Diabolik di Mario Bava

diabolik (1)Diabolik ruba dieci milioni di dollari davanti all’Ispettore Ginko, raggirandolo con l’ausilio di alcuni fumogeni. Intanto il ministro degli interni convoca una conferenza stampa e annuncia il ripristino della pena di morte per combattere il crimine. Diabolik ed Eva si recano sul posto, travestiti da giornalisti, e sprigionano del gas esilarante, provocando le risate di tutti i presenti. Il giorno dopo, il ministro si dimette e l’ispettore Ginko ordina una retata in grande stile contro l’impero criminale gestito dal boss Ralph Valmont. Questi è costretto a fare un patto con l’ispettore Ginko e promette di consegnare Diabolik alla polizia.
Valmont, grazie alla descrizione di una prostituta, ottiene un identikit di Eva, quindi la rapisce e chiede a Diabolik come riscatto dieci milioni di dollari e una collana di smeraldi. I due si incontrano per lo scambio sull’aereo di Valmont. Lì Diabolik raggira Valmont lo uccide e riesce a liberare Eva.
Il nuovo ministro degli interni mette una taglia di un miliardo di dollari sulla testa di Diabolik. Questi, per tutta risposta, fa esplodere tutti i palazzi del fisco, provocando una crisi economica senza precedenti. Lo Stato decide di fondere tutti i soldi in un unico lingotto d’oro del peso di venti tonnellate. Il lingotto viene trasportato su un treno. Diabolik lo distrugge, facendolo precipitare in mare, quindi si immerge e recupera il lingotto con un sommergibile, portandolo al rifugio e fondendolo. danger_diabolikL’ispettore Ginko riesce però a localizzare il rifugio e vi fa irruzione. Eva riesce a fuggire, mentre Diabolik viene investito da un getto d’oro fuso e immobilizzato. Eva, vestita a lutto, si reca a rendere l’ultimo saluto al compagno, ridotto ad una statua. Viene raggiunta dall’ispettore Ginko. Diabolik, approfittando di un attimo di distrazione di Ginko, fa l’occhiolino ad Eva, dimostrando di essere ancora vivo, quindi una risata diabolica echeggia nel rifugio.
Il film è ispirato all’omonimo fumetto creato da Angela e Luciana Giussani e riprende le situazioni di alcuni episodi della serie a fumetti, in particolare: Sepolto vivo e Lotta disperata del 1964, e, L’ombra nella notte del 1965. Come per tutte le cose “avanti nel tempo” il film venne amato e reso cult con il “senno di poi”. Un film che diventò un’icona dell’avanguardia visiva psichedelica. Meglio di una pasticca di LSD diceva la pubblicità dell’epoca. È considerato uno dei migliori film pop degli anni sessanta. Mario Bava costruisce un film post-moderno, dove pop art, surrealismo, dadaismo e futurismo convivono tra loro in un mix azzeccato e visivamente accattivante.
La pellicola è profusa di erotismo sotteso, una storia d’amore anarchica tra due soggetti, Eva e Diabolik che fanno il bagno nelle banconote come Zio Paperone, trombano e ballano sulle meschinità del mondo, beandosi della loro gioventù e bellezza beatnik. Sganciato dalla logica nella costruzione della storia che si limita a mettere in scena Diabolik che attua piani estrosi per compiere colpi azzardati e la legge che lo combatte con mezzi leciti e non, il film procede un po’ folle e dichiaratamente nonsense, con dialoghi improbabili e caratterizzazioni su di giri, per rimandare al mondo dei fumetti. Riconosciuto come uno dei film più pop dell’epoca che si tuffava nel beat, “Diabolik” viene trasformato da re del delitto nell’Alice nel paese dei ladri. Film divertente, artigianale a livello di effetti speciali, tutto mescolato con colori vivaci e sigarette particolari.dangerdiabolik09

 

