L’ideologia della spontaneità

spontaneitàDisgustati dalla degenerazione della critica e dalla strumentalizzazione del pensiero logico, divenuto Ragione di Stato, molti hanno messo a morte la ragione, anche nel suo reale valore d’uso di intelligenza del reale: ma, come si sa, il sonno di questa ragione genera mostri. Così, per odio dei falli archetipici, si sono consegnati mani legate alla falsa illusione dell’immediatismo che, incollando il soggetto all’organizzazione delle apparenze, impedisce di cogliere nella prospettiva reale la propria solidarietà col movimento del capitale: auto-castrazione interessata che, rilanciando una ritrovata ingenuità falsa fino al midollo, permette di sopravvivere in situazioni cui la lucidità avrebbe posto fine.
L’ideologia della spontaneità è stata per qualche tempo il cardine di questa ulteriore mistificazione rassicurante. Quale spontaneità? Quale la autenticità, la reale autonomia da tutto ciò che ci ha prodotti?
La natura umana è da costruire: nulla di ciò che è dato sfugge alla legge della composizione mista; e la spontaneità di cui tanto si parla è un insieme di risposte obbligate, di condizionamenti appresi, di linguaggi imposti, di logiche date; e di desiderio che si cerca.

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psicopatologia

 

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Internazionale Situazionista. Contro il linguaggio

Zee-panneaux-détournement-e1364298192539Passare dalle parole alle idee, non è che un passo; sempre valicato dal potere e dai suoi pensatori. Tutte le teorie del linguaggio, dal misticismo demente dell’essere fino alla suprema razionalità (oppressiva) della macchina cibernetica, appartengono ad un solo e medesimo mondo, vale a dire il discorso del potere, considerato come il solo mondo di riferimento possibile, come la mediazione universale. Come il Dio cristiano è la mediazione necessaria tra due coscienze e tra la coscienza e il se, il discorso del potere si installa nel cuore di ogni comunicazione, diventa la mediazione necessaria da se a così arriva a mettere le mani sulla contestazione, piazzandola in anticipo sul proprio terreno, controllandola dall’interno ed infiltrandola. La critica del linguaggio dominante, il suo détournement, diventerà la pratica permanente della nuova teoria rivoluzionaria,
Poiché ogni senso nuovo è chiamato controsenso dalle autorità, i situazionisti instaureranno la legittimità del controsenso, e denunceranno l’impostura del senso garantito e dato dal potere. Poiché il dizionario il guardiano senso esistente, noi ci proponiamo di distruggerlo sistematicamente. La sostituzione del dizionario, della guida del parlare (e del pensare) di tutto il linguaggio ereditato ed addomesticato, troverà espressione adeguata nell’infiltrazione rivoluzionaria del linguaggio.

Nel détoumement, largamente praticato da Marx, sistematizzato da Latréamont e che l’I.S. mette alla potuta di tutti. (Internazionale Situazionista, Bollettino N° 10)

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il ruolo della psichiatria: è il controllo sociale

antipsichiatriaNei tempi più antichi gli uomini hanno scoperto che certe sostanze potevano essere utili, ad esempio contro il dolore, oppure contro la malinconia e per questo hanno cercato di usarle a loro vantaggio. Contro il dolore fisico e poi anche per cambiare lo stato d’animo, non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche in senso cerimoniale e religioso.
Sono molte le sostanze simboliche che sono usate nelle varie religioni.
Ora, però, bisogna distinguere due aspetti che partendo dall’antichità arrivano ai tempi nostri. Un aspetto sull’uso di queste sostanze riguarda l’utilizzo deciso dalle persone per avere dei vantaggi: se queste sostanze vengono usate bene ci sono dei vantaggi e insieme, come succede sempre nella farmacologia, con l’uso di sostanze anche dei rischi. Una cosa è se uno decide per se stesso della propria vita, sia per effetti di miglioramento delle proprie condizioni, sia per scopi rituali; l’altro aspetto e se sono le autoritàe le istituzioni a decidere: questo è un problema che risale dall’antichità. Naturalmente le autorità hanno sempre capito che la salute e il benessere, sia fisico sia psicologico, sono importanti per ognuno di noi e si sono impadronite della salute, del benessere, o meglio del controllo della salute e del benessere, per avere dei sudditi a disposizione per eventualmente controllare, ma anche ricattare, perché quando uno ha in gioco il proprio benessere è disposto a sottomettersi.
Il conflitto fondamentale, per quanto riguarda psichiatria e antipsichiatria, non è tanto sul significato chimico delle sostanze, quanto sul fatto che un cittadino possa decidere quello che prende e quello che non prende.
La psichiatria dice che deve essere lo psichiatra a decidere e anche a forzare il paziente.
Noi pensiamo che deve essere il paziente o cittadino a decidere quello che vuole prendere o non prendere; perché se no questo diventa una violazione della libertà delle persone.
La medicina, in generale, ha una struttura autoritaria perché il medico, come il sacerdote egiziano che aveva in mano il rapporto della medicina con la salute, non si limita a curare le persone dietro loro richiesta, ma pensa di interferire con la vita della persona, controllarla sia individualmente che socialmente.
Quindi il ruolo della psichiatria è molto semplice a dirsi: è il controllo sociale.

