Nel 2008, in occasione dei quarant’anni dall’inizio della rivolta parigina del maggio, la Prefettura parigina ha pubblicato un numero speciale della sua rivista per raccontare “dall’altra parte della barricata” quei giorni. Decine di testimonianze di poliziotti ormai in pensione (tra cui quella, per molti aspetti preziosa, del prefetto dell’epoca) e soprattutto documenti e moltissime foto inedite. Ad essere intervistati sono soprattutto agenti semplici, o personale catapultato in fretta e furia a fronteggiare i rivoltosi. L’impressione che se ne ricava, leggendo i rapporti di polizia o le testimonianze è che, per tutte le forze dell’ordine e la gente comune, il momento fu veramente straordinario, un misto di paura (per la prima) e resistenza per gli altri.
“La popolazione era globalmente contro di noi, soprattutto all’inizio. Era dura da sopportare nella vita d’ogni giorno: I bistrot e i ristoranti si rifiutavano di servirci, sicuramente per paura di rappresaglie”.
“Siamo arrivati alla Sorbona nelle prime ore del conflitto. Mi ricordo di vasi di fiori ed altri oggetti che volavano giù sulla mia testa e quella dei colleghi. Non eravamo preparati, non c’immaginavamo un tale movimento di massa. Siamo arrivati di notte, solo con il kepì, senza nulla per proteggerci”.
“Tra lo stupore dei passanti e dei genitori, la guardia alle scuole è stata assicurata da “C.R.S”. Malgrado i tentativi di spiegazione, tutti erano persuasi che la rivoluzione fosse prossima. Il kepì rassicurava, il casco metteva la gente nel panico”.
“Il pieno di carburante presto divenne un problema. I depositi erano in sciopero e abbiamo dovuto chiedere all’Esercito. Abbiamo così avuto la sorpresa di scoprire che il servizio “Benzina per l’Esercito” era tenuto da personale civile in sciopero. Non davano benzina se non ai servizi di soccorso e men che mai alla polizia. Siamo andati, di notte a cercare benzina con nostre autocisterne e quelle di un trasportatore privato a cui avevamo requisito i mezzi”.
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