Dagli archivi di Nautilus: QUI il PDF del libro (esaurito)
Questo libro tratta di “droga”, del Drago, in maniera abbastanza inusuale, almeno secondo i modelli diffusi. Vuol essere essenzialmente una tessera nel mosaico unitario della critica allo spettacolare integrato. In questo caso, scegliendo il “fenomeno droga” come osservatorio privilegiato.
Vi sono state molte esitazioni nel redigerlo sotto questa forma che è, volutamente, sufficientemente teorica ma anche frammentaria, sufficientemente analitica ma anche “di battaglia”, sufficientemente polemica ma anche descrittiva, talora narrativa o poetica.
In realtà, c’era chi stava pensando e lavorando ad un libro sul Drago-droga da tempo. Però in un’ottica diversa e sganciata dalle immediatezze e dalle contingenze, con la pretesa di dire qualcosa di definitorio, se non di definitivo, sul tema. Sul suo carattere di merce per eccellenza, su ciò che ha significato nella gestione degli Stati contemporanei, sui suoi risvolti politici, ideologici, morali e repressivi, sulla sua immensa forza produttiva (di nulla) e riproduttiva (di società spettacolare e di merci).
In tempi recentissimi, è parso più utile sospendere momentaneamente quella ricerca ambiziosa e intervenire immediatamente, coagulando e restringendo le ricerche già compiute, ma valorizzandone le “tesi” fondative. Un testo di battaglia, quindi, ma anche di documentazione, di testimonianza, di analisi. Perché la traccia teorica è rilevabile comunque, e comunque questo libro non vuole inserirsi nelle diatribe da pollaio fra gli ultra e muscolosi repressori e gli anemici difensori delle “libertà” sotto l’egida, comunque, dello Stato.
Però ai nostri lettori si deve dar ragione di questa scelta. Non vi è dubbio che il clima di guerra “a tutto campo” lanciato da Bush e, si parva licet, da Craxi in Italia ha giocato la sua parte; come l’ha giocata la drogata attenzione massmediatica al “problema”, di modo che non v’è speranza che passi giorno senza dover leggere o ascoltare opinioni in merito da parte dei soliti politici ed “esperti”. Sì, tutto ciò ha avuto il suo peso. Ma, onestamente, non sarebbe bastato per far (momentaneamente) interrompere un lavoro di tutt’altro spessore, né per far “scendere in campo” chi scrive, né, soprattutto, per farci intervenire in una “polemica” già di per sé squalificata, rompendo così un nostro gusto per le cose ben fatte, la giusta lentezza e, se si vuole, l’amata pigrizia.
Due sono stati gli elementi decisivi.
Il primo è che non si riusciva, e sino ad ora non si è riusciti, a leggere, ascoltare, vedere alcunché di veramente accettabile, di davvero interessante, di non vieto e ripetitivo nel “dibattito” in corso, fatte salve alcune rarissime ed encomiabili eccezioni. E si dice solo accettabile, non buono od ottimale. Si è giunti così alla conclusione a cui già altri in passato erano giunti: se volevamo leggere qualcosa degno di interesse, capace di stimoli, ebbene: dovevamo scriverlo noi. E’ stata una molla fondamentale.
Il secondo è stato quello della solidarietà reale con tutte le vittime dello spettacolo integrato, dello Stato muscoloso ed etico, noi per primi. Se molte vittime – i più – non hanno voce o non la sanno usare o non sanno di possederla, è compito di chi sa riconoscerla, di alzarla ancora di più. Non per un avanguardismo che presupponga una delega, entrambi ripugnanti, ma come prima e legittima autodifesa. Di sé e, se possibile, di tutti. Tra cui soprattutto i “drogati”, materia prima, forza lavoro, utensili e consumatori in questo enorme mercato che avviene, letteralmente, sulla loro pelle, che scorre, letteralmente, nel loro sangue.
Nel silenzio della schiavitù si ode solo il rumore delle catene, la voce dei delatori e le grida dei moderni aguzzini – per parafrasare Châteaubriand. Prendere parola in difesa della verità, così negletta e maltrattata in quest’epoca di menzogna organizzata e diffusa, ci è parso un compito irrinunciabile, ancorché faticoso. E questa è stata una molla ancor più decisiva.
Il libro non sarà quello che alcuni di noi avrebbero voluto che fosse, nei loro motivati sogni radicali, ma per lo meno sarà, è.
Con l’esplicito impegno a non considerare chiusa la faccenda con questo intervento.
Tutt’altro. Una prima base, nulla più. Di lancio, si spera.
Perché i conti con il Drago, i suoi inventori e i suoi amici siamo ben lontani dall’averli regolati.
Un’ultima avvertenza. In questi testi, non cerchino suggestioni per facili slogan coloro che in passato hanno cercato, e tuttora lo fanno (ridotti, ahiloro, a ciò a cui i fatti li hanno ridotti), di usare la “lotta alla droga” come una “campagna” meramente politica ed ideologica, cadendo nella trappola voluta dal sistema spettacolare e costruendo formule riprovevoli, (tipo “sbirri e tossici fuori dai
coglioni” accomunando carcerieri e carcerati), per accattivarsi le simpatie dell’opinione cosiddetta pubblica e certamente drogata. Questo libro non è solo contro Bush o contro Craxi, ma contro l’insieme della società dello spettacolo, del dominio delle merci, del potere dello Stato.
Ci prendano sul serio, invece, coloro che ci accuseranno di essere degli “irresponsabili
fautori del permissivismo, di tutte le libertà”. Forse lo siamo, ma soprattutto, radicalmente, di una libertà: quella di vivere a gusto.
Riccardo d’Este