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RAGIONARE

la ragioneLa ragione è l’utilizzazione di una grande documentazione generale con la creazione di nuove vie che prolungano la realtà al di là del presente, costruendo mentalmente dall’esperienza vissuta per conoscere il termine finale e modificare così l’azione presente per ottenere di modificare questo fine. Il sapere si divide nettamente in due parti: da una parte le conoscenze obiettive,suscettibili di dimostrazioni sensibili e che possano determinare una mutua comprensione degli umani davanti all’evidenza dei fatti; dall’altra le conoscenze soggettive, strettamente limitate al sapere individuale. Le divergenze provengono, invariabilmente, dal miscuglio o dalla sostituzione, più o meno cosciente, di una delle due conoscenze con l’altra. Quanti ragionano male o sono in malafede, operano questa sostituzione e, credendo o facendo finta di credere di essere sempre sul terreno obiettivo e impersonale, argomentano al contrario soddisfacendo abbondantemente la loro logica personale, fonte di dispute senza limiti. Gli uomini non possono avvicinarsi gli uni agli altri che quando si tratta di punti comuni che interessano tutti, e la ragione non può esercitarsi che su questi punti.
(Citazione tratta dall’Enciclopedia anarchica)

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IL FASCISMO DELLE DEMOCRAZIE E I SUOI OPPOSITORI

enigma backI regimi liberali dell’Occidente avanzano verso un modello di gestione politica e organizzazione sociale che si potrebbe definire fascismo democratico. Condividendo con i fascismi del passato due tratti fondamentali (assenza di critica e opposizione interne unita alla spinta espansionistica verso l’estero detta oggi globalizzazione) possiede però due caratteristiche che lo contraddistinguono come novità storica: la de-politicizzazione della cittadinanza e la tendenza a celare le dinamiche autoritarie delegandole al suddito che in questo modo diventa sempre più il poliziotto di sé stesso e di tutti gli altri.
L’indagine per tentare di risolvere questo Enigma della docilità muove i primi passi dalla scuola, e scorrendo la biografia dell’autore se ne capirà il motivo. Pedro García Olivo nasce nel 1961 a Fuente-Álamo (Albacete, Spagna); dopo la laurea in Storia e Geografia all’Università di Murcia si reca in Nicaragua al tempo dell’assedio alla Contra, lavorando in cooperative di assistenza agli sfollati di guerra, mentre a fine anni ’80 è in Ungheria come ricercatore all’Università di Budapest. Tornato poco dopo in Spagna diventa professore liceale, praticando deliberatamente l’insubordinazione fino ad abbandonare l’insegnamento: per otto anni si dedica alla pastorizia in un villaggio dell’entroterra di Valencia ma, per problemi economici, nell’estate del 2001 torna all’insegnamento. Nell’ottobre 2010 rinuncia definitivamente all’educazione: «ho smesso di lavorare e di obbedire, dedicandomi all’esperienza “demoniaca” dell’estinzione in libertà». Fedele a una delle massime della filosofia antica (“pensare la vita, vivere il pensiero”) e quasi come i cinici antichi, comincia un processo di realizzazione esistenziale che è anche un gesto di rivolta disperata, arrivando ad accettare aiuti e contributi economici, senza per questo sentirsi né umiliato né lusingato: «oggi ripongo il mio orgoglio residuale nella fuga dal lavoro e dalla scuola; e mi si può considerare come un autore mendicante».
L’opera di García Olivo parte dalla critica della pedagogia e di ogni tipo di scuola, anche quelle cosiddette libertarie e gli esperimenti pedagogici “alternativi”, con la pubblicazione de El irresponsable nel 2000, e prosegue con El enigma de la docilidad (2005) e L’educatore mercenario (2007) finora unico suo testo tradotto in italiano da Sprofessori (disponibile in rete); in sintonia con le idee sulla de-scolarizzazione di Illich, si è ispirato anche ad alcune esperienze di paesi perlopiù sudamericani, dove si sta cercando di abbandonare l’educazione all’occidentale e di sostituirla con pratiche che negano la reclusione obbligatoria dell’insegnamento (le classi, i banchi, i computer…) e mettono in discussione il rapporto squilibrato, autoritario o amichevole poco importa, tra la figura dell’educatore-demiurgo e quella dello studente.
La presentazione di questi libri lo porta non solo in giro per la Spagna ma anche a essere invitato in molti paesi del Sud America: La bala y la escuela (Il proiettile e la scuola, 2009) è una feroce critica non tanto dei danni che i nostri regimi stanno compiendo qui, in Europa, quanto di come essi esportino democrazia a colpi di arma da fuoco e libri di testo. Durante un viaggio nelle comunità zapatiste del Chiapas messicano ha preso alcuni “appunti filmici” che sono stati raccolti nel documentario Cuaderno chiapaneco, che si potrà eventualmente proiettare alla fine delle presentazioni.
Infine, e L’enigma rappresenta proprio questa svolta, la sua attenzione si è concentrata sulla critica della nostra società nel suo complesso: nei suoi ultimi due libri (Cadavér a la intemperie e Dulce Leviatán) insiste sulla critica dello Stato del Benessere e analizza il ruolo storico e contemporaneo delle opposizioni – che spesso purtroppo si limitano alla superficialità, o peggio all’ambiguità se non addirittura alla complicità con il “nemico”, come nel caso spagnolo del movimento degli indignati o quello italiano dei 5stelle, ad esempio. Motivo per cui, essendo così forte la corrente ricuperatrice e così poco incisive le pratiche antagoniste, per non dir di peggio, la seppur minima speranza di trasformazione si può ritrovare in movimenti, gruppi e singoli individui che hanno scelto di vivere ai margini di questa società, collaborando il meno possibile con le sue istituzioni e con i suoi mercati, come nel caso della comunità gitana spagnola, o delle comunità residuali di montagna, o degli esperimenti di vita collettiva che si realizzano in ambiente sia urbano sia rurale, eccetera.
Quindi, per concludere, ecco una breve traccia degli argomenti che saranno affrontati durante le presentazioni e i dibattiti:
1) Presentazione della Anti-Pedagogia; critica del riformismo pedagogico; critica delle Scuole Libertarie; analisi delle pedagogie bianche interculturali contemporanee; critica radicale di ogni forma di Scuola. Descrizione e negazione delle pratiche scolastiche “progressiste” che riproducono nel migliore dei modi il demofascismo occidentale.
2) Accenno ad alcune modalità educative non scolarizzate: educazione comunitaria indigena, educazione tradizionale in aree rurali-marginali, educazione di clan dei popoli nomadi, “scuola familiare”, educazione alternativa non-istituzionale … La Scuola e il suo Altro. Educazione senza scolarizzazione. Nemici della scuola per amore dell’educazione. Pratiche educative autoctone spazzate via dalla mondializzazione della scuola di impianto occidentale…
3) Critica radicale delle società democratiche occidentali (che sono in crisi epistemologica, filosofico-culturale, etico-estetica, politica, socio-economica, ecologica…). Globalizzazione capitalista altericida; la scuola implicata nello sterminio planetario del dissenso e della differenza.
4) Fascismo e democrazia. Teoria del demofascismo o fascismo democratico. Dissoluzione della differenza in diversità. Il “poliziotto di sé stesso” dei giorni nostri. Sull’avvento della Soggettività. La scuola del demofascismo.
5) Apologia dei margini (a proposito di indigeni, antichi pastori e persone non classificabili). I margini come spazio del vissuto (la fuga come arma). Fuga, margine e disperazione. Filosofi senza scuola e perfino senza alfabeto.
6) Critica dello Stato del Benessere. Critici, vittime e antagonisti dello Stato sociale. Critica del “lavoro sociale”. Socialcinismi (conflittualità conservatrice versus autocostruzione etica del soggetto). Critica dell’ideologia cittadinista e dei movimenti favorevoli allo Stato sociale.

