La rivoluzione è qualcosa che principia nel tempo presente, nelle scelte odierne, sia positive, sia negative; nel modo stesso di agire, di operare, di riprodursi. La sua preparazione verte sia sulla costruzione di percorsi di affrancamento del singolo, sia sulla costruzione di spazi di discussione e decisione collettiva. In questo senso non esiste “frattempo”, dal momento che il tempo è totalmente impegnato nella costruzione di tali processi, la cui efficacia naturalmente potrà incontrare una piena verifica solo in presenza di uno scatenamento, possibile in ogni momento, ma mai garantito da qualche congiunzione socioastrale. Appare verissimo ciò che affermava tempo fa Scalzone: che, se mai, rispetto a cinquant’anni fa, i motivi per fare una rivoluzione sono divenuti più profondi, e numerosi, piuttosto che il contrario. Non si capisce se si abbia timore di desiderare troppo, o se si sia in fondo meno scontenti dell’esistente di quanto si va dicendo – e che nel mugugno libertario non si trovi già il necessario appagamento per non omologarsi al cento per cento ma solo al novantanove virgola nove. Sono un refrattario, non vedi come mi lagno? Non senti come strepito? Ma poi non reggono la paura dell’evento palingenetico che rischierebbe di creare l’homo novus …
Il fine di una rivoluzione è evadere dalla società della necessità, e ancor di più dalla necessità della società, necessità che per millenni non erano mai comparse, ma che adesso pretenderebbero di essere considerate eterne. La nostra è una società fondata sulla proprietà e sullo scambio: perciò conviene farsi pagare e chiudere la porta a chiave. Se non lo fai, se dovessi provare a sottrarti individualmente, otterresti unicamente di farti vaso di coccio fra vasi di ferro e null’altro. Infatti, per ottenere l’adesione dei sudditi il capitalismo deve usare meno violenza di qualsiasi socialismo, nel quale evidentemente le buone intenzioni di chi sta sopra si convertono in cattive condizioni di chi sta sotto. Per questo motivo occorre la rivoluzione, che sgombererebbe lo spazio per una diversa efficienza, intorno alla quale stabilire nuove consuetudini, in sintonia con i nuovi equilibri. (Paolo Ranieri, tratto da: One solution revolution, La Critica Radicale in Italia, Comontismo 1971 – 1974, Nautilus, 2023)
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