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sorvegliato-mentale

 

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A un concerto dei Sex Pistols

WB_77-Sex_Pistols_promo_(100_club)L’dore è nauseabondo, come una farmacia dopo una esplosione. I portieri, col cilindro, si ritirano da una delle entrate; e noi irrompiamo di lì, gratis e con grazia.
Grazia aveva anche un giovane “spead-freak” che volteggiava ìntorpidito da divine visioni interiori, occhi verdi spalancati metafisicamente sul mondo, inoorniciati da un colore nero sulle palpebre. C’era chi saltava freneticamente con i colpi disordinati del batterista, che si ostinava con un ritmo sincopato ma di cattivo gusto. Tutti si abbracciavano— le sigarette sovversive circolavano. Ah!
Lì di fianco tre mistici offrivano uno sniffo di coca – la provai: era veleno per topi, sicuramente. Rimango con la pituitaria che protesta per la mia leggerezza e la rnia sfacciataggine.
Ma nelle vicinanze del palco improvvisato c’è una grossa confusione – vedo che il chitarrista sta tirando icapelli intrecciati di un negrone rozzo come un antropofago. Vince il musicista aiutato da un bellimbusto, di punto in bianco, che comincia a suonare insieme all’orchestra ma viene fischiato ed espulso. Il vocalista incita il pubblico a un gesto osceno e vengono gridate villanità.
Ancora spintoni, questa volta la pula e i picchiatori avanzano sulla folla – le danno, ma le prendono anche. Fuggo verso i bagni (il concerto era in un piccolo e malmesso stadio di pallamano), nei pisciatoi si accalcano i tossicomani – ci sono siringhe usate, uno grassoccio piange infantilrnente con una vena rotta, qualcuno gli offre, con gesto da sibarita, un telo indiano volgarmente stampato per arrestare l’ernorragia. Uno pseudo-vampiro succhia il sangue a un’altra scoppiata e mostra la dentatura cavallina macchiata di rubino.
La musica rock viene là dal palco mista con il vociare; sembra che la polizia e isemplicioni siano andati via. Cerco di tornare verso il padiglione, ma non ci riesco: un cordone di guardie del corpo degli artisti, o capoccioni dell’impresario, interrompono violentemente il passaggio. Confesso che quasi non vedo la faccia dei musicisti.
Adesso è una musica violenta, il rock and roll hard irnbastardito, impuro, irrazionale. Lo spasmo e generalizzato. Si sviene , si vomita. L’odore sintetico di urina, con i disinfettanti, più il fumo acre, più il sudore fetido delle masse eccitate, è raffinato.
Abbozzo un sorriso cinico. Non ho niente a che vedere con quel teatro. O si? Se no perché stavo là, e a far cosa? È l’assurdo a dominarmi e una necessità che mi magnetizza. Sto facendo parte di uno spettacolo della fine degli anni ’70, appartengo alla messa in scena, sono un personaggio – come quei giovani arnmattiti, decorati di mille “casuals”, adonati di infiniti colori, individualizzati da singolari modelli, aberrantemente isterici.
Le luci si chiudono. Scende l’oscurità ed il silenzio su di me. Credo di essere stato avvolto da una nuvola oscurante, dalla Legge o dalla Droga.
Ora mi ricordo solo di questo. .. credo che sia stato un concerto dei Sex Pistols, altrove nella mia immaginazione deliquescente. (Jorge Lima Barreto, Rock & droga, 1984)

 

 

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La Montagna Sacra di Alejandro Jodorowsky

