
«Prima che gli inventori creassero motori per sostituire gli uomini, i governanti degli uomini avevano addestrato e irreggimentato moltitudini di esseri umani: avevano scoperto come ridurre gli uomini a macchine.»
Lewis Mumford, Tecnica e cultura, 1934
Il transumanesimo è guidato dall’ambizione centrale di utilizzare le nuove tecnologie per migliorare gli esseri umani e le loro prestazioni intellettuali, fisiche ed emotive, al fine di raggiungere niente meno che un nuovo stadio evolutivo. Oggetto di fascino, fantasia e controversie, il transumanesimo è oggi promosso da un’ampia gamma di attori e sostenuto da grandi aziende.
«Nel Medioevo, tutto era ordinato da Dio e non poteva essere messo in discussione. In un’epoca più tarda si parlava in modo simile della “mano della Provvidenza”. Oggi che molte persone trovano impossibile credere in una divinità di questo tipo, il computer offre un sostituto. Crederlo in grado di risolvere tutti i nostri problemi, anche se può sembrare una credenza giustificata, potrebbe benissimo essere una trappola psicologica mortale per l’uomo.»
I sostenitori del pensiero transumanista ipotizzano che questi vari processi tecnici saranno un giorno perfettamente padroneggiati, in modo da poterci liberare dalle limitazioni fisiche e mentali acquisite nel corso della nostra evoluzione. Ecco perché gli esseri umani potrebbero diventare molto più intelligenti e persino virtualmente immortali.
Poiché lo scopo ultimo di questa mutazione verso il transumano è quello di eliminare tutti i meccanismi di dolore, sia fisico che mentale, scaricare la mente su un supercomputer potrebbe essere la soluzione finale a tutti i nostri tormenti. Basterebbe copiare i diversi stati dei neuroni del nostro cervello su una “chiavetta” ad alta capacità e poi trasferirli sulla memoria di un supercomputer.
Sebbene sia innegabile che i formidabili progressi tecnici della biologia e delle neuroscienze ci portino a credere che la maggior parte delle malattie scomparirà e che tutte o quasi tutte le diverse parti del corpo potranno essere riparate o sostituite, questo approccio puramente computazionale alla vita, che porterebbe a un aumento infinito delle nostre capacità mentali, tuttavia non è scientificamente fondato.
Prima di crederci, vale la pena ricordare il contesto in cui la nozione di cyborg, (parola nata dalla contrazione di cibernetica e organismo), è apparsa per la prima volta. Alla fine degli anni Cinquanta, si cominciò a prendere in considerazione l’idea di colonizzare lo spazio. Il problema tecnico più spinoso da risolvere non era quello di costruire astronavi in grado di attraversare lo spazio interstellare, ma quello di garantire la sopravvivenza degli esseri umani che avrebbero dovuto trasportare. Da qui l’idea che germinò all’inizio degli anni Sessanta: invece di lottare per ricreare artificialmente le condizioni di vita terrestri all’interno delle astronavi, non sarebbe stato più semplice modificare la costituzione degli astronauti per consentire loro di sopravvivere in condizioni extra-terrestri?
Questa modifica delle funzioni vitali doveva comportare un’amalgama del corpo umano con la macchina attraverso l’incorporazione di componenti esogene, che è esattamente ciò che oggi chiamiamo potenziamenti.
Questa origine della nozione di cyborg dà da pensare: l’ambizione è quella di permettere a un essere umano di continuare a vivere in un ambiente per il quale non è fatto ed è in questo modo che il transumanesimo deve essere visto oggi non come qualcosa che ci porterebbe a una condizione superiore, ma come qualcosa che ci permetterebbe di sopravvivere in condizioni sempre più insopportabili per gli esseri umani che siamo. Piuttosto che di potenziamento dovremmo parlare di kit di sopravvivenza in ambienti ostili. Norbert Wiener, fondatore della cibernetica, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, disse: «Abbiamo modificato il nostro ambiente in modo così radicale che ora dobbiamo modificare noi stessi per vivere in questo nuovo ambiente».
Ma oltre una certa soglia di trasformazione, la tecnologia inizia a creare un mondo così lontano dalle nostre facoltà naturali che ci risulta sempre più difficile viverci, prosperare e crescere. La tecnologia avrebbe dovuto adattare il mondo ai nostri bisogni e desideri, e ora siamo noi a doverci adattare al mondo trasformato trasformando noi stessi.
I transumanisti idolatrano il potere tecnologico fino a credere che spetti a noi adattarci alle sue esigenze e consegnargli il nostro stesso corpo. Per conquistare alla loro causa le popolazioni riluttanti, non esitano a promettere tutto e il contrario di tutto, fino all’immortalità.
Ma gli esseri umani non diventeranno affatto immortali, radicalizzeranno però la loro già esorbitante dipendenza da un gigantesco sistema economico-tecnologico su cui non hanno alcun controllo e che saranno costretti a servire senza battere ciglio a rischio di essere disconnessi.
Il transumanesimo appiattisce le fantasie infantili di onnipotenza, ma prepara uno stato di totale dipendenza, ed è proprio per questo che gode dell’appoggio di potenti aziende che traggono grandi vantaggi da questa totale dipendenza.
Insistendo sul fatto che i veri cambiamenti sono davanti a noi, il transumanesimo suggerisce che i cambiamenti che sono già avvenuti o che stanno avvenendo in questo momento non valgono la pena di essere presi in considerazione: mentre ci preoccupiamo di un ipotetico futuro transumano, critichiamo con minore virulenza gli sviluppi in atto che, nonostante il loro aspetto già disumano, appaiono al confronto rassicuranti. Penso qui innanzitutto alla galoppante artificializzazione della procreazione, alle modifiche genetiche di animali e piante, che sono attualmente l’aspetto più saliente del transumanesimo in azione.
Per superare i tempi caotici che ci aspettano credo che dovremo fare affidamento non tanto sull’eccessiva sofisticazione dei sistemi quanto sulla solidità dei nostri stili di vita: i nostri beni più preziosi non saranno gli impianti ma le facoltà e le virtù umane che saremo stati in grado di mantenere in vita.
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