Nautilus, febbraio 2015

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LILLY JOHN

john_lillyGrande figura storica della ricerca sperimentale sugli stati modificati di coscienza, inventore della vasca di deprivazione sensoriale (che ispirò Stati di Allucinazione di Ken Russell), e pioniere assoluto della ricerca sulla comunicazione fra uomo e delfini. Anche da questo studio fu tratto un film di successo, Il giorno del delfino.
Eclettico e visionario scienziato ed esploratore, Lilly ha portato significativi contributi alla psicologia, alla medicina, alla cibernetica e alla filosofia; a lui si deve anche la teoria del modello della mente come biocomputer, modello descritto nel celebre lavoroProgramming and Metaprogramming the Human Biocomputer. Theory and Experiments (1972).
Nell’unico libro tradotto in italiano, Il Centro del ciclone,Lilly presenta le sue numerose ricerche e autosperimentazioni con LSD e gli approfondimenti dal lato spirituale della vita e degli spazi interiori stimolati da questa ricerca. Seguace di una ricerca filosofica sulla natura della mente e della realtà, Lilly fu unanimemente considerato un’autorità nel campo accademico e lavorò con le massime personalità del suo tempo, dai fisici Richard Feynman e Robert Milliken e filosofi e scrittori Alan Watts e Aldous Huxley, e gli psichiatri R.D. Laing e Oscar Janiger.

