedere il mondo oltre alle apparenze e alle mistificazioni, un urlo di gioia, di conquista, di vittoria contro gli spiriti impuri (superstars, produttori, discografici etc.) che da sempre popolano il corpo della musica. Daevid Allen continua a cantare la sua vita, le sue corse sfrenate in braccio alla fantasia sono un invito alla consapevolezza e alla verità, un contributo a quella rivoluzione fondamentale che vuol dire menti libere e canini affilati e dunque “tutto il potere all’immaginazione / a nessuno”. (Tratto da IF numero 7 febbraio 1985)

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Bastard* dentro

Con la convinzione diffusa che ogni tortura imposta a un detenuto è giustificabile dal “fatto” che è un criminale e un elemento indesiderabile dalla specie umana, il governo canadese ha pienamente integrato i reparti maschili con guardie e impiegate donne – spingendo a livelli ancor più alti l’umiliazione, la degradazione, la tortura su questi uomini. Già ad oggi centinaia di detenuti sono stati costretti illegalmente a subire perquisizioni nudi in presenza di guardie donne e molti che si sono rifiutati hanno visto i propri abiti strappati via a forza in presenza di giovani guardie donne con cui dovranno convivere forzatamente per anni. I pochi che sono riusciti a far perseguire le guardie dalla Corte Federale hanno ottenuto solamente un rimprovero formale; nel frattempo queste pratiche continuano ovunque, soprattutto nelle strutture a custodia attenuata. In molte carceri, i detenuti uomini sono costretti a subire ispezioni mediche ed esami in presenza di guardie donne, mentre le carcerate donne sono specificatamente protette dalla presenza di personale maschile nei loro reparti. Nelle carceri maschili, i detenuti che hanno cercato di suicidarsi vengono gettati nudi in celle spoglie, senza nessun abito o lenzuolo per coprirsi, solo con un buco al centro del pavimento per defecare e vengono continuamente sorvegliati da guardie donne attraverso una televisione a circuito chiuso e attraverso lo spioncino nella porta della cella; inoltre, i detenuti ordinari vengono spesso gettati nudi in queste celle come punizione per offese dirette alle guardie. I detenuti, sessualmente deprivati, sono costretti a essere perquisiti completamente nudi, ogni giorno, da guardie donne; dalle stesse guardie sono spiati nelle loro celle sia che stiano defecando, sia che si stiano masturbando, sia che si stiano lavando. In molte carceri, i detenuti maschi sono costretti a farsi la doccia in piena vista delle guardie donne, ancor più nelle aree di isolamento punitivo e nei penitenziari che sono considerati più umani e a sorveglianza attenuata. Molti vivono con la paura quotidiana di essere violentemente umiliati.
Questo controllo da parte di personale dell’altro sesso ha dato vita nei detenuti maschi a un irrefrenabile impulso alla violenza sulle donne e a un modo di pensare “orientato allo stupro”. Ha dato vita a mutamenti nei comportamenti sessuali e psico-sessuali dei detenuti, fino a innumerevoli casi di esibizionismo e voyeurismo, poiché la mente umana ha la tendenza a trasformare in “piacere” dolori e sofferenze che siano insopportabili. Innumerevoli frustrazioni e umiliazioni sessuali si aggiungono al già insopportabile giogo che i detenuti devono sopportare, specialmente a causa della presenza di guardie donne. Journal of Prisoners on Prisons – Canada

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Abolire le prigioni

Il regno odioso delle prigioni non finirà senza che ciascuno impari a non imprigionarsi più in un comportamento economizzato dai riflessi del profitto e dello scambio. Meno l’animalità si ingabbierà nella rigidità del carattere, arrabbiandosi per frustrazioni perpetue, più aprirà le porte del godimento a progressivi affinamenti, e più apparirà a tutti l’orrore di rinchiudere in cella dei condannati che vi languiscono non per i loro misfatti, ma perché esorcizzano i demoni che le persone oneste imprigionano in loro. I progressi che l’umanesimo auspica fanno rabbrividire. Se le prigioni spariranno senza che il godimento sia restaurato nei suoi diritti, esse cederanno soltanto il posto ad istituzioni psichiatriche ariose, in accordo con le terapie che anestetizzano nei condannati al lavoro quotidiano la violenza delle frustrazioni.