La montagna sacraIn una città senza nome, di sapore latino-americano, un povero cristo nudo e deriso, forse un ladro, penetra nell’altissima torre in cui vive un negromante da fantascienza detto l’Alchimista che trasforma in oro gli escrementi. Qui incontra nove persone, industriali, mercanti e poliziotti, che simbolizzano i volti più iniqui e perversi del potere. Rappresentano le sette facce di un prisma che racchiude in sé tutto il potere consumistico–politico-militare, votato alla più disumana oppressione delle masse. Inutile soffermarsi su ognuno di loro, basta rilevare che hanno in comune la depravazione sessuale, l’abuso del potere, le aberrazioni del consumismo, il condizionamento violento degli uomini per ridurli a macchine. Il vero problema per tutti e che pur avendo tutto, nulla possono contro la morte; a loro manca soltanto l’immortalità. Per conquistarlo i potenti si spogliano d’ogni avere e si mettono in marcia verso la montagna sacra su cui, secondo la leggenda, vivono nove saggi, che hanno sconfitto la morte e posseggono la perfezione. Guidato dall’alchimista il gruppo giunge alla mèta dopo infinite peripezie ma qui lo attende una sorpresa: i nove saggi sono fantocci. L’immortalità non esiste, spiega il mago, e qui siamo in un film: ciò che conta è la realtà. Impariamo ad usare questo bene prezioso.
Nel 1973 in alcune sale d’Essai è proiettato il film, La Montagna Sacra di Alejandro Jodorowsky: le allucinazioni fatte ad immagine, la dissacrazione della retina. Il film visto da pochi fricchettoni diventa leggenda. E’ riproposto alla fine degli anni 70’ nei cineforum; questa volta gli spettatori/predatori/viaggiatori educati dai fratelli maggiori giungono preparati: imbottiti di LSD, chi fumato o fumante e la visione diventa collettiva, lo spettatore vestito come tutti diventa l’uomo panico, il clown, proprio come le logiche non aristoteliche, come i quadrati di carta, hanno la possibilità di mutare, sono capaci di deformarsi, di far da struttura, di avere un pensiero multiplo.
Gran parte del terrore moderno nei film dell’orrore è rappresentata con immagini di cose informali. Il magma, la putredine, il misterioso non ha forma: E per gli uomini vestiti come tutti, il non aver forma è simbolo dell’orrido, della perdita di se stessi. Viceversa l’uomo panico tenta di liberarsi da tal educazione condizionata e cerca l’euforia come un mezzo per uscire dalla prigione dove lo hanno chiuso i suoi genitori.
Il film è insieme una parodia dello spaghetti western, un lisergico romanzo di formazione, una feroce satira sociale, una straziante poesia per immagini, un manifesto avanguardista, un sogno contorto, un tentativo riuscito di scavalcare i confini di tutte le convenzioni cinematografiche, l’atto di fondazione di un nuovo misticismo iconoclasta e una colossale presa per i fondelli.

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Asger Jorn.L’opera d’arte come sorgente di controvalore

Asger-Jorn-foran-Dubuffets-murmaleri1Ci sono le fonti di energia inorganica che formano la base dell’industria. Esse si esauriscono definitivamente con la loro utilizzazione. La loro forma è la forma del contenuto, o della sostanza, e si distrugge con la sostanza.
Vi sono altre fonti naturali: quelle che si rinnovano partecipando a un eterno ritorno. Questo ciclo può essere quello della natura stessa (sole, pioggia, vento, eccetera) e può essere altresì un ritorno del valore del lavoro umano, come nell’agricoltura. Qui la forma sembra precedere la sostanza, e sopravviverle. E solo l’invenzione di forme che si distinguano da quelle della sostanza, che le si oppongano, trova la capacità di usare tali forze. L’industria è lo sfruttamento della materia inorganica, mentre l’agricoltura è lo sfruttamento della natura, o della vita biologica.
Infine esiste una forma che restituisce il suo contenuto senza mai svuotarsi (ricaricandosi da sé), è l’aarte, la creazione spirituale, che conserva le proprie qualità nel mentre che diffonde i suoi valori. Il segreto di questa proprietà, che certuni chiamano sovrannaturale o metafisica, mentre certi altri ne negano Fesistenza, è che la forza liberata non va cercata nell’opera d’arte: essa esiste in colui che la percepisce – se è capace di percepirla. Il valore non scaturisce dall’opera, ma viene liberato nel fruitore stesso. Questa è la spiegazione semplice, e materiale, del valore delle opere artistiche; e, del resto di tutti i valori detti spirituali.
Il valore dell’arte, in tal modo, e un controvalore rispetto ai valori pratici, e si misura in senso inverso a questi ultimi L arte e l’invito a un dispendio di energia, senza scopo preciso al] infuori di quello che lo spettatore stesso può apportarvi. È la prodigalità.
Tutti coloro che sono troppo avari, o totalmente incapaci di uno sforzo di questo genere, detestano l’arte. Sicché il valore artistico e contemporaneamente un valore insensato e la manifestazione stessa della libertà di azione dell’ndividuo. Ciò non vuol dire che ogni spettatore possa fare dell’opera ciò che vuole, ma che dispone sovranamente delle nuove energie liberate in lui. Nessuno puo controllarle. E se non si hanno energie da liberare in questo campo, non si vede nulla. Ecco perché l’arte è socialmente inquietante e politicamente così importante: ha l’oggetto in sé. Eppure l’opera d’arte non e affatto la semplice conferma ma e la sorgente stessa della politica, dell’spirazione. (Asger Jorn, Critica della politica economica, 1960)