Se vuoi saperne di più:

pionieri

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Alla ricerca del Tempo Perduto

ora tempoSe si considera in tutta la sua estensione la crisi della società contemporanea non credo sia possibile guardare ancora agli svaghi come ad una negazione del quotidiano.
Per il capitalismo classico,il tempo perduto è ciò che è estraneo alla produzione all’accumulazione, al risparmio.
La morale laica, insegnata nelle scuole della borghesia, ha impiantato questa regola di vita.
Il fatto è che il capitalismo moderno, con un’astuzia inaspettata, ha bisogno di aumentare i consumi, di innalzare il livello di vita.
Possiamo dire quindi che questa espressione classica del tempo perduto è rigorosamente priva di senso.
Poiché contemporaneamente, le condizioni della produzione parcellizzata e
cronometrata sin nei particolari sono diventate perfettamente indifendibili, obsolete ed antieconomiche la, morale, già in atto nella pubblicità nella propaganda e, in tutte le forme dello spettacolo dominante, ammette invece apertamente che il tempo perduto è quello del lavoro, giustificato solo dai vari livelli del guadagno, che permette di comprare il riposo, i consumi, gli svaghi, cioè una passività quotidiana fabbricata e controllata dal capitalismo.
Ora se consideriamo l’artificiosità dei bisogni del consumo, creata dal nulla, ed incessantemente stimolata dall’industria moderna, se si riconosce il vuoto degli svaghi e l’impossibilità del riposo,si può porre la domanda in modo più realistico: che cosa non sarebbe tempo perduto? In altre parole: lo sviluppo di una società dell’abbondanza dovrebbe portare all’abbondanza di che cosa?

(Tratto da I TEMPONAUTI Viaggio radicale alla ricerca del tempo perduto)

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APPELLO DEGLI SCIMPANZÉ DEL FUTURO

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Fratelli umani, sorelle umane,

Avete già sentito parlare del transumanesimo e dei transumanisti; di una misteriosa minaccia, un gruppo di fanatici, una società di scienziati e di industriali, discreta e potente, la cui trama occulta e l’obiettivo dichiarato consiste nel liquidare la specie umana per sostituirla con una specie superiore, “aumentata”, di uomini-macchine. Una specie che sarà il risultato dell’eugenismo e della convergenza di nanotecnologie, biotecnologie, neuro-tecnologie e degli immensi progressi della scienza.

Avrete già sentito parlare dell’ultimatum, cinico e provocante, di questo ricercatore in cibernetica: «Ci saranno delle persone impiantate, ibridate, e queste domineranno il mondo. Le altre che non saranno come loro, non saranno tanto più utili delle nostre vacche che vengono tenute al pascolo» (Au fait, maggio 2014); o ancora: «Le persone che decideranno di restare umane e rifiuteranno di migliorarsi avranno dei seri handicap. Costituiranno una sotto-specie e saranno gli scimpanzé del futuro» (Libération, 12/05/02).

E vi sarete già chiesti se bisogna prendere sul serio queste sbruffonate oppure se si tratta solamente di fantascienza, di un modo ampolloso di esprimere l’orgoglio tecnocratico. Purtroppo il pericolo è reale e l’Umanità si trova ad affrontare un tentativo di estinzione, fomentato da una fazione egoista, implacabile e onnipotente, stanca di condividere ciò che resta di questo mondo con delle masse di bocche inutili e sempre più numerose.

Come siamo arrivati a questo punto, e cosa dobbiamo fare ?

All’inizio c’erano i poeti.

Rimbaud: «Ho creato tutte le feste, tutti i trionfi, tutti i drammi. Ho cercato di inventare nuovi fiori, nuovi astri, nuove carni, nuove lingue. Ho creduto di acquisire poteri sovrannaturali. Ebbene! devo seppellire la mia immaginazione e i miei ricordi! Bella gloria di artista e di narratore andata in malora !»

Ducasse: «È un uomo, una pietra oppure un albero quello con cui inizia il quarto canto».