Non è forse giunto il tempo di stabilirsi talmente nell’amore di sé che, arrivando ad adeguarsi dal fondo del cuore molta felicità, ci si affezioni agli altri per la felicità stessa che tocca loro in sorte, amandoli per il favore di amare che dispensano a se stessi? Non sopporto di essere abbordato per il ruolo, la funzione, il carattere, l’istantanea che mi fissa e mi imprigiona in ciò che non sono. Quale incontro sperare in un luogo in cui l’obbligo di essere in rappresentazione impedisce sempre che io esista? Mi importa soltanto la presenza del vivente, in cui convergono tutte le libertà che nessun giudizio ha il potere di arrestare. Raoul Vaneigem

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I gruppi d’azione rivoluzionaria decapitano San Luigi

LA STAMPA Parigi, 16 gennaio 1975. L’attentato di ieri nei locali della Corte di Cassazione (la statua di San Luigi, simbolo della «giustizia di Stato», decapitata da una bomba) porta l’inconfondibile impronta dell’anarchismo internazionale. Non ha quindi sorpreso nessuno l’autoaccusa del «Gruppo autonomo libertario degli utenti del tribunale», né la precisazione che il gesto andava interpretato come un’azione di sostegno per i militanti dei «Gari» (Gruppi d’azione rivoluzionaria internazionalista) attualmente in carcere a Parigi e in provincia. Come tutti gli attentati commessi dai terroristi dei «Gari», che sempre agiscono attraverso «Gruppi autonomi libertari», anche quello di ieri era stato preceduto da una segnalazione: finora questi anarco-sindacalisti, formatisi nella lotta clandestina contro il regime franchista, hanno sempre evitato di far scorrere il sangue. La loro attività in Francia, tuttavìa, non per questo preoccupa meno le autorità parigine. I «Gari» hanno già firmato una lunga serie di attentati, prendendo di mira di volta in volta il Tour de France, le corriere dei pellegrini spagnoli a Lourdes, il Parco dei Principi in occasione di un incontro di rugby che vedeva in campo una squadra sudafricana, un centro «parallelo» di smistamento della posta istituito durante il recente sciopero. Ieri sono arrivati a colpire la sede della giustizia francese, che si appresta a giudicare alcuni di loro come criminali di diritto comune. E’ proprio questo il movente dichiarato dell’azione contro il povero San Luigi. Ci sono, nel carcere parigino della Sante, sette militanti dei «Gari», altri attendono il giudizio in numerose prigioni di Francia. Furono arrestati all’inizio dell’estate scorsa, poco dopo la liberazione del banchiere spagnolo Balthazar Suarez, che i «Gari» avevano rapito a Parigi e tenuto prigioniero per tre settimane. Ci furono retate, soprattutto, fra le comunità basche e spagnole del Midi, e una dozzina di giovani finì in carcere. Come ogni militante che si rispetti, anche questi anarcosindacalisti invocano il carattere politico della loro azione. La giustizia francese contrappone a questa tesi quella, altrettanto ovvia, che poiché sono ritenuti responsabili di reati di diritto comune, non gli spetta il regime speciale dei detenuti politici, che prevede la possibilità di riunirsi e di ricevere in carcere visite quotidiane. Il 27 dicembre, per appoggiare la loro richiesta dello statuto di prigionieri politici e del regime speciale, i sette militanti rinchiusi nella Sante hanno cominciato a rifiutare il cibo: e lo sciopero della fame ha già portato sei di loro nell’infermeria del carcere. Ciò che preoccupa maggiormente le autorità di Parigi è il fatto che il quartier generale dei «Gari» si trova in Francia, e che la loro azione, come vuole l’etichetta «internazionalista» e la stessa filosofia anarchica, non conosce frontiere. Si ritiene che non siano molti, meno di una quarantina attualmente in libertà, ma la tecnica delle loro azioni rivela notevole perizia organizzativa. Il loro eroe è il militante anarchico Puig Antich, che subì la pena di morte in Spagna il 7 aprile aell’anno scorso. E’ proprio dal Movimento iberico di liberazione, il gruppo di Antich, che sono sorti i «Gari», la cui finalità è non solo « La lotta contro il regime franchista e i movimenti complici», ma anche, nella più fedele tradizione anarchica, «l’eliminazione di ogni Stato e di ogni potere».