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Il ruolo di Potlatch

LettristePoltatch era il titolo di un bollettino di informazione dell’Internazionale Lettrista, di cui da Parigi furono diffusi 29 numeri, tra il giugno 1954 e il novembre 1957. Strumento di propaganda in un periodo di transizione tra i tentativi d’avanguardia insufficienti e mancati del dopoguerra e l’organizzazione della rivoluzione culturale che i situazionisti ora iniziano sistematicamente, Potlatch è stato indubbiamente nel suo tempo l’espressione più estremista, cioè più avanzata nella ricerca di una nuova cultura, e di una nuova vita.
Al di là delle mutevoli fortune che possono arridere alla nostra iniziativa, Potlatch è stato l’unico a colmare il vuoto delle idee culturali di un’epoca, il buco apparente nella metà degli anni ’50. È già sicuro di essere per la storia, non una testimonianza di fedeltà allo spirito moderno nel momento in cui regnava la sua parodia reazionaria, ma un documento su una ricerca sperimentale di cui l’avvenire farà il suo problema centrale. Ma questo avvenire è iniziato, è in gioco ognuna delle nostre vite. Il vero successo che si può attribuire a Potlatch è quello di essere servito all’unità del movimento situazioni sta, su un terreno più ampio e nuovo.
Si sa che Potlatch traeva il titolo dal nome, presso alcuni Indiani dell’America settentrionale, di una forma precommerciale di circolazione dei beni, fondata sulla reciprocità di doni suntuari. I beni non vendibili che un simile bollettino gratuito può distribuire, sono desideri e problemi inediti; e soltanto il loro approfondimento da parte di altri può costituire un dono di ritorno. Ciò che spiega il fatto che in Potlatch lo scambio di esperienze sia stato spesso sostituito da uno scambio di insulti, di quegli insulti dovuti alle persone che hanno della vita un’idea meno grande della nostra.

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L’Urbanistica per reprimere

Blanchard Les Grands Boulevards Parigi. Ben altri simboli meno inoffensivi e più organizzati dell’ingenua ostentazione della torre Eiffel aveva approntato pochi anni prima il barone Haussmann, prefetto di
Napoleone III.
Owen e Fourier, in linea con la nascente ideologia socialista, avevano inventato
proposte urbanistiche «dal volto umano» che tenessero conto delle esigenze della classe operaia.
Il «piccone risanatore» di Haussmann, con la scusa appunto del risanamento e dell’ adeguamento delle strutture urbane alle esigenze della popolazione accresciuta
(che di per sé sarebbe stato un moderno e indispensabile intervento di riordino dei servizi), opera in realtà per la repressione di qualunque rivoluzione e barricata popolare. Con la costruzione dei grandi boulevards la borghesia soddisfa le proprie ambizioni e rafforza i sistemi di difesa.
«Gli istituti del dominio mondano e spirituale della borghesia – scriveva Benjamin –
dovevano trovare la loro apoteosi nelle cornice delle grandi arterie stradali.
Certe arterie –erano ricoperte, prima della loro inaugurazione, da una tenda, e quindi
scoperte come monumenti».
Vivere in una bella cornice, lungo i viali, una bella infilata di case confortevoli e piacevoli da vedere, magari mentre si va a cavallo al Bois lungo i larghissimi marciapiedi costruiti apposta per questo uso. Non importa se il « didietro» delle case è poco curato e se alle spalle dei grandi tagli stradali rimangono quartieri non risanati, né se gli affitti aumentano e il proletariato viene progressivamente ricacciato nei sobborghi.
«l vicoli e i vicoletti più indecenti scompaiono tra le più alte congratulazioni reciproche dei borghesi di fronte ad un successo così fenomenale, per ricomparire subito dopo in qualche altro posto e spesso nelle immediate vicinanze» (Engels, La questione delle abitazioni).
Quanto alla funzione antibarricate e antirivoluzionaria,i risultati si toccarono con mano nel 1871, quando il «metodo Haussmann» diede una mano a schiacciare la Comune: più difficile erigere le barricate data la larghezza delle strade, facilissimo abbatterle con una coreografica carica di cavalleria, qualche scarica di fucileria o un colpo netto di cannone, sparato d’infilata dal fondo di un bel viale rettilineo.

