IL CONCETTO DI MALATTIA

concetto di malattiaIn quanto concetto, la malattia ricorda pertanto di non essere, come lo notava Michel Bounan, la semplice esistenza di un fattore patogeno esterno: «tutte le osservazioni dagli ultimi decenni lo hanno confermato senza eccezioni: ovunque siano riconosciuti una causa e un meccanismo d’azione, quello che i burattinai chiamano lesione è una reazione contro questa causa»; e di non essere neppure la sconfitta di questo processo di reazione scatenato dal vivente, per mancanza di mezzi o ancora per il fatto di un’accumulazione intollerabile di fattori patogeni esterni; ma si può anche spiegare come reazione male informata, mal concepita, mal diretta del vivente nei confronti del suo stesso male. «Alla fine appartiene al regno umano, il cui sistema nervoso è il più complesso, la straordinaria funzione induttrice di inventare gli strumenti materiale e concettuali per trasformare il mondo, che lo modifica a sua volta. E’ quello attraverso cui l’universo ha una coscienza di sé e una storia». Ora il ritorno a sé pubblicizzato dal dominio sulla natura definisce la storia delle società in maniera perfettamente sinonima della dialettica delle forze e dei rapporti di produzione sviluppata da Marx, che è meno invecchiato di quanto non si creda. Occorre anche aggiungere, come faceva Marx, che i rapporti di produzione dominanti resistono all’aumento delle forze di produzione, li piegano cioè alle esigenze del loro mantenimento, e che numerose forme di società sono riuscite in modo durevole, se non definitivamente, a spezzare quello che poteva andare al di là di esse. Anche se «non è l’ambiente circostante a determinare la coscienza, ma l’attività vivente nel suo movimento per dominare questo ambiente», anche se «ogni vivente, nel suo principio e nella sua organizzazione, è soltanto una reazione al mondo, che ricrea incessantemente. Si trasforma così con l’ambiente modificato e, nella sua attività e nelle sue metamorfosi, costruisce altri strumenti per edificare sé stesso, per costruire nuovi strumenti», il comportamento del vivente che gli permette di trasformare il suo ambiente tende tuttavia a solidificarsi e a intralciare ogni modificazione di sé oltre i limiti che gli paiono tollerabili: il sistema formato dalle due trasformazioni deve restare un insieme coerente. Da parte sua, benché sia eccessivo assimilarla puramente e semplicemente a un organismo vivente, la società organizza anch’esso la sua informazione, quindi l’esistenza e l’orientamento delle reazioni contro i mali che incontra. Ma contrariamente al vivente in generale; questa società presenta la peculiarità di essere scissa, di contenere interessi opposti, e di vivere a partire da questa opposizione; e, allo stesso modo, si tratta meno per lei dei mali che incontra che di quelli che produce essa stessa per il fatto di questo divario. Se nei tempi precedenti l’avvento dell’economia capitalista il divario sociale si esprimeva attraverso una forte separazione dei gruppi sociali e una certa coerenza interna a ognuno di loro e anche fra loro (coerenza specifica che rimpiangono amaramente i conservatori e i fautori della “Tradizione”), il dominio del sistema mercantile concentrato ha sconvolto e annientato l’insieme dei salvagenti sottomettendolo ai suoi imperativi. Il sistema di produzione del valore e di scambio mercantile ha concentrato in sé tutti gli antichi divari sottraendoli oramai a uno sguardo, se così si può dire, “ingenuamente etnografico”. La malattia non consiste più nell’ineguaglianza e nell’essere-estraneo tra le vecchie sfere separate, ma nell’essere-estraneo universale e unificato che respinge il reale e il vivente ai confini dell’impero del valore. Il burattino disarticolato di cui parlava Bounan, prima di essere l’illusione dei medici, è innanzitutto il prodotto dell’economia mercantile: un puzzle che non è tenuto ad avere vita propria, ma a funzionare come semplice assemblaggio, più o meno vivibile, di pulsioni e facoltà sfruttabili in seno a una megamacchina a rendimento intensivo. (Renaud d’Anglade)

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