La sofisticazione, che la moda ecologica ci ha insegnato a cogliere nei cibi, nell’aria che respiriamo, nella crescente distruzione dell’ambiente naturale, ha in ultima analisi le sue radici nell’uomo stesso, nella sua attuale natura di UOMO DEL CAPITALE.
Nella metamorfosi reciproca di uomo in capitale (capitalizzazione) e di capitale in uomo (antropomorfosi) si può cogliere il momento di passaggio dai sistemi ideologici del passato all’ideologia materializzata del presente.
Certamente non ci si deve aspettare che il capitale metta in atto la denuncia della sofisticazione complessiva della vita con la stessa prontezza e lo stesso zelo interessato con cui ha imparato a criticare i suoi settori separati: denunciando infatti astutamente la scadente qualità di prodotti particolari (la coppia, il latte, il dentifricio, la democrazia, il formaggio, le automobili ecc.) non si fa altro che inventarne e garantirne la genuinità nella nuova confezione; denunciare invece la totale mostruosità del complesso sociale, la sua assoluta disumanità, significherebbe denudare il re, mostrandolo vulnerabile alle pietre e ai desideri dei suoi sudditi oppressi nella repressione. E quando cade il tabù subito il totem lo segue nella caduta, tanto più rovinosa quanto più pesante è il feticcio. Resta il fatto che una spessa cortina, ormai ben più corposa di una nebbia, funziona da filtro tra le frustrazioni dei sudditi e l’arroganza del potere. Un potere che, per esigenze della sua stessa natura, ha dovuto traslocare la sua immagine, un tempo riflessa nelle eteree e ben sicure regge del cielo, alle individuabili e ben più attaccabili “cities” dei quartieri metropolitani.
Mentre per diluire la forza della protesta i flauti di un rinnovato revival mistico hanno sostituito (insieme all’eroina) le trombe degli angeli e le campane dei profeti, le chitarre elettriche della scienza meccanicistica sviluppano il concerto a DIO capitale nel suo sforzo conclusivo verso l’eternità e l’autonomizzazione.
A questo punto non è più pensabile operare per una trasformazione radicale della società se non avendone innanzitutto svelato la vera natura sacrificale nascosta nell’armatura ideologica.
La sofisticazione globale è in atto ormai da tempo e tutti noi continuiamo ad inghiottirla nonostante che i nostri corpi e le nostre menti diano ormai evidenti segni di intossicazione.
Uscire dall’ideologia resa ecologica ma sempre più drammaticamente biodegradante, significa riconoscere le trappole copiose della falsa coscienza in ciascuno di noi e fra noi tutti come corpo sociale; significa cominciare a distinguere i nostri desideri SPECIFICI da quelli indotti e lottare per la loro realizzazione; significa cominciare ad essere i soggetti reali della nostra vita e non più “persona/e” (=maschere) di una rappresentazione.
In principio ciò passa probabilmente per una condizione di terribile isolamento, ma proprio in questo isolamento disperato e dalla sua rabbia angosciosa e cosciente, non disponibile ai compromessi, potrà germogliare una comunità reale contro l’osceno spettacolo delle complicità che si sostituiscono all’amore.
Mai come in questo momento ci sono stati più tanti complici e meno amanti. Per questo l’amore ha bisogno di riconoscersi prima di tutto nella denuncia delle complicità e delle loro giustificazioni: l’ideologia.
(Tratto da PUZZ numero unico settembre 1975 Milano)
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