Tecnicamente ed esteticamente, le pellicole di Debord sono fra le opere più brillanti e innovative della storia del cinema. Ma, effettivamente, non sono tanto “opere d’arte” quanto provocazioni sovversive. A mio parere sono i più importanti film radicali che siano mai stati fatti, non soltanto perché esprimono la più profonda prospettiva radicale del secolo scorso, ma perché non hanno avuto alcuna seria concorrenza cinematografica. Alcuni film hanno rivelato questo o quell’aspetto della società moderna, ma quelli di Debord sono i soli che presentano una critica coerente di tutto il sistema mondiale. Alcuni cineasti radicali hanno fatto riferimento, a parole, allo straniamento brechtiano, cioè ad incitare gli spettatori a pensare ed agire da sé stessi invece di spingerli all’identificazione passiva nell’eroe o nell’intreccio, ma Debord è praticamente il solo che abbia veramente realizzato quest’obiettivo. A parte alcuni lavori di livello nettamente inferiore e che sono stati influenzati da lui, i suoi film sono i soli che abbiano fatto un uso coerente della tattica situazionista del détournement degli elementi culturali esistenti per nuovi obiettivi sovversivi. Il deturnamento è stato spesso imitato, ma nella maggior parte dei casi soltanto in modo confuso e semicosciente, o per uno scopo puramente umoristico. Non si tratta soltanto di giustapporre a caso degli elementi incongrui, ma piuttosto (1) di creare una nuova unità coerente che (2) critica a sua volta il mondo esistente e la sua relazione con questo mondo.
Le opere di Debord non sono né discorsi filosofici da torre d’avorio, né proteste militanti ed impulsive, ma degli esami implacabilmente lucidi delle tendenze e delle contraddizioni più fondamentali della società in cui viviamo. Ciò vuol dire che si deve rileggerle (o nel caso dei film, rivederli) numerose volte, ma ciò vuol dire anche che rimangono pertinenti come prima, mentre innumerevoli mode radicali o intellettuali sono apparse e scomparse. Come ha notato Debord nei Commentari sulla società dello spettacolo, nei decenni che sono seguiti alla pubblicazione della Società dello spettacolo (1967) lo spettacolo è diventato più pervasivo che mai, al punto di soffocare praticamente ogni coscienza della storia pre-spettacolare e ogni possibilità anti-spettacolare: “il dominio spettacolare è riuscito ad allevare una generazione piegata alle sue leggi.”
(Ken Knabb Aprile 2003)
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