Il beat italiano, il bitt per dirla meglio, nasce più o meno il 17 febbraio 1965, il giorno in cui l’avvocato Alberico Crocetta inaugura una sala da ballo in via Tagliamento, a Roma; avrebbe voluto chiamarla Peppermint, alla fine la chiamò Piper Club, anticipando d’istinto il Pied Piper e il Piper At The Gates of Dawn (Pink Floyd) che avrebbero suscitato poi emozioni in tutti gli innamorati della nuova musica. L’importante era un nome inglese, perché l’avvocato voleva trasferirvi un po’ della Swinging London, della moda estrosa di Carnaby Street, di quella musica beat, mod, garage e un po’ di psichedelica colorata alle erbe.
La droga è in effetti una realtà importante presso le nuove generazioni, anche se in quei giorni la stragrande maggioranza dei ragazzi beat si limita ad hashish e marijuana. Gli oppiacei sono poco diffusi mentre c’è molta curiosità per gli allucinogeni, dal peyote all’acido lisergico. Tanto che anche in Italia musica e droghe si mescolano assumendo connotazioni originali.
Nel 1966, Lucio Dalla è tra i primi ad incidere una canzone che parla di LSD, scritta con Sergio Bardotti.
LSD
La realtà scivola, scivola, scivola, scivola via
luci che paiono, paiono, paiono, paiono, nere
cuori che battono, battono, battono, battono, forte
voci che chiamano, chiamano, chiamano, chiamano me
stammi vicino non te ne andar
questo è il momento poi, poi capirai
vedo la notte viene da me
eccola è qui, eccola è qui, eccola è qui
La realtà scivola, scivola, scivola, scivola via
luci che paiono, paiono, paiono, paiono, nere
cuori che battono, battono, battono, battono, forte
voci che chiamano, chiamano, chiamano, chiamano me
stammi vicino non te ne andar
questo è il momento poi, poi capirai
vedo la notte viene da me
eccola è qui, eccola è qui, eccola è qui
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