Cosa resta da salvare dall’incendio? Le specie ele popolazioni decimate? Gli ambienti devastati? Le condizioni di vita sulla terra? L’acqua, l’aria, il suolo, l’atmosfera? Le foreste, i ghiacci, i fiumi? I bisonti, gli orsi, le api, i patagoni e i tasmaniani? … Ma cosa, allora? Le rovine delle città e le ceneri delle biblioteche rase al suolo, carbonizzate dai conquistatori, dagli autodafé dei fanatici e dai vigili del fuoco di Fahrenheit 451? Ma per quali lettori? E per quali “generazioni future”, per favore? – che giustamente non saranno “generate”, “partorite”, ma prodotte in laboratorio con mezzi artificiali (coltura cellulare, ectogenesi, clonazione, ecc.), senza unione carnale, senza padre né madre. Per quali inumani, desiderosi di emanciparsi dalla condizione umana e di elevarsi alla superiorità dei cyborg geneticamente modificati? Questi potrebbero benissimo essere i nostri successori, ma non saranno mai i nostri discendenti. Infatti, non siamo della stessa specie e lasceremo loro senza rimpianti i resti di questo mondo devastato dai loro precursori e da secoli di “distruzione creatrice”. Che sopravvivano nei resti, questi futuriani, rannicchiati nella loro Madre Macchina, la loro tecnosfera protettiva, poiché aspirano al funzionamento eteronomo piuttosto che a una vita autonoma.
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