Perché dividiamo l’umanità in uomini e donne, anziché considerarci individui unici? Perché incaselliamo le nostre attrazioni erotiche ed emotive in “eterosessualità” e “omosessualità”? Da secoli i discorsi della religione, della scienza e delle classi dominanti influenzano, anzi, letteralmente creano le nostre idee sui generi, sulla sessualità e sui ruoli predefiniti che siamo tenuti ad assumere nell’ordine sociale. Queste ideologie che delimitano i confini della “norma” sono sempre servite a mantenere stabili i privilegi di alcuni individui e gruppi sociali e ad assoggettarne altri, costringendo l’umanità a una condizione inautentica, oppressa e consenziente.
Essere anarchici/che significa, oltre che lottare contro il potere statale, religioso e scientifico fuori di noi, liberarsi dalle barriere mentali che ci impediscono di vivere rapporti veramente paritari con gli altri. Liberarsi il più possibile dalle relazioni di potere in cui siamo impilati/e, che influenzano la qualità della nostra esistenza forse ancora più pesantemente dell’oppressione che viene dall’alto. Viviamo rapporti asimmetrici fin dall’infanzia nell’ambito della famiglia, che poi si replicano nelle istituzioni preposte alla nostra educazione e istruzione: collegi religiosi, scuole statali, università. Il mondo del lavoro in cui veniamo inseriti/e nell’età adulta, è una rete di relazioni di potere ancora più fitta. Anche nel rapporto con gli altri animali, con gli individui dello stesso sesso o dell’altro sesso, con gli individui di cui abbiamo differenze culturali, di provenienza, di conformazione fisica, di preferenze sessuali (e la lista potrebbe continuare all’infinito), sono impilate relazioni di potere che ci apportano un vantaggio materiale o un rafforzamento della nostra identità personale, o che al contrario ci opprimono e ci discriminano. Il nostro stesso linguaggio, e le categorie che adoperiamo per descrivere il mondo e relazionarci con le altre persone, non sono neutrali ma sono stati prodotti per perpetuare divisioni sociali non paritarie. Il primo passo per abbattere il potere è riconoscere quanto esso ha influenzato ogni aspetto della nostra vita e delle nostre relazioni, e da lì partire per rivedere i rapporti personali che portiamo avanti in modo da renderli davvero liberi e orizzontali. Si tratta di svelare le idee e le categorie che il potere ha prodotto per giustificare le asimmetrie dei rapporti sociali, funzionali a una società organizzata gerarchicamente in cima alla quale stanno proprio le istituzioni.
“E’ nella logica dell’oppresso imitare il suo oppressore e provare a liberarsi dall’oppressione attraverso azioni simili ad essa”. (Paulo Freire)
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