
— Vieni è pronto in tavola.
— Solo un momento che ne ho ancora un paio da mandare affanculo!
Spesso poteva capitare di sentire questo dialogo in casa. Paolo da qualcuno è stato definito “leone da tastiera” per insultarlo.
Invece io lo considero un complimento. Perché credo che avendo visto ridursi di molto le sue forze fisiche e la vista, non ha mai comunque perso la forza d’animo di un leone, o per meglio dire di un grosso micio, tanto combattivo quanto giocherellone e scherzoso, capace di graffiare e mordere ma spesso anche di giocare a rimpiattino o fare le fusa, a seconda dell’umore e sempre mosso dalle sue passioni mai spente per la libertà e l’amore.
È stato un privilegio vivere insieme. Ed è con un senso di stima e di onore oltre che di struggente nostalgia, che ho voluto cercare e raccogliere queste tracce sparse, delle sue urla e dei suoi sguardi sorridenti, mescolati alle proverbiali battutacce come alle osservazioni più acute, per non parlare delle affermazioni provocatorie e ostili al politicamente corretto.
Molti in questi anni si sono divertiti a discutere e ragionare insieme con lui sui social e quindi potranno ricordare alcuni di questi pensieri sparsi. Non ho mai aggiunto nulla di mio e nemmeno modificato lo stile che più di tutto volevo rimanesse quello inconfondibile di Paolo.
Questa esplorazione è stata anche un’esperienza, un percorso di elaborazione di un lutto che da insostenibile angoscia per un’assenza incolmabile si trasformava via via in una sensazione di grande gratitudine e di dolore quasi sopportabile, intriso della dolcezza di infiniti ricordi meravigliosi, oltre che della convinzione che con le sue parole sarà sempre qui, vicino e presente, almeno finché io vivrò o finché a qualcuno le sue parole susciteranno un ricordo vivo, un sorriso o una bestemmia, come se fosse ancora con noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo.
Gilda Caronti
