Nella nostra lingua umano viene da humus, che sono quei pochi centimetri di terra, i più fertili, in cui da sempre la morte si rinnova in vita e la vita in morte. Humus è anche il termine latino con cui è stata tradotta la parola greca Chton, che indica la parte infera della terra, regno dei morti, e humare significa infatti seppellire.” In moltissime culture, gli umani, sono un impasto di acqua e terra, nascono dalla terra e alla terra ritornano da morti, come un ritorno alla casa, alla madre. È l’impasto stesso di cui è fatto l’umano che viene oggi messo in questione: all’acqua e alla terra si vogliono sostituire le nanotecnologie. Ed è il legame indissolubile, il passaggio continuo di vita e morte attraverso la terra che viene oggi messo in questione. Riteniamo dunque sia proprio attorno al grande nodo della morte e del morire che si giochi quella partita cui stiamo assistendo tra il potere e la natura umana. Ed è con l’intento di provare a ricucire la frattura tra noi e il nostro morire, origine di tante sciagure, che abbiamo intrapreso questa ricerca, convinti profondamente che la “meditazione della morte” sia “meditazione della libertà”.
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