Poi gli artisti futuristi, francesi, italiani, sovietici: Marinetti, Majakovskij, Apollinaire e molti altri, cantori della violenza e della velocità; trombettieri e superstiti della Grande Guerra industriale e mondiale, esaltarono la tecnologia come vero mezzo per “cambiare vita” e “trasformare il mondo”. Dichiararono guerra alle anticaglie poetiche, al sole e alla luna; glorificarono gli aeromobili, le dighe, i motori, l’elettricità, il Titanic, le Metropoli, gli eserciti blindati, gli stadi giganteschi. E i robot, le masse meccanizzate. Contribuirono alla diffusione dei due grandi movimenti dell’epoca: la tecnologia e il totalitarismo. Due movimenti convergenti. Due aspetti di uno stesso movimento di ingegneri degli uomini e delle anime, che mirano a fabbricare l’uomo nuovo, dall’Übermensch nazista all’uomo d’acciaio comunista passando per ogni sorta di superuomini e di Supermen, per approdare al cyborg; all’uomo bionico dei laboratori transumanisti, “ibridato” con impianti e interfacce.

Negli anni trenta il nazional-rivoluzionario Ernst Jünger criticò il razzismo biologico e volgare dei nazional-socialisti, contrapponendogli l’avvento di un nuovo tipo di umanità: Il Lavoratore, in ceco il robot. Questi progressisti su un piano tecnologico sono dei regressisti su un piano sociale e umano, partigiani della peggiore regressione sociale e umana; quelli che comunemente sono chiamati reazionari. Nazismo, fascismo e comunismo hanno dovuto soccombere solo di fronte a un sovrappiù di potenza tecno-scientifica degli Stati Uniti. Ma l’essenza di questo movimento, la volontà di potenza tecno-scientifica, si è reincarnata e amplificata indossando nuove casacche politiche. Ed è sempre florido il laboratorio da cui è fuggita la creatura immonda. A partire dal 1945 Norbert Wiener mise a punto la cibernetica, la “macchina per governare” e la “fabbrica automatizzata”, che oggi IBM impianta con il nome di pianeta intelligente. Ovvero un formicaio tecnologico pervasivo, con i suoi ingranaggi e le sue connessioni, i suoi insetti social-meccanici che già un tempo si auto-definivano degli zoon politikon, degli animali politici.

Secondo i transumanisti e i collaborazionisti della macchina, l’uomo è l’errore. L’umano è debole e imperfetto, l’umano è finito. L’umano è la loro vergogna. Essi aspirano alla perfezione, al funzionamento infallibile e all’infinità del sistema tecnologico; a fondersi in questa totalità autonoma.

I transumanisti trovano sostegni dappertutto. Si esprimono attraverso programmi radiofonici e sui giornali di riferimento. «L’uomo aumentato è in arrivo già domani», come proclama un settimanale cittadinista che si rallegra per il fatto compiuto. «Un altro transumanismo è possibile», dichiara l’Associazione transumanista francese. Il progresso non si può arrestare e la sinistra è a favore del progresso. Essere di sinistra significa rivendicare il diritto e i mezzi di ibridazione uomo-macchina per “tutte e tutti” e l’eugenismo come servizio pubblico, nuovo ramo della sicurezza sociale.

Ciononostante, noi Scimpanzé del futuro non abbiamo ancora perso e la macchina non ha ancora vinto. Quella per l’Umano è una battaglia in corso finchè non si abbandona, e non lo si abbandona finchè pensa le cose e le esprime con parole. Dare un nome a una cosa significa formare un’idea, e le idee hanno conseguenze inevitabili. Dobbiamo conservare le parole e chiamare le cose con il loro giusto termine. Dobbiamo creare delle idee assieme alle loro inevitabili conseguenze.

I transumanisti hanno un’idea sola: la tecnologia.

Noi, Scimpanzé del futuro, abbiamo una sola tecnologia: le idee.

E le idee sono più attive, più rapide, più performanti di qualsiasi tecnologia; più veloci e potenti di Internet e dell’elettricità.

Noi diciamo: il transumanesimo è nazismo in ambito scientifico. Ed è questo tecno-totalitarismo, questo “fascismo” dei giorni nostri che combattiamo, noi animali politici: e vi chiediamo aiuto.

Salviamo le parole.

Distruggiamo le macchine.

Diffondete l’Appello degli Scimpanzé del futuro.

Pièces et main d’oeuvre, Grenoble, 5 novembre 2014

 

 

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Maggio ’68 era una festa

fumetto 1Era una festa senza inizio né fine; vedevo tutti e non vedevo nessuno, perché ogni individuo si perdeva nella stessa folla numerosa ed errante; parlavo a tutti senza ricordare le mie parole né quella degli altri, poiché la mia attenzione era attratta a ogni istante da avvenimenti e oggetti nuovi, da novità inattese. (Bakunin)

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NAUTILUS il sito

nautilus 1ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE

Il sito di Nautlus all’indirizzo nautilus.ecn.org per cause tecniche è rimasto fermo al 2012, perdendo tutti gli aggiornamenti dal 2013 ad oggi.

