Ovunque nel mondo i territori tradizionali vengono invasi e saccheggiati da vere e proprie forze di occupazione, che non invocano nemmeno una pretesa utilità sociale per giustificare il peggio: sono addirittura gli svaghi imbecilli e degradanti dei più fortunati a ordinare la distruzione della vita. Così, nel 2009 dei Masai della regione di Loliondo, in Tanzania, sono stati cacciati e incarcerati per far posto a delle concessioni per safari ad alta redditività: diversi villaggi sono stati incendiati, lasciando migliaia di persone senza casa, senza cibo e senza acqua. Lo stesso anno la polizia antisommossa tanzaniana ha dato alle fiamme diverse proprietà e scorte di alimenti dei Masai per espellerli dalle loro terre ancestrali. Nel 2007, nella parte centrale del paese, la tribù di cacciatori-raccoglitori degli Hazda, il più antico popolo africano, ha evitato per un pelo di essere allontanata da una parte dei suoi territori per far posto alla creazione di una riserva di caccia. E si troveranno molti altri esempi del processo di liquidazione della vita umana in una recente dichiarazione del Congresso nazionale indigeno messicano (Comunicato del 30 agosto 2012), che rende l’idea degli innumerevoli espropri, violazioni e altre attività criminali compiute quotidianamente, in tutta impunità, contro una moltitudine di villaggi e di tribù indigene del Messico.
Dunque non possiamo cullarci nelle illusioni: in assenza di una reazione collettiva che possa innalzarsi al livello di minaccia, nei fatti è la totalità del pianeta che, sotto le forme le più diverse, ecologicamente insidiose oppure brutalmente militar-poliziesche, è chiamato a diventare presto o tardi una gigantesca concessione di caccia all’uomo, pure lui ridotto al rango di “concetto vecchiotto e privo di interesse”. A quel punto non resterà altro rifugio che credere in una “vita postuma”, ovvero nella sopravvivenza di un ricordo: quello della volontà di resistenza manifestata da qualcuno che, se non sprofonderà nell’oblio, forse verrà trasmessa ad altri.
(Tratto da: Prospettive Industriali: Il collettivo editoriale delle Éditions de La Roue)
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