Zero de conduite (1933), è un sofferto inno alla ribellione, in cui l’infanzia è vista come portatrice di un messaggio politico ed ideologico intrinseco, come metafora della lotta rivoluzionaria nel suo spirito libertario e profondamente sincero, libero dai condizionamenti sociali ed economici, sostanzialmente anarchico.
Non si può non riconoscere All’opera di Vigo una precisa volontà di denuncia della repressione esercitata dalla classe dominante sull’individuo e la collettività: il microcosmo del collegio è metafora della società borghese, la lotta tra convittori e sorveglianti/professori è metafora della lotta tra oppressi ed oppressori. Il regista manifesta con chiarezza il proprio giudizio sulla realtà umana che è oggetto del suo interesse, prende apertamente posizione a fianco dei ragazzi e del sorvegliante Huguet, l’unico adulto che possiede sentimenti umani ed è pieno di vita e di immaginazione come un fanciullo; osserva il mondo del collegio con gli occhi dei bambini, fa sue le loro fantasie, comprende le loro esigenze ed i loro sentimenti perché riproduce fedelmente, senza filtarle, la sensibilità e la razionalità infantili, le quali gli appaiono come gli unici valori esistenziali.
Il processo attraverso cui la comunità oppressa organizza una resistenza collettiva e si libera dei suoi oppressori, si sviluppa secondo la precisazione di un rapporto dialettico tra le persone dotate di umanità che pretendono il rispetto della loro dignità e dei loro diritti e gli inumani mostruosi esecutori di una censura generalizzata. Gli adulti non vengono rappresentati come persone, ma come burattini grotteschi; la deformità fisica li rende bersagli di una satira aspra ma non priva di notazioni sottili e ironiche. La dimensione satirica giustifica dal punto di vista estetico ogni metafora contenuta nel film; viene dunque evitato il pericolo di cadere nel rigido schematismo manicheo di una visione del mondo fra ragazzi buoni e adulti cattivi, tanto più che gli strali di Vigo non sono tanto diretti contro precisi personaggi, quanto piuttosto contro i miti e le convenzioni della società del suo tempo. La processione dei ragazzi durante la rivolta nel dormitorio e la beffa della crocifissione sono efficaci dissacrazioni della fede e dei riti religiosi; la sequenza della festa a cui prendono parte boriosi e ridicoli rappresentanti dell’alta società, dell’esercito, del clero (fra costoro non a caso sono sistemati alcuni manichini) opera la distruzione dei concetti borghesi di perbenismo e di rispettabilità.