Ci scusiamo.

Stiamo lavorando alla costruzione del nuovo sito

Per richiedere libri od altro utilizzare l’indirizzo email nautilus@ecn.org oppure l’indirizzo postale NAUTILUS Casella Postale 1311  10100 Torino

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Elias Petropulos lessicografo

rebetiko“Voi mi chiedete, idioti:
_ Perché non torni in Grecia?
E già, sono greco, per forza,
Ma il mio paese mi deprime:
Non voglio mai più mettere piede ad Atene.
E dico a mia moglie:
_ Quando creperò qui, a Parigi,
Crema il mio cadavere,
E getta le ceneri nelle fogne.
Questo è il mio testamento”
(Elias Petropulos)

Conosceva molte lingue e molti linguaggi. Forse era il miglior conoscitore della lingua greca, sicuramente delle famiglie linguistiche balcaniche compresa quella turca. Per me che ero uno studente del liceo e che, come molti greci, scrivevo e leggevo nella katharevussa, il greco della burocrazia, dell’Accademia e dei Vangeli, e parlavo la dimotiki, la parlata neoellenica, leggere il suo libro e il suo greco scritto è stato uno choc. La sua capacità di usare la lingua in tutta la sua diacronia e in tutte le sue contaminazioni, dal greco antico fino alle espressioni idiomatiche, turche o albanesi, con una freschezza, ironia e provocazione senza pari, non aveva paragoni nel panorama letterario, almeno per me, studente di liceo. Era un lessicografo d’avanguardia.
Le sue ricerche hanno influenzato i gusti musicali di intere generazioni di greci, offrendo la possibilità a chi non aveva vissuto il periodo d’oro del rebetiko di potersi accostare ad esso al di là dello sviluppo elettrificato degli anni ’60 e oltre la mediazione tra rebetiko e musica colta di un Theodorakis o Hatzidakis, stile musica impegnata. Le sue ricerche hanno avuto e hanno la capacità di rileggere non solo la storia del rebetiko e della musica in Grecia ma di rileggere, a partire dalle semplici canzonette, tutta la storia della Grecia, quella politica, storica e sociale. (Epaminondas Thomos)

 

 

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Costruzioni di situazioni

geo 1La costruzione di situazioni comincia oltre la rovina dello spettacolo. Il suo crollo è messo a nudo quando il soggetto non è più altro che il consumatore programmato della logica mercantile.
Nella costruzione di situazioni si esprime pienamente l’esigenza del superamento della separazione artistica, limite che nessuna avanguardia ha mai superato.
Tutta la pratica situazioni sta vuole che il soggetto ritorni viveur, soggetto di una creatività espressa e incessantemente reinventata dalla coscienza sensibile. Lo spettatore è incitato a liberarsi della sua passività per mezzo della costruzione di situazioni favorevoli all’intervento umano in un processo vitale costitutivo delle condizioni naturali di creatività e di gratuità.
La situazione costruita è dunque un momento della vita, concretamente e deliberatamente costruito attraverso l’organizzazione collettiva di un ambiente unitario e di un gioco di avvenimenti.
Contro tutte le forme regressive, commerciali e infantili del gioco, che hanno oggi invaso massicciamente e visibilmente la vita quotidiana dei consumatori, i situazionisti sostenevano già le forme sperimentali di un gioco rivoluzionario. Hanno così posto le basi del superamento di una separazione che è al cuore di ogni teoria rivoluzionaria: quella tra l’individuale e il collettivo, tra l’uomo concreto e la sua comunità naturale.
Nella condizione presente, dove ogni espressione umana è inghiottita dallo spettacolo, siamo tutti, vuoi in maniera cosciente e organizzata, vuoi inconsciamente e in modo spontaneo, dei presituazionisti che agiscono o che s’ignorano. Quanti sfuggono anche soltanto un po’ al fascino ipnotico dello spettacolo sono tutti individui sensibili al bisogno oggettivo di costruire della situazioni in risposta a uno stesso stato di carenza generalizzata.
La costruzione di situazioni esprime dunque la scelta di un intervento volontario sulla situazione fondamentale per l’uomo, che consiste nel suo essere nel mondo in quanto libero soggetto, individuo sociale.

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