Cosa è successo?
Non è successo niente, diceva un poeta.
È successo che quello che è successo
succederà ancora mentre succede adesso.
Si distrugge per fare, pur di fare
per poi ancora distruggere ogni fare.
A questo serve lo spettro della morte:
a rendere più semplice l’impossibile.
E le cose semplici impiegano sempre troppo tempo
a mostrarsi per quello che sono.
La minaccia di inferni a venire
è la luce che abbaglia il presente.
Ostinatamente si nega la sostanza,
ostinatamente ci si ostina a nasconderla.
Il triste brusio dei commerci.
Lo spreco immane dei corpi.
Intanto, si obbedisce.
Ogni volta che si obbedisce
si perde qualcosa di sé.
E questo qualcosa che obbedendo si perde,
una volta perduto, è perduto per sempre.
Così pericolosa, la vita.
Così avvinghiata al suo segreto.
Così irrimediabile e scorbutica.
Intrappolata nel sale come una statua.
Un intralcio.
Un’obsolescenza.
Più nulla ci appartiene.
Più nulla che si possa difendere.
Più nulla che si debba eccepire.
La fatica ha valore per se stessa:
non si corre per andare da qualche parte,
si corre per fare la fatica di correre.
Correre, correre, correre,
fino al giorno in cui ci spareranno in petto
un’altra diagnosi.
Intanto, ci si consegna serenamente
a un’anticamera qualsiasi.
Si guarda nei vetri delle porte
per sapere chi si deve essere
e cosa si deve fare per essere,
a cosa far succedere per succedere.
Cosa è successo?
Non è successo niente, diceva un poeta.
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