Dell’impudicizia fin negli alimenti – Joyce Mansour

Secondo Arthur Rimbaud – uno dei numi tutelari del surrealismo -, la “donna poeta”, liberata dalle costrizioni sociali, avrebbe trovato “cose strane, insondabili, ripugnanti, deliziose”. Ebbene, con la poesia di Joyce Mansour, tale premonizione ha trovato certamente una delle sue realizzazioni più belle, imperiose ed emozionanti (Carmine Mangone)

Abele
L’uomo dal petto gravato
Il primo morto
Il più amato
Colui che seminò la polvere
Nella tomba di suo padre crisalide
Abele
Fuoco zuccherato dal fallo nella bocca stessa della tempesta
Colui che alitò la sua vita nella gola
Della notte bituminosa
Fratello
Tu sei colui che inventò l’ombra prima di conoscere la luce
Uomo dai seni pesanti e dal pallido sperma ghiacciato
Lucifero
Colui che morì vergine
Sognando tutte le guerre
Abele dai denti sonori
E dall’urina che sa di trementina
La tua voce da Venere calli pigia
Le tue esagerazioni intenzionali
I tuoi godimenti fittizi
Un giorno mollerai il seno
Che stilla così dolcemente
La morte
Nella gola degli stranieri
Strapperai gli occhi pietosi
Dalla tomba dove impallidiscono
Nel rollio
Del ricordo
Col tuo pugno chiuso con la lingua se occorre
Sigillerai l’ano della terra fangosa
Cloaca spalancata e dai singulti di cratere
Tu verrai
E la morte alla fine mangerà da sola
(Estratto da: Faire signe au machiniste)

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