Horst Fantazzini, giovane operaio alla fine degli anni sessanta mise in pratica le considerazioni di Bertold Brecht “è più criminale fondare una banca che svaligiarla”. Ma, contrariamente alle cronache rosa-nere che lo hanno reso famoso non fu mai un uomo della “mala”. Agiva sempre da solo o con pochi amici. Rispondeva sempre in prima persona del suo operato, non incitava altri ad emularne le gesta, non usava armi da fuoco e prendeva ciò che riteneva “strettamente necessario”.
Horst era diventato famoso come “il rapinatore gentile”: usava pistole giocattolo, chiedeva scusa agli impiegati, mandava mazzi di fiori alle cassiere più emotive, desisteva se trovava qualcuno disposto a rischiare la pelle per i soldi di un banchiere, si allontanava più spesso in autobus che in macchina.
La sua lunga detenzione é iniziata nel 1973 dopo il suo tentativo di evasione dal carcere di Fossano culminato con il suo linciaggio da parte dei carabinieri del generale Dalla Chiesa.
A Fossano, nel luglio ’73, impugnando una rivoltella che era riuscito a far entrare nascosta in una torta, sequestrò due agenti, chiese un’auto e cento milioni: “Se mi inseguite ucciderò i secondini”. La polizia finse di cedere. Appena Horst, facendosi scudo delle guardie, comparve sul portone del carcere, un cane lupo gli si lanciò addosso. Il “rapinatore gentile” si distrasse, dai tetti i tiratori scelti fecero fuoco. Ferito al braccio e al petto, Fantazzini s’accasciò, riuscendo a premere il grilletto e ferendo gli agenti. A terra, fu crivellato da una raffica di mitra esplosa da un poliziotto. Miracolosamente sopravvisse.
La fallita evasione gli costò una condanna ad altri 22 anni. Aveva conosciuto le galere europee già diverse volte negli anni precedenti. Ma ha fatto 16 anni di carcere continuativo e senza permessi, fatto talmente raro da averne fatto un caso giudiziario.
“È indubbio che io mi sia sempre definito anarchico e come tale mi sono rivendicato e mi rivendico processualmente. Ma questo non basta. L’essere anarchico comporta la capacità di conciliare il proprio ideale con la propria vita e questo non e stato sempre il mio caso, specialmente quand’ero molto giovane. Mi definisco un anarchico individualista, un ribelle cosciente che spesso ha agito incoscientemente. All’età di quattordici anni ero già iscritto all’USI, che non so se ancora esiste. Nel 1965 ero presente al convegno preparatorio del congresso che si svolse a Bologna e tra i partecipanti c’era Armando Borghi, che tra penose polemiche fu estromesso dalla direzione d’Umanità Nova. In quel periodo, con altri giovani, stavo per dare vita ad una Federazione Anarchica Giovanile, ma poi la mia vita si è quasi interamente annodata in carcere. …”
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