Ma supponiamo che tutto il lavoro produttivo possa essere completamente automatizzato; che la produttività aumenti fino a quando il mondo non conosca più carenze; che la terra e i mezzi di produzione siano socializzati e come risultato la produzione globale razionalizzata.[…]
Qualora fosse, non potremmo più porci la stessa domanda, senza immediatamente tentare di rispondervi e immaginare, anche se nella più schematica delle maniere, un modello sociale in cui l’idea di libertà diventasse la vera pratica della libertà, di una “libertà” che per noi non significa la scelta tra molte alternative, ma lo sviluppo ottimale delle facoltà creative di ogni essere umano; perché non ci può essere vera libertà senza la creatività.[…]
Oggi la New Babylon conosce una rinnovata fortuna nell’ambiente culturale internazionale. Grandi retrospettive nei principali musei d’arte internazionale (l’ultima in ordine di tempo al Reina Sofia di Madrid nel 2015), imponenti monografie e un riferimento costante nel dibattito artistico e culturale riconoscono nella New Babylon un progetto profetico di alcune caratteristiche della società contemporanea; essa avrebbe anticipato l’architettura dei flussi, dell’evento, dell’iperconnettività.
Ma oggi lo stesso equivoco di allora banalizza quest’attualizzazione del progetto di Constant, dal momento che si continua a ignorarne la volontà rivoluzionaria. L’homo ludens che avrebbe dovuto costruire e abitare la New Babylon e a cui Constant faceva riferimento studiando Huizinga, collaborando con i situazionisti e attingendo al pensiero di Lefebvre, non può essere paragonato con l’uomo occidentale contemporaneo alienato che, grazie alle protesi sempre più sviluppate della tecnologia (computer, tablet, smartphone e social network), si vanta aver abbattuto i confini fisici e di muoversi “liberamente” negli spazi virtuali.
New Babylon doveva essere una dériville, una città in cui il nomadismo permanente di un’umanità liberata dal capitalismo doveva creare esso stesso gli spazi dell’interazione sociale. Oggi l’umanità è invece divisa tra un’infima minoranza di privilegiati che può permettersi di spostarsi ai quattro angoli del mondo secondo le logiche del turismo – più o meno preconfezionato o ecosostenibile – mentre la stragrande maggioranza di essa vive condannata a una misera stanzialità o, quando prova a sfuggire povertà e guerre, viene bloccata da confini, muri e nuovi campi di concentramento.
Dire – come fanno tanti critici d’arte e architetti che la New Babylon ha prefigurato la società odierna significa quindi traviarne completamente il senso.
L’ingenuo ottimismo postmarxista di Constant, che vedeva nel progresso tecnologico le basi per la liberazione dell’umanità, non può essere confuso con l’apologia di quel mondo che, dal periodo in cui egli ne progettava le forme postrivoluzionarie, si è invece perpetrato attraverso un innegabile peggioramento.
E’ un passaggio logico-metodologico tanto semplice quanto radicale: Constant progettò l’involucro di un mondo liberato dal capitalismo, il mondo di oggi è ipercapitalista. Fine della storia.
Chiamato a commentare i numerosi omaggi che archistar odierne come Rem Koolhas attribuiscono alle forme di New Babylon come ispirazione per i loro progetti, lo stesso Constant, pochi anni prima della morte (avvenuta nel 2005), è stato inequivocabile:
«Hanno preso soltanto la forma senza il contenuto. La mia era una forma per il contenuto. E del resto avevo sempre detto che la società esistente non sarebbe stata in grado di realizzare New Babylon. Non sarà realizzata con le mie forme, sarà realizzata dai neobabilonesi».(…) «Ho sempre avuto l’idea di cambiare la società. È terribile adesso. È una società detestabile. Ci sono soldi solo in una parte del mondo, nel resto del mondo è l’inferno… è un mondo atroce. Dicono che la realizzazione di New Babylon non è possibile, ma allora io mi chiedo: è la miseria l’alternativa alla città dell’Homo Ludens? Ecco quello che succede oggi e che succederà finché New Babylon non sarà realizzata»