Ci sono molti modi di muoversi in una città, ma poche volte per perdersi, volutamente consapevolmente. Farlo in una città sconosciuta è il modo migliore per sentirla, percepire con maggiore sensibilità gli umori dei diversi quartieri e nei quartieri dei diversi incroci, piazze, corsi viuzze e naturalmente di chi li abita, li attraversa, li visita, li controlla. Perdersi in quelle circostanze significa qualche volta sperdersi, vagare psichicamente in una dimensione adatta ad assorbire ogni stimolo e segnale dell’ambiente e percepirne il rapporto. Nella propria città perdersi è più difficile e sperdersi ancor di più, ma se si sceglie bene una zona e ci si mette d’impegno le scoperte possono essere sconcertanti. Mentre nel vagare di un flaneur non c’è un motivo specifico e i suoi passi sono guidati dall’inconscio, la deriva è una ricerca sul campo del rapporto tra il territorio e le persone che ci vivono; non un analisi sociologica, ma psicologica o appunto psicogeografica. Anche se nell’ambito di una passeggiata più organizzata e orientata in questa direzione non ci sono molte regole, ma qualcosa comunque serve. Ci ha pensato la TO.PSIC SOCIETY che ha preparato una mini guida di come perdersi nella propria città. Sono descritte tre opzioni di cui una come esempio fatta in una zona centrale di Torino, ma se si cambiano i nomi del mercato torinese di Porta Palazzo con quello delle erbe di Verona non c’è alcuna differenza.
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