Queer, ovvero strano

Queer significa, letteralmente strano, eccentrico, ma è utilizzato nello slang col significato denigratorio di frocio.
Il movimento LGT ha assunto questo termine con l’intento di rovesciarne il significato negativo e rivendicare la propria alterità rispetto alle norme dominanti, soprattutto per quanto riguarda le identità sessuali e di genere.
Anche in Italia, in particolare negli anni ’70, la parte più radicale del movimento omosessuale si appropriò gayamente del termine “frocio”, non solo nel linguaggio scherzoso (spesso usato al femminile “la frocia” tra uomini gay), ma anche nelle produzioni radicali. Il terzo numero del giornale Dalle cantine ideato da Corrado Levi si intitolava Dalle cantine frocie (giugno 1977) e raccoglieva, fra altri, anche interventi di Mario Mieli.
La gaya frocieria sarebbe poi andata scomparendo, nei decenni successivi, col prevalere della corrente riformista e “cittadinista” all’interno del movimento omosessuale. L’esuberanza dei corpi e le pratiche di liberazione vennero così, soppiantate dalla richiesta allo Stato, patriarcale e omofobo, di riconoscere pari diritti a lesbiche e gay e perfino di garantirne l’incolumità. Questa corrente mainstream fa spesso leva su posizioni perbeniste, per lo meno di facciata. Fino ad arrivare, in anni recenti, a cercare di impedire alle trans di sfilare ai pride in abiti succinti o negare secoli di pratica di battuage e di sesso libero, con partner occasionali, per rappresentare se stessi/e come individui “normali”, che si uniscono per costituire famiglie “normali” e dunque aventi gli stessi diritti della famiglia eterosessuale (benedetta da chiesa e capitale).
“Normale corrisponde a ciò che è utile al filosofo borghese. Anormale, diverso, tutto ciò che consciamente o inconsciamente lo minaccia nell’utile”, scriveva nel ’77 Luciano Parinetto. Chiedere di essere inclusi/e nel sistema delle norme, significa allinearsi, dunque, all’utilità/normalità borghese, anziché rivendicare orgogliosamente la propria alterità. Ma non sarebbe meglio un gayo no future che disarticoli, al contempo, il futurismo riproduttivo – cioè la coazione a riprodursi perché ci sia una continuità genealogica – e l’ordine sociale?

Se vuoi approfondire:

anarcoqueer

 

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Una risposta a Queer, ovvero strano

  1. giuseppe scrive:

    ottimo caballeros

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