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ENCEFALOGRAMMA

L’angoscia della strada, i gesti abusivi. Le ossa sfinite e morbide. Le donne senza volto, rigide, dai capelli spezzati. Un rottamaio, dove tutto è così, dove ad ogni domanda si prescrive un’iniezione diversa.
Dove ogni gesto personale è fuori luogo.
Non si possono aprire sempre casi diversi. Un terreno dove l’aria si rifiuta di entrare. Silenzio.
Nello specchio tutta la rabbia, le urla, le voci, le parole di questi vuoti a perdere. Morte e distruzione si moltiplicano come la cantilena della buonanotte. Domani sarà uguale, ti ci abituerai.
Il sorriso le si rifletteva sul vetro della scatola che le stavano portando via.
ADEGUARSI. Lei non vedeva persone a cui adeguarsi, ma soprammobili, bambole di pezza, ceramiche e secondini puliti.
È così che si è trovata nel buio della stanza, un calore vaporoso, intorno al letto confusione, scintillante, metallica, meccanica.
Dentro è densa, un freddo contenitore. Malata, immobile, pesante, piombo. Polvere di vetro scivola nelle vene, incapace di parlare o cantare. Il bianco guardiano entra, i polsi le dolgono, è bianco, distaccato e bisognoso. Le dà la medicina della salute, senza sapere e capire che soffriva di un qualcosa di diveso, incomprensibile alla sua maniacale voglia di decodificazione.
Sono condannati ad incontrarsi.
Di suo, non sentiva più nulla, al tatto le sfuggivano i vestiti, le capsule, le ossa, il sangue. La sua personalità che non voleva reprimere e trattenere, era in serio pericolo. Tra quelle mura insonorizzate rischiava di appiattire il suo ENCEFALOGRAMMA.
Qualcosa si frantuma, non si adegua, ha bisogno di un rasoio, non si adegua, è sudata.
Quando si è alzata, ha tagliato i suoi piedi, c’era sangue dappertutto, ma non ha provato niente, aveva bisogno di un rasoio per tagliare l’atmosfera.
Desiderano che si adegui, ma la scatola di vetro è stata rotta.
Tutti kazzi vostri.

(Tratto da: Luna Nera Contro la psichiatria Villa Azzurra Giugno 1992)

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Il miglior attore sei tu

Nella vita quotidiana, come sui palcoscenici più in vista, gli esseri umani si comportano quasi sempre come mistificatori, che gonfiano la loro importanza e pervengono, in questo modo, appunto, a «giocare un ruolo». Il gioco è a volte grossolano, a volte di un’estrema finezza; e d’altronde un tale gioco impegna, compromette; è serio. I ruoli debbono essere conservati sino alla fine; non sono ruoli puri, che l’attore può abbandonare quando ne è stanco o quando avverte di recitare male. Il ruolo prolunga la realtà, ed è pertanto reale; il giuoco esplora il possibile; la commedia non esclude, in astratto, la sincerità; di più, la suppone e le aggiunge anche qualcosa; qualcosa di reale: la coscienza d’una situazione, di un’azione, d’un effetto da ottenere.
E’ precisamente così che la vita quotidiana somiglia a un teatro, e che il teatro può riassumere, condensare, «rappresentare» la vita per degli spettatori reali. Henri Lefebvre

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1962: la rivolta di Piazza Statuto

1962, rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Torino, 5 luglio: gli operai della città della Fiat si preparano allo sciopero di categoria indetto per il 7-8-9 di quel mese da Fiom, Fim, Uil; si prevede una partecipazione alta, soprattutto per l’adesione allo sciopero della Uil che alla Fiat conta sul 63% degli operai iscritti a qualche sindacato. Tra il 5 e il 6 luglio i dirigenti Fiat e quelli della Uil e del Sida (un sindacato giallo) si accordano per un aumento salariale tanto che La Stampa, il quotidiano degli Agnelli-Fiat, il 6 luglio potrà titolare: Uil e Sida si accordano con la Fiat e invitano gli operai a non scioperare. L’indomani mattina lo sciopero è totale. Non solo totale, ma anche duro. I crumiri che vogliono lavorare devono superare minacce, ingiurie e botte. Le macchine dei dirigenti che tentano di entrare vengono prese a sassate. I lavoratori, soprattutto quelli iscritti alla Uil, sono sbigottiti e furiosi per come quattro burocrati sindacali siano riusciti a rendere nulle, per pochi spiccioli, le ben più importanti richieste di diminuzione dei ritmi, orario di lavoro, norme disciplinari. Un tradimento.