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La rivoluzione è più facile della riforma

44905483-Ted-Kaczynski-Famous-PrisonersIl sistema non può essere riformato in modo tale da conciliare la libertà con la tecnologia. Il solo modo è di fare completamente a meno del sistema industriale tecnologico. Questo implica la rivoluzione, non necessariamente un’nsurrezione armata, ma certamente un cambiamento radicale e fondamentale nella natura della società.
La gente pensa che poiché la rivoluzione implica un cambiamento molto più radicale della riforma sia più difficile determinarla. In realtà, in certe circostanze, la rivoluzione è più facile che la riforma. La ragione è che un movimento rivoluzionario può ispirare un’intensità di impegno che un movimento di riforma non può ispirare. Un movimento di riforma offre solo la possibilità di risolvere un problema sociale particolare. Un movimento rivoluzionario offre la possibilità di risolvere tutti i problemi in un colpo solo e di creare un mondo interamente nuovo; fornisce il tipo di ideale per il quale la gente accetterà di accollarsi un rischio e di fare grandi sacrifici. Per queste ragioni sarebbe molto più facile rovesciare l’intero sistema tecnologico che imporre restrizioni e divieti permanenti allo sviluppo dell’applicazione di qualunque segmento della tecnologia, come l’ingegneria genetica. In condizioni opportune un grande numero di persone potrebbe dedicarsi con passione a una rivoluzione contro il sistema industrialotecnologico. I riformatori che cercano di limitare certi aspetti della tecnologia potrebbero impegnarsi per evitare un danno. Ma i rivoluzionari lavorano per ottenere una altissima ricompensa: la realizzazione della loro visione rivoluzionaria, e quindi lavorano più duramente e con più tenacia dei riformatori.
La riforma è sempre frenata dalla paura delle possibili conseuenze negative in caso di cambiamenti poco prevedibili. Ma, una volta che la febbre rivoluzionaria ha preso piede in una societa, la gente è disposta ad affrontare infinite avversità per il fine della rivoluzione. Questo fu dimostrato chiaramente nella rivoluzione francese e russa. Potrebbe essere accaduto, in quei casi, che solo una minoranza della popolazione fosse realmente impegnata riella rivoluzione, ma questa minoranza era sufficientemente ampia e attiva da divenire la forza dominante nella società. (Theodore J. Kaczynski, 1996)

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Huxley Aldous

aldous-huxleyMistico e visionario, si pone a un crocevia culturale importante: quello delle culture che si occupano dell’interiorità della vita spirituale e dell’esperienza psichedelica. Grande teorico dell’esperienza spirituale come dimensione sperimentabile in contrapposizione all’universo della fede dogmatica e indimostrabile.
Huxley aveva da sempre mostrato un vivo interesse per le sostanze in grado di plasmare la mente, e fin dagli anni Trenta tenne conferenze e scrisse articoli su di esse. Quando agli occhi di tutti le droghe erano solo o stimolanti (cocaina, caffè, tabacco ecc.) o narcotici (oppio, morfina ecc.), Huxley già parlava e scriveva di funghi allucinogeni e di sciamani siberiani. In uno dei suoi romanzi più famosi, Il Mondo nuovo, descrisse una potente droga futuristica il soma, dal nome del mitico enteogeno vedico.
Le porte della percezione (1954), libro nel quale descrive la sua esperienza con la mescalina, è diventato una sorta di “bibbia” del movimento psichedelico, probabilmente il miglior saggio che sia mai stato scritto sul rapporto fra esperienza psichedelica e esperienza artistica.gatto
Attraverso le sue intuizioni letterarie e le sue riflessioni filosofiche, politiche e psicologiche, molte delle quali conservano la loro attualità a quasi mezzo secolo di distanza, Huxley può a ragione essere considerato un pioniere nella ricerca sulle dimensioni della coscienza.
Morì il 22 novembre 1963, scegliendo un modo coerente con tutta la sua vita: sentendo che il cancro che lo divorava ormai da anni stava per mettere fine alla sua vita, chiese alla moglie di somministrargli come estrema unzione 100 mcg di LSD intramuscolo. Lo scrisse su un foglietto, con mano tremante, perché non era più in grado di parlare. Se ne andò perfettamente cosciente verso l’Altro Mondo, in serenità e senza le terribili sofferenze che i medici avevano previsto.

 

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