Le Belve di Oliver Stone

Sono stato al cinema a vedere Le Belve di Oliver Stone. Una storia d’amore a tre, oltre che un noir sulla realtà violenta e crudele del commercio della marijuana e sui narcotrafficanti dei cartelli messicani.
Cito questo film (a parte che mi sono divertito a vederlo) per due motivi:
il primo, per i primi 40 minuti è uno spot sulla marijuana e al suo utilizzo, il secondo, per le dichiarazioni di Oliver Stone sul film che vi riporto di seguito.
“Non è un film sul moralismo della guerra alla droga. Non menziono neanche la questione del proibizionismo, perché è una presa per il culo, non funziona. La storia racconta la relazione tra sei personaggi e il cambiamento che ognuno di loro vive durante il corso del film. Il problema della violenza dei cartelli messicani è solo parte di un problema globale. In Messico lo scorso anno ci sono stati 5.000 omicidi legati alla droga, molti dei quali morti innocenti coinvolti solo a causa di legami familiari. È un business violento perché economicamente proficuo, è un settore in continua espansione, più redditizio del turismo, persino del petrolio. Questa non è una guerra alla droga, questa è una guerra economica, e si combatte ovunque. Tutte le guerre sono corrotte, lo vediamo dal budget gonfiati della DEA, che non solo non risolvono il problema ma contribuiscono ad aumentarlo. Prigioni sovrappopolate, guardie, giudici, avvocati, procuratori, tutto un sistema monetariamente dipendente dalla popolazione carceraria. Quando il miliardario George Soros cercò di legalizzare la marijuana in California, ricevette l’opposizione più dura proprio dalle guardie carcerarie.

I cartelli messicani sono presenti in California perché i laboratori di produzione migliori a livello mondiale dell’industria della cannabis si trovano qui. Basterebbe legalizzare i produttori indipendenti che esistono sul nostro territorio: molti di loro hanno una conoscenza incredibile del prodotto e sono in grado di produrre marijuana di altissima qualità, la migliore che abbia mai provato da quando ho iniziato a fumare 40 anni fa. Non solo sono favorevole alla legalizzazione, ma alla depenalizzazione. Si eliminerebbe il circolo vizioso di corruzione. Negli Stati Uniti il 50% dei detenuti sono vittime, tra cui molti i giovani, accusati di crimini di droga minori. Legalizzando la vendita si potrebbero tassare i ricavati e il governo potrebbe utilizzare i soldi per educare e riabilitare, oltre a salvare centinaia di milioni di dollari per spese carcerarie”. (Luis De Nau)

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