Al pomeriggio, verso le 14.30-15, tre, quattrocento operai in gran parte iscritti alla Uil, ma anche a Cisl e Cgil, sono assembrati davanti alla sede della Uil in piazza Statuto: urlano, fischiano. Un centinaio di agenti con le jeep e due autoidranti presidiano la sede del sindacato socialdemocratico. La tensione aumenta rapidamente; in un bar vicino, due sindacalisti Uil, riconosciuti, vengono picchiati; sono messi in salvo a fatica; volano le prime pietre contro le finestre del sindacato. Il numero di dimostranti aumenta, così la tensione e gli scontri. Inizia una vera e propria battaglia che si protrarrà  senza momenti di sosta fino alle 4 di mattina del giorno dopo. Tra le  21,30 e le 23 c’è abbastanza calma e la polizia ne approfitta per far evacuare i dirigenti Uil dalla sede in cui sono asserragliati da ormai otto ore; travestiti da  dimostranti: ognuno su di una camionetta in mezzo a tre poliziotti a forte velocità verso la “centrale”.

La domenica alle 11 piazza Statuto è affollata da centinaia di operai, qualche tensione, ma sostanzialmente la situazione è più calma. Come la notte che scorre tranquilla, con la piazza presidiata da un enorme schieramento di polizia e carabinieri arrivati dal Veneto, dall’Emilia e dalle altre province piemontesi, anche in vista dello sciopero di lunedì.

L’indomani, però, davanti ai cancelli delle fabbriche, di operai ce ne sono ben pochi; solo polizia carabinieri e sindacalisti di professione. Le direzioni di tutte le aziende, sull’esempio della Fiat, hanno invitato i lavoratori a restare a casa. I sindacati non sono stati da meno: Cgil e Cisl hanno sospeso ogni tipo di manifestazione e in particolare la Uil “ha invitato tutti i lavoratori a proseguire lo sciopero restando però a casa e lasciando l’azione di picchettaggio davanti alle fabbriche ai responsabili e agli attivisti sindacali”. Il bilancio complessivo dei tre giorni di scontri, come lo riporta la cronaca, è questo: 1215 fermati, 90 arrestati e rinviati a giudizio per direttissima, un centinaio i denunciati a piede libero; 169 i feriti fra le forze dell’ordine. Per quanto riguarda i dimostranti, La Stampa parla di 9 persone che sono costrette a ricorrere alle cure ospedaliere. Non dice che i feriti per le botte ricevute in fase di fermo, in Questura o nelle caserme, sono centinaia.

Finiva la rivolta di piazza Statuto, ma nulla nel movimento operaio sarà più come prima. La rivolta simultanea contro le dirigenze padronali e sindacali segnerà una svolta nella coscienza di quei giovani operai  immigrati – anima e braccia di quelle giornate – che qualche anno dopo daranno vita, a partire dall’autunno 1969, a una lunga stagione di lotte autorganizzate, autonome, lontane e contrarie alle gerarchie e alle logiche sindacali.

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La rivoluzione (mancata) degli psichedelici

Gli anni ’50 del Ventesimo secolo furono gli anni in cui in Occidente si riscoprirono le sostanze psichedeliche ad opera di un ristretto numero di appassionati, accademici e militari. Gli psichedelici dovettero essere ri-scoperti in quanto la civiltà industriale è una delle pochissime società generalmente ignare delle piante psicotrope e in cui non si osserva alcun utilizzo generale nell’ambito delle guarigioni, iniziazioni, pratiche religiose, eccetera. LSD, mescalina, psylocibe sembravano promettere cambiamenti rivoluzionari in svariati campi dell’indagine scientifica e della medicina, nonché una rivoluzione nel concetto stesso di ricerca scientifica. Premesse che sono praticamente rimaste insoddisfatte, soffocate da una lunga e violenta reazione anti-psichedelica. Questa opposizione, messa inizialmente in atto dal governo statunitense, perpetuò una lunga e cupa tendenza puritana, che condusse il mondo verso la grande follia delle moderne politiche proibizioniste. Lo stesso establishment scientifico sembrò – e sembra – essere contagiato da questa situazione malata: oggi sono rari gli scienziati che hanno la percezione di quanto sia importante e potenzialmente rivoluzionario, da un punto di vista scientifico, lo studio delle sostanze psicotrope. Gli accademici, nella loro quasi totalità, non hanno alcuna consapevolezza del fatto che la riscoperta degli psichedelici è stata una delle più importanti evoluzioni sociali e scientifiche del Ventesimo secolo. Chi esprimesse queste idee si renderebbe imperdonabilmente esposto al ridicolo della grande maggioranza degli scienziati. La censura e ancor più il pregiudizio, l’autocensura, e la carriera in questo campo sono padrone assolute. Non è difficile intuire chi, da questa vera e propria repressione intellettuale, abbia tratto vantaggio.

