Possiamo constatare come il vino determina ogni sorta di comportamento, qualora si osservi come gradualmente muta i bevitori: se li coglie freddi di sobrietà e silenziosi, bevuto in quantità modesta li rende più ciarlieri, ma parlatori abili e arditi se la dose aumenta; conferisce baldanza nelle opere a chi continua a bere, ma se la quantità è eccessiva rende sfrenati ed esaltati, e quando è decisamente troppa toglie ogni inibizione e fa impazzire, come se si fosse epilettici dall’infanzia.
L’indole di individui diversi corrisponde così a quei mutamenti di carattere provocati nel singolo dal bere e dall’ingerire una data quantità di vino. Si può essere dunque ciarlieri, agitati, facili al pianto, per natura o per un passeggero stato di ebbrezza: tali infatti, alcuni vengono resi dal vino, come secondo la rappresentazione omerica:”e dice che, appesantito dal vino, versò lacrime copiose.”
C’è chi diviene compassionevole e selvaggio e taciturno: quest’ultima, in particolare è la caratteristica precipua del “melanconici”, che finiscono con l’uscire di senno. Il vino rende anche espansivi: ne è indizio che chi ha bevuto è indotto anche a baciare chi, per l’aspetto e per l’età, nessuno bacerebbe da sobrio.
Il vino, tuttavia, non rende eccezionali per molto, ma per poco tempo: la natura, sempre, finché si viva; arditi, taciturni, compassionevoli, vili, lo si è, infatti, pure per natura; è allora evidente che il vino e la natura determinano il carattere di ognuno con lo stesso procedimento, che consiste nel regolare con il caldo ogni funzione dell’organismo.
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