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Ned Ludd il distruttore di macchine

La distruzione della macchina è un modello di lotta che inizia, in quanto fenomeno rilevante, nel XVII secolo e continua fino al 1830 circa.
Vi erano almeno due generi di distruttori di macchine. Al primo appartenevano coloro che non provavano alcuna ostilità specifica nei confronti di esse, ma divenivano distruttori per esercitare pressioni sugli imprenditori o sui mercati capitalisti. I luddisti del Nottinghamshire, del Leicestershire e del Derbyshire si servivano degli attacchi contro le macchine, vecchie o nuove che fossero, come mezzo per costringere gli imprenditori a fare concessioni salariali o di altro genere. Tale tipo di distruzioni rientrava nella tattica tradizionale e ormai affermata dei conflitti di lavoro del periodo del sistema domestico e manifatturiero e dei primi stadi dello sviluppo industriale e minerario. Gli attacchi non erano diretti esclusivamente contro il macchinario, ma anche contro i beni personali dell’imprenditore. Distruggere era semplicemente una tecnica del sindacalismo nel periodo precedente alla rivoluzione industriale e nel corso delle sue prime fasi.
La tecnica distruttiva aveva anche un altro scopo. Occorre tempo per assimilare il costume della solidarietà, ed in una situazione dove sia gli uomini che le donne erano mal pagati e privi di fondi per gli scioperi, il pericolo del crumiraggio era sempre presente. Distruggere le macchine rappresentava il metodo migliore per vincere questa debolezza.
Al secondo genere di distruttori di macchine appartenevano coloro che intendevano esprimere l’ostilità della classe lavoratrice nei confronti delle nuove macchine introdotte con la rivoluzione industriale, in special modo quelle che facevano risparmiare mano d’opera. Questa pratica non era limitata agli operai ma era condivisa dalla grande massa dei lavoratori.
Distruggere le macchine significava impedire la disoccupazione e mantenere contemporaneamente il tradizionale sistema di vita che comprendeva sia fattori non economici, come la libertà e la dignità personale, sia il salario: l’avvento delle macchine avrebbe mutato i rapporti sociali di produzione.
L’obiettivo dei Luddisti era il controllo del mercato del lavoro e della produzione. In alcuni casi l’ostilità nei confronti della macchina fu chiaramente ostilità nei confronti della macchina nelle mani dei capitalisti.

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Mistica e ubriachezza

Il dominio  dell’ alcool  sull’ umanità è indubbiamente  dovuto  al  suo  potere di  stimolare  le  facoltà   mistiche  insite  nella  natura  umana,  normalmente schiacciate  dai  freddi  fatti  e  dall’ arido  criticismo  dell’ora  sobria. La  sobrietà  diminuisce,  discrimina  e  dice  no.
L’ubriachezza  espande, unisce  e  dice  sì.  E’  di  fatto  il  più  grande  stimolatore  della  funzione del  SI’  nell’uomo.  Porta  il  fedele  dalla  gelida  periferia  delle  cose  al radiante  nucleo.   Lo  rende  per  un  istante  una  cosa  sola  con  la  verità. Non  e’  solo  per  pura  perversità  che  gli  uomini  lo  inseguono.   Per  il  povero e  l’illetterato  l’ alcool  sta  al  posto  dei  concerti  sinfonici  e  della  letteratura  ed  è  parte  del  più  profondo  mistero  e  della  tragedia  della  vita che  soffia  e  balugina  di  qualcosa   che  immediatamente  riconosciamo  come   eccellente    e  che  dovrebbe  essere  concesso  a  così  tanti  di  noi  nelle  prime fasi  di  ciò  che,  nella  sua  totalità,  è  un  veleno   così   degradante.  La  co­scienza  ebbra  e’  una  parte  della  coscienza  mistica,  e  la  nostra  opinione globale  di  ciò  deve  trovare  posto  all’ interno  di  quel  piu’  grande  